giovedì 30 agosto 2012

Altroconsumo contro Intesa, al via le adesioni alla class action

Oggetto del procedimento, le spese di commissione di scoperto di conto applicate dopo il 15 agosto 2009 
di    Maria Paulucci

AL VIA LA PUBBLICAZIONE - Sono approdati su tre quotidiani nazionali - Corriere della Sera, Repubblica e Stampa - e sui rispettivi siti web gli annunci di cui il giudice della prima sezione civile del tribunale di Torino ha ordinato lo scorso 15 giugno la pubblicazione. I destinatari sono i consumatori interessati alla class action che Altroconsumo sta portando avanti contro Intesa Sanpaolo.

I MOTIVI DELLA CLASS ACTION - L’azione collettiva risarcitoria, ricorda l’associazione dei consumatori in una nota, ha per oggetto le spese di commissione di scoperto di conto applicate dall’istituto dopo il 15 agosto 2009, che secondo Altroconsumo vanno restituite ai correntisti. Gli interessati possono farsi avanti entro il 21 gennaio 2013 con un atto di adesione redatto secondo il modulo disponibile sul sito web del tribunale torinese, presso l’ufficio relazioni con il pubblico oppure alla cancelleria dello stesso tribunale. Al documento bisognerà allegare la copia degli estratti del conto corrente ricevuti dopo il 15 agosto 2009 e fino alla data di adesione.

LA PRIMA VOLTA DELL'ITALIA - “Vogliamo dimostrare che i soggetti bancari devono sottostare alle regole di trasparenza e correttezza, irrinunciabili per tutti gli attori sul mercato”, ha dichiarato Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo. “Se trasgrediscono devono risarcire”. Si tratta, ricorda ancora Altroconsumo, della prima class action italiana che abbia superato la fase di ammissibilità. L'ok, con ordinanza emessa dalla corte d'appello, risale al 23 settembre 2011. Stanti così le cose, potrebbe rivelarsi un vero e proprio laboratorio per la class action in Italia. Sempre secondo numeri forniti in passato da Altroconsumo, sarebbero 60mila i clienti di Intesa Sanpaolo interessati all’azione collettiva. La banca, dal canto suo, non commenta.

lunedì 27 agosto 2012

Unicredit: che rapporti ha con l'Iran? Parte inchiesta Usa

Piazza Cordusio nel mirino delle autorità americane per le operazioni condotte dalla controllata tedesca HypoVereinsbank. Si parla di violazione delle norme antiriciclaggio.

Roma - Unicredit sotto inchiesta in Usa per una possibile violazione delle sanzioni contro l'Iran. Nel mirino del District Attorney's Office della contea di New York e del dipartimento del Tesoro e della Giustizia americani, è finita una sussidiaria tedesca del gruppo, la HypoVereinsbank che la banca italiana ha acquistato nel 2005. 

L'inchiesta è l'ultima avviata negli Usa su istituti di credito europei e giapponesi sospettati di aver condotto transazioni illegali in dollari con l'Iran e altri paesi. Piazza Cordusio fa notare che la «questione non è nuova», e di aver reso noto l'apertura di un'inchiesta da parte delle autorità degli statunitensi «in materia di sanzioni» già nel 2011. Secondo Unicredit la controllata Hvb sta pienamente collaborando ed operando le revisioni interne delle operazioni effettuate.

DOCUMENTI INTERNI - Secondo Unicredit sia nella relazione finanziaria annuale consolidata 2011 (pagina 426) che quella semestrale 2012 (pagina 230) riportano il fatto che una società del gruppo (Hvb) sta rispondendo a un'indagine in corso delle autorità Usa sull'antiriciclaggio, contrasto ai finanziamenti al terrorismo e all'attribuzione di sanzioni economiche per garantire il rispetto delle norme. 

Motivo per cui arebbe «inopportuno» fare ulteriori commenti. Il gruppo milanese come scrive il Financial Times, sarebbe stato incluso in una lunga lista di banche internazionali finite nel mirino delle autorità americane per aver aggirato le sanzioni contro Teheran. Meno di una settimana fa tra le banche nel mirino è finita Royal Bank of Scotland, dopo che Standard Chartered ha accettato di pagare una multa di 340 milioni di dollari al Department of Financial Services di New York per chiudere le accuse di avere rotto le sanzioni bancarie Usa contro l'Iran.

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mercoledì 15 agosto 2012

Italia: produzione industria crolla -8,2%


E' il dato peggiore di tutta l'Unione Europea a 27 (-2,2%). In giugno l'Eurozona registra un calo del 2,1%. In Germania la flessione e' stata dello 0,4%, in Francia del 2,6%, nel Regno Unito del 4,6%.
Roma - La produzione industriale italiana e' crollata a giugno, quando, rileva Eurostat, ha registrato un -8,2% rispetto allo stesso mese del 2011. 

E' il dato peggiore dell'intera Europa a 27 (-2,2%) e dell'Eurozona (-2,1%). 

In Germania la flessione e' stata dello 0,4%, in Francia del 2,6%, nel Regno Unito del 4,6%.(ANSA).

martedì 7 agosto 2012

L'euro si spacca: dalla City gridano al lupo

di Roberto Abata
Tuttavia, le tesi allarmistiche del quotidiano della City faticano a trovare appigli oggettivi

Non fatevi illusioni, dopo il rally di venerdì e gli spread odierni con il Bund tornati sotto il livello di guardia. Perché oltreoceano c'è già chi sta scommettendo sulla spaccatura dell'euro. Lo scrive stamane a caratteri cubitali il Financial Times, quotidiano da sempre assai critico nei confronti della divisa comune europea, e che torna a riproporre visioni allarmistiche sulla crisi dei debiti nell'Ue. Lo fa però citando fonti anonime, secondo cui le banche di Wall Street starebbero manovrando per evitare di "vedersi pagare in dracme o pesetas" in uno scenario di uscita di un paese dall'euro.

In particolare, riporta il quotidiano della City, questi istituti avrebbero esortato clienti e controparti a tentare di ristrutturare, ove possibile, i contratti in modo da mettersi al riparo da eventualità di questo genere. Tuttavia, come fanno notare non pochi osservatori di casa nostra, quando si vanno a cercare riscontri oggettivi, le tesi allarmistiche del FT faticano a trovare appigli.

Il quotidiano, per esempio, cita dati della Securities and Exchange Commission, l'autorità di vigilanza sulla finanza Usa, sull'esposizione delle banche americane ai vari paesi dell'area euro ritenuti a rischio, i cosiddetti Piigs (o Giips),ossia Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia. Ma in questo caso, il quotidiano finanziario londinese deve riconoscere che ad oggi "nessuna banca ha drasticamente modificato la sua esposizione sui cinque paesi".

Morgan Stanley è scesa dai 6,5 miliardi di dollari di fine 2011 a 4,2, Goldman Sachs a 2,4 miliardi dai 5,2 del primo quarto dello stesso anno; mentre Bank of America mantiene un'esposizione netta ai Piigs di 9,6 miliardi (erano 12,7 a fine 2011), così come JP Morgan (12,5 miliardi dai 16 dello scorso anno). Insomma, forse è ancora presto per parlare di fuga dall'Eurozona. Ma domani forse chissà...