lunedì 31 dicembre 2012

Fiscal cliff, accordo ancora lontano. Obama: "I mercati reagiranno male"


Repubblica

Se non ci sarà un'intesa entro questa sera, scatteranno indiscriminati aumenti delle tasse e tagli di spesa. Il presidente: "La colpa sarà dei repubblicani". Il nodo è sempre quello delle imposte sui redditi più alti


NEW YORK - Il tempo stringe, al baratro del 'fiscal cliff' mancano ormai poche ore e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama lancia l'ultimo appello al Congresso perché si raggiunga un accordo che eviti un immediato ed indiscriminato aumento delle tasse e dei tagli alla spesa, destinato a colpire duramente l'economia americana. In un'intervista alla Nbc, nella popolarissima trasmissione della domenica Meet The Press, il capo della Casa Bianca avverte con toni durissimi gli avversari politici: "Senza un'intesa ci sarà una reazione negativa dei mercati". E la colpa - continua - sarà tutta dei repubblicani, "che hanno bloccato ogni compromesso fin da quando sono iniziati i negoziati, all'indomani della mia rielezione". Parole che evidenziano il nervosismo e la tensione che regna a Washington. Col presidente che prende un azzardo nell'attaccare i repubblicani nel pieno del fragilissimo negoziato.

Eppure la domenica era iniziata sotto i migliori auspici, con alcuni esponenti repubblicani che davano l'accordo per fatto, con voci su un'apertura del Grand Old Party sull'aumento delle tasse ai più ricchi e con Camera e Senato già convocati per votare. A frenare gli entusiasmi, però, non solo le parole di Obama ma anche le dichiarazioni che nel pomeriggio sono arrivate a Washington dai leader di maggioranza e minoranza del Senato: l'accordo è ancora lontano su molte delle questioni sul tavolo. Questo quando il tempo è oramai quasi scaduto.

La maratona al Congresso dunque continua. Il tentativo in extremis sarebbe quello di una sorta di accordo al ribasso che affronti soprattutto parte della questione fiscale, per impedire dal primo gennaio un aumento delle tasse che riguraderebbe tutti i contribuenti e colpirebbe in modo particolare la classe media.

Obama insiste per far pagare di più a chi guadagna oltre 250.000 dollari l'anno e i repubblicani sarebbero disponibili a considerare la soglia dei 400.000 dollari. Ma per molti commentatori quella che si profila nella migliore delle ipotesi è un'intesa ancor più ridotta di quel 'mini-accordo' di cui si parla da giorni. Con tutti i principali nodi legati alla riduzione del deficit che rimarrebbero irrisolti.

In questa situazione il presidente ha ribadito con forza la sua linea: se non si raggiunge un compromesso sul 'fiscal cliff' si voterà sul mio piano. E se questo sarà bocciato, allora l'amministrazione presenterà, subito dopo l'insediamento del nuovo Congresso in gennaio, una legge per ridurre le tasse alle famiglie della classe media. Classe media che - secondo i calcoli del prestigioso Tax Policy Center - nel 2013 verrebbe a pagare un conto molto più salato dei 2.000 dollari l'anno previsti da Obama: la stangata ammonterebbe esattamente a 3.446 dollari in più per ogni famiglia.

Intanto nell'ultimo giorno dell'anno, come già annunciato dal segretario al Tesoro Timothy Geithner, il debito pubblico raggiungerà i 16.400 miliardi di dollari, tetto fissato alla fine del 2011 al termine di un lungo braccio di ferro tra democratici e repubblicani. L'amministrazione Obama varerà dunque "misure eccezionali" per fare in modo che lo Stato continui a funzionare, mettendo sul piatto 200 miliardi di dollari che però - spiegano gli esperti - basteranno per arrivare solo a fine febbraio. Dopo di che, senza un nuovo accordo sul debito pubblico, l'America rischia il default: proprio come avvenne nell'estate del 2011, quando Standard&Poor's tolse la prestigiosa 'tripla A' agli Stati Uniti.

domenica 23 dicembre 2012

“Io, broker centenario non credo ai soldi facili”


Irving Kahn, 107 primavere,
lavora a Wall Street dal 1929
PAOLO MASTROLILLI
INVIATO A NEW YORK
Andate a spiegarlo a lui, Irving Kahn, che c’è la crisi economica e le cose non saranno più come prima. Scuoterà la testa, incrocerà le dita nodose, e ti liquiderà con un sorriso paterno: «Sei un ragazzo, ti manca la certezza delle tue convinzioni». Ragazzo, secondo i suoi parametri, è chiunque non abbia compiuto almeno ottant’anni. Perché la prima volta che Irving fece un’operazione a Wall Street, nelle case non c’erano ancora i telefoni o le televisioni. Era l’estate del 1929, e per la verità non c’era stata nemmeno la Grande Depressione.  

Mercoledì scorso Irving ha compiuto 107 anni, festeggiati con un’intervista al Wall Street Journal, e questo fa di lui il più anziano operatore di borsa in servizio attivo. Il giorno dopo, le autorità di Nyse hanno annunciato che IntercontinentalExchange comprerà “Big Board” per 8 miliardi di dollari, mettendo fine a 220 anni di indipendenza della borsa di New York. Lo hanno fatto perché il mercato è cambiato e le piattaforme elettroniche sono più importanti dei vecchi “floor”, dove un tempo correvano i ragazzini come Kahn a portare gli ordini. Eppure lui scrolla le spalle e scommette sulla sopravvivenza della sua compagnia di investimenti, basandosi sulla filosofia che da sempre rassicura i clienti: «Noi mangiamo quello che cuciniamo». Irving è nato il 19 dicembre del 1905, da una famiglia ebrea nota per la longevità: la sorella più grande, Helen, è morta a 110 anni; la seconda, Lee, a 101; e il fratellino più piccolo, Peter, è ancora arzillo a 102 anni. Secondo Irving non c’è un elisir che aiuta i Kahn: «Nessun segreto, è solo la nostra natura». Poi però aggiunge: «Milioni di persone muoiono ogni anno per qualcosa che avrebbero potuto curare da sole: la mancanza di saggezza e la mancanza di abilità a controllare i loro impulsi». 

A lui questo non è mai capitato, da quando studiava economia al City College of New York. Nel 1928 aveva iniziato a lavorare a Wall Street per una piccola compagnia, la Hammerschlag, Borg & Co. Faceva il “runner”, ma presto chiese il trasferimento nell’ufficio studi. Proprio in quegli anni, conobbe l’uomo che avrebbe cambiato la sua vita: Benjamin Graham, autore del classico “The Intelligent Investor” e inventore del modello “value investing”. Divenne suo assistente alla Columbia University, come Warren Buffett, e rimase così colpito dai suoi insegnamenti che chiamò il primo figlio Thomas Graham, come Buffett chiamò il suo Howard Graham. La teoria del “value investing” era semplice: non cadere mai nella tentazione di fare soldi facili. Se investi, devi credere che quella compagnia crescerà. Quindi cerca i titoli meno costosi, con le migliori prospettive, e tienili per almeno tre anni, o anche quindici, finché non realizzano le proprie potenzialità. «Mai comprare azioni popolari, tranne forse nei periodi di recessione». 

Su questa filosofia Irving ha costruito la sua compagnia, Kahn Brothers Group, che gestisce capitali per 950 milioni di dollari. E’ un business famigliare, col figlio Thomas Graham che guida la gestione quotidiana, ma il padre fa ancora ricerca e parla con i clienti: «Scoprire un titolo sottovalutato è ancora la cosa che mi dà più soddisfazione». Ci riesce studiando, anche la sera o nel week end: «Quando compri un titolo, devi saperne molto più di chi te lo vende». Lui, ad esempio, predilige le azioni legate all’agricoltura, «perché in quel settore il sole lavora per te». Però sta anche al passo coi tempi, visto che ha investito nella Nam Tai Electronics, un’azienda cinese che fa componenti di alta tecnologia. Vorrebbe che il mercato finanziario diventasse più responsabile, ma è sicuro che anche questa nottata passerà: «La storia si ripete, anche se non è mai uguale. Nel nostro mestiere, però, la frase più pericolosa è questa: “Stavolta è diverso”». 

giovedì 20 dicembre 2012

Mutui a tasso variabile: ultimi giorni per rinegoziare ad un fisso strepitoso


http://aiutomutuo.finanza.com/2012/12/16/mutui-a-tasso-variabile-ultimi-giorni-per-rinegoziare-ad-un-fisso-strepitoso/


Vi piacerebbe trasformare il vostro mutuo a tasso variabile in un mutuo a tasso fisso del circa 3% se non addirittura inferiore? Bene, fino al 31 dicembre ne avete la possibilità e gratuitamente.
Si tratta di un articolo di legge praticamente ignorato dalla maggior parte degli organi di informazione e che le banche, a loro volta, si guardano bene dal pubblicizzare.
L’articolo 8 comma 6 della legge 106/2011: La normativa prevede che la clientela titolare di un mutuo a tasso variabile “ha diritto di ottenere ottenere” dalla propria banca una “rinegoziazione” del proprio mutuo a tasso variabile trasformandolo in un mutuo a tasso fisso per tutto il resto della durata residua. Il nuovo tasso fisso che viene determinanto è calcolato sommando al parametro Irs 10 anni, lo spread del proprio mutuo variabile. L’attuale periodo risulta estremamente favorevole per questa rinegoziazione visto che l’Irs 10 anni attualmente è pari a circa 1,6%; ad esempio, ammettendo che si abbia uno spread contrattuale del 1.2%, si ottiene un tasso fisso del 2.8% e per tutto il resto della durata residua del mutuo.Per poter usufruire di questa possibilità, il mutuo deve essere stato stipulato con finalità acquisto o ristrutturazione della propria abitazione prima del 14 maggio 2011 e per un importo originario non superiore a 200 mila euro. Inoltre il proprio indicatore “ISEE” non deve essere superiore ai 35 mila euro. In fase di rinegoziazione è addirittura possibile poter richiedere di ridurre o allungare il proprio mutuo per un massimo di 5 anni purchè la durata residua non superi i 25 anni.
Rinegoziare o no questo è il dilemma: dal punto di vista di chi vi scrive, questa che si presenta è un’opportunità da prendere in estrema  considerazione soprattutto nel caso in cui mancassero ancora molti anni al termine dellestinzione del proprio mutuo.
Dovrete tenere in considerazione le vostre personali convinzioni in base a quello che voi stessi ipotizzate sull’andamento degli euribor prossimi futuri; se infatti tra tot anni l’aumento degli euribor facesse drammaticamente lievitare il vostro variabile ci si morde veramente le unghie per la scelta di rinunciare oggi ad uno strepitoso tasso fisso; è superfluo dirlo.
Se siete ancora indecisi e volete riflettere con più tempo sull’opporunità che vi si presenta, vi consigliamo comunque di effettuare la richiesta di rinegoziazione entro il 31 dicembre come previsto, potrete sempre rinunciarvi in qualsiasi momento.
Nel corso di questi ultimi mesi, molti hanno già approfittato dell’occasione garantendosi dei tassi di tutto rispetto; adesso tocca a voi, avete ancora pochi giorni per fare richiesta ma siete ancora in tempo.
Attenzione: qualche istituto di credito sicuramente proverà a negarvi la rinegoziazione, ma semprechè si rientri nei parametri richiesti dalla legge, la banca non può assolutamente rifiutarsi.
La strategia vincente: è estremamente importante recarsi presso la propria filiale con una richiesta scritta (meglio se raccomandata a mano) completa di attestazione ISEE e copia dell’articolo di legge che potete tranquillamente scaricare dalla Gazzetta Ufficiale n°160 del 12 luglio 2011; conservate la ricevuta della richiesta di rinegoziazione.Nel caso contattateci per mail, vi invieremo gli articoli legislativi di riferimento, e nel caso, tutte le informazioni di cui avrete bisogno. Affrettatevi e fatevi questo che per molti potrebbe essere un bellissimo regalo di Natale.                                                                         


Euro sconta Grecia. Altro che S&P, pericolo sempre presente

di: FXCM ITALIA
L'agenzia di rating alza il rating? Allo stesso tempo il ministro delle finanze greco ammette che quest’anno il paese si è trovato a un passo dal default. Moneta unica fallisce superamento quota $1,33: e ora?

Legnano - La giornata di ieri è stata molto particolare per i trader sull’Eurodollaro, non certo avara di sorprese e foriera di grande entusiasmo ma anche di grande delusione. Dopo infatti aver rotto con forza l’1,32 (già martedì pomeriggio) il cambio ha poi proseguito il suo cammino rialzista fino ad approdare all’importante resistenza statica a 1,3280 e superandola raggiungendo la soglia psicologica di 1,33, per la gioa dei rialzisti entrati in posizione proprio sulla rottura dell’1,32. 

Ieri nel nostro Morning Adviser si poneva però l’accento due aspetti che ci potevano permettere in un certo qual modo di dipingere uno scenario che prevedeva poi il totale ritracciamento del movimento. In primis, osservavamo come il movimento fosse isolato rispetto agli altri cambi valutari cui l’eurodollaro è "tipicamente" correlato. 

In secondo luogo seguivamo la volatilità, quello che testualmente definivamo come propulsore in grado di generare un movimento potente e repentino laddove ci fosse stata una fase di precedente contrazione, che era piuttosto bassa e che quindi non avrebbe potuto spingere i prezzi in maniera duratura a proseguire nel cammino intrapreso. 

Tutto ciò, insieme al dietrofront dell’azionario Usa a cui, sempre ieri, attribuivamo il ruolo di "market driver" in questo momento storico, ha contribuito di fatto al dietrofront del cambio Eurodollaro e in generale dei diversi cross euro molti dei quali si trovavano appunto su dei livelli di prezzo propedeutici a rotture rialziste. 

Da un punto di vista macroeconomico, hanno certamente favorito l’inversione potente due fattori: in primis, le dichiarazioni del Ministro delle finanze greco il quale ha candidamente ammesso che quest’anno il suo Paese si è trovato a un passo dal default e questo in parte ha messo in luce quanto le ventate di ottimismo da sempre sollevate dai policy maker europei più volte si siano rivelate non propriamente giustificate. 

In secondo luogo, quello più importante, le trattative per trovare un accordo volto a scongiurare il "fiscal cliff" sembrerebbero essere regredite, tanto per utilizzare i termini precisi provenienti dalla Casa Bianca.

Diviene molto interessante ora tracciare un quadro delle prosse dinamiche dei prezzi: da un lato potrebbe essersi trattato di un considerevole pullback tipicamente successivo al breakout, anche se le proporzioni del movimento sembrano non essere teoricamente irreprensibili mentre dall’altro potremmo riprendere i minimi di questa notte per approfondimenti ulteriori. 

L’azionario europeo potrebbe partire negativo sulla scia dell’andamento di ieri pomeriggio sul fronte Usa e questo potrebbe accompagnare il valutario un giù per poi possibili rimbalzi sulle resistenze di breve. In ultimo non va tralasciato il caldo fronte giapponese dove la BoJ ha confermato che espanderà il suo programma di acquisto di asset per 10 trilioni di yen, pur rinviando il suo impegno verso nuovi target di inflazione al prossimo meeting di Gennaio; questo ha portato ha importanti prese di profitto sullo yen di cui parleremo a breve.

EurUsd

Come detto in precedenza, è stato molto potente il movimento di inversione dopo i massimi poco sopra 1,33. Questo è ottimamente evidenziato dalla gravestone doji sul grafico daily, per antonomasia un candlestick di inversione. A ulteriore conferma di ciò potrebbe inserirsi la possibile divergenza rialzista proprio sul grafico giornaliero, avvalorata da un deciso superamento al ribasso di 1,3180, per target almeno in area 1,3025. Un mancato e ritardato movimento di questo tipo potrebbe trovare sostegno nel pullback della media a 21 periodi sul 4 ore per ritorni a 1,3280.

UsdJpy 

Ancora potenziale la divergenza ribassista sul grafico daily, seppur tuttavia abbiamo assistito ieri ad un significativo ritracciamento del cambio, che potrebbe realizzarsi tecnicamente alla violazione al ribasso di 84 per approdi a 82,85 in prima istanza. Ancora valida invece la divergenza ribassista del grafico a 4 ore che si trova in queste ore a confrontarsi con la media a 21 periodi, decisiva per la prosecuzione del ritracciamento verso i livelli suddetti o per pullback di ripresa dei massimi a 84,40 e 84,65.

EurJpy

Da manuale l’approdo in area 112,30 per ritorni precisi (e oltre) a 111,20. Anche in questo caso la media a 21 periodi sul grafico a 4 ore (coincidente con quella a 100 periodi sul grafico orario)può essere decisiva per le più prossime sorti del cross, pronto a riprendere l’ottimo livello di supporto a 110. Un rebound ci farebbe invece assistere alla ripresa dei livelli in area 11,40.

GbpUsd

La divergenza ribassista ben visibile sul 4 ore e che ieri definivamo potenziale, sembra ben manifestarsi e potrebbe farci arrivare sul supporto statico e transito della media a 21 su medesimo time frame a 1,6220. La prima resistenza si trova invece a 1,6275, su timidi segnali rialzisti dei bassi time frame.

AudUsd

Molto utile la price action dell’aussie per le sue caratteristiche anticipative dei cambi notoriamente più "pesanti" come eurodollaro e cable mentre resta più controversa per operatività sul cross stesso. Ci avviciniamo alla bullish trendline che lo accompagna dai minimi di giugno, che insieme al punto statico a 1,0440, rappresentano una bella area di supporto. Da osservare, nel breve, una divergenza rialzista sul grafico orario per superamenti di 1,0490 e ritorni a 1,0515.

XauUsd

Riprendiamo quasi fedelmente l’analisi di ieri. E’ infatti ancora cruciale l’attuale livello di prezzo per l’oro, che si poggia nuovamente sul supporto dinamico rappresentato dalla trendline di lungo periodo che accompagna il movimento da fine 2008 a quotazioni di 700 dollari l’oncia. Per ora la media semplice a 200 periodi sul daily, esattamente come ieri, ha costituito un ottimo supporto sul 1660. Un nuovo tentativo di approfondimento con violazione della bullish trendline sotto 1650 potrebbe perciò essere cruciale per un pesante short di oro. Un secondo minimo superiore potrebbe rappresentare insieme ad una potenziale divergenza rialzista sul grafico a 4 ore uno spunto rialzista da avvalorare al superemento di 1675.

UsOil

Molto precisa la price action del WTI il cui movimento rialzista si è arrestato perfettamente sul precedente massimo relativo a 90,40. Una flag rialzista in formazione potrebbe farci entare long alla violazione di questo livello per target a 92,25. Il rientro nella precedente lateralità ci porta a guardare a 88,50.

*Questo documento e' stato preparato da FXCM Forex Capital Markets. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita' di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.


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Truffa derivati: 4 banche condannate a Milano

WSI
Sentenza storica: prima volta al mondo. Coinvolte Deutsche Bank, JP Morgan, Depfa Bank, UBS. Ammonta a 87 milioni di euro la confisca effettuata. Per ogni istituto anche sanzione da un milione.

Milano - Deutsche Bank, Depfa Bank, Ubs e Jp Morgan sono state condannate per truffa aggravata ai danni al Comune di Milano in relazione a operazioni su prodotti derivati. Ammonta complessivamente a 87 milioni di euro la confisca per le quattro banche estere.

Per ogni istituto di credito c'è anche la sanzione da un milione di euro. Il PM del capoluogo lombardo ha esultato, parlando di "sentenza storica, e' la prima volta al mondo".

E' una brutta giornata per la banca svizzera, che e' stata multata anche per la manipolazione del tasso interbancario Libor. Tasso che ha mantenuto il piu' basso possibile "per proteggersi".

Il colosso svizzero Ubs ha annunciato di aver raggiunto un accordo con le autorità di controllo di tre Paesi per pagare la maxi-multa da 1,5 miliardi di dollari, ammettendo di aver contribuito alla manipolazione del tasso interbancario Libor.

Nell'intesa raggiunta tra Ubs, il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, la britannica Fsa e l'autorità di controllo svizzera sui mercati, la Ubs ha dichiarato che alcuni suoi dipendenti hanno cercato di manipolare il tasso Libor e altri tassi di riferimento che insieme servono come base di calcolo per contratti finanziari per centinaia di migliaia di miliardi di dollari in tutto il mondo. La consociata giapponese di Ubs, dove hanno avuto luogo gran parte dei tentativi di manipolazione - si legge sul Wall Street Journal - ha ammesso la propria responsabilità nella frode che includeva il Libor sullo yen.

Intanto sono attesi per oggi, da parte delle autorità Usa, alcuni arresti di persone legate a Ubs, che saranno probabilmente i primi legati alla lunga inchiesta sulla manipolazione dei tassi d'interesse, secondo quanto hanno rivelato allo stesso Wsj fonti vicine alle indagini.

Fino a oggi solo un'altra banca, la britannica Barclays, aveva patteggiato una multa sull'accusa di aver manipolato i tassi Libor, pagando circa 450 milioni di dollari che per entità ora è strata di gran lunga superata da quella di Ubs.

venerdì 14 dicembre 2012

Record storico del debito italiano Oltre 2mila miliardi di euro


E' il livello più alto di sempre in valore assoluto

La sede della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma in una foto d'archivio (Ansa)La sede della Banca d'Italia in via Nazionale a Roma in una foto d'archivio (Ansa)
Il debito pubblico italiano sfonda quota 2.000 miliardi e a ottobre si attesta a 2.014 miliardi, in valore assoluto il livello più alto di sempre. È quanto emerge dal supplemento «Finanza pubblica» al bollettino statistico della Banca d'Italia. Il debito pubblico è cresciuto nei primi dieci mesi del 2012 di 71,238 miliardi di euro, ovvero il 3,66%.
LE ENTRATE - Il dato al netto di aumento delle entrate tributarie, che nei primi 10 mesi dell'anno segnano un incremento del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2

giovedì 13 dicembre 2012

Barclays a dieta forzata: taglia altri 2.000 posti di lavoro

Malgrado i regali di governi e banche centrali, e' crisi per i bracci di investimento degli istituti. Il piano di ristrutturazione interesserà la divisione investment banking di Asia ed Europa. Risparmiati Regno Unito e Usa.

New York - L'istituto di credito britannico Barclays è pronto a tagliare fino a 2.000 posti di lavoro, nell'ambito di un piano di ristrutturazione che interesserà prevalentemente la divisione di 'investment banking'. 

A riferirlo è il Wall Street Journal, citando fonti vicine all’istituto britannico. Sempre secondo quanto riporta il quotidiano economico, i tagli saranno annunciati nei primi mesi del 2013 e saranno concentrati in Asia e in Europa continentale. 

Il processo di ristrutturazione non dovrebbe, a quanto pare, riguardare invece il Regno Unito e gli Stati Uniti. Nessun commento è ancora arrivato dalla banca.

martedì 11 dicembre 2012

Le banche europee e le manipolazioni per alzare i tassi sui mutui

Wsi
In arrivo l'accusa dell'Unione europea, risultato dell'indagine su una dozzina di istituti. I giganti della finanza avrebbero anche pignorato le case di chi non riusciva a pagare i mutui troppo alti, a causa dei loro imbrogli.

New York - Trema il settore bancario europeo. In arrivo, stando a quanto riporta il Wall Street Journal, un'accusa da parte dell'Unione europeasu diverse banche, una dozzina circa, che avrebbero manipolatato l'Euribor, ovvero il tasso di interesse preso come riferimento per il calcolo delle rate sui mutui, ma non solo.

Con l'Euribor si determina infatti anche il valore di numerosi altri prodotti finanziari, tra cui derivati; fattore di rilievo, anche la Banca centrale europea fa affidamento su questo tasso per stabilire la propria politica monetaria e molti governi, istituti, persone, effettuano prestiti sulla sua base. 

In tutto dodici banche indagate: tra questeCredit AgricoleSociété GénéraleHSBC eDeutsche Bank. I colossi finanziari, secondo le accuse, non avrebbero solo collaborato per determinare l'Euribor, ma avrebbero anche pignorato le abitazioni di chi non riusciva a pagare i mutui, troppo alti proprio a causa delle loro manipolazioni.

Il Wall Street Journal non nomina alcuna banca italiana nell'articolo ma, come fa notare un articolo del Fatto Quotidiano,, quattro istituti italiani fanno parte della European Banking Federation, organismo responsabile di fissare ogni giorno l'Euribor. Si tratta di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Ubi Banca.

giovedì 6 dicembre 2012

Alert: Deutsche Bank nasconde maxi perdita per evitare bailout

WSI
Uno scandalo da 12 miliardi. Con la complicità della Sec americana, il cui responsabile per il rispetto delle regole di mercato era un alto funzionario della banca tedesca. L'Europa trema. Quanti altri scheletri nell'armadio degli istituti Ue?

Roma - La notizia è di quelle bomba. Non solo perchè coinvolge la banca più importante d'Europa, per lo più tedesca - con la Germania che si comporta sempre da inappuntabile maestrina, pronta a rimettere in riga i paesi che non osservano le regole (sue soprattutto)-, ma perchè rivela l'intreccio di sporchi interessi, con il coinvolgimento delle autorità americane, Sec in primis. Facendo sorgere, ovviamente, il giustificato interrogativo: quanti altri casi del genere ci sono? Come sono messi, davvero, i conti delle altre banche europee?

A rivelare lo scandalo è il Financial Times, che riporta come Deutsche Bank abbia nascosto durante la crisi finanziaria ben 12 miliardi di perdite per evitare ilsalvataggio governativo. Tutto è saltato fuori grazie a tre ex dipendenti della banca, che hanno presentato un esposto alle autorità americane. Autorità che sono colpevoli almeno quanto Deutsche Bank. Si parla proprio della Sec. La persona responsabile di monitorare il rispetto delle regole di mercato presso la commissione, all'epoca, era infatti Robert Khuzami: che era anche numero uno della divisione legale di Deutsche Bank. Tutto questo mentre Deutsche Bank organizzava i propri trucchetti.

Secondo l'accusa dei banchieri, Deutsche Bank evitò accuratamente di registrare le perdite al valore "mark-to-market" delle perdite accusate durante il precedente periodo della crisi finanziaria, che colpì i mercati del credito nel periodo compreso tra il 2007 e il 2009. 

Ovviamente, la banca ha già iniziato a difendersi, affermando che le accuse provengono "da persone che non sono a conoscenza, o non hanno nessuna responsabilità, riguardo a fatti e informazioni di rilievo". Ma i tre non hanno dubbi: il colosso ha volutamente truccato una posizione gigantesca che aveva sui derivati e, se non lo avesse fatto, avrebbe dovuto bussare alla porta del governo.

mercoledì 5 dicembre 2012

Gli sprechi della Casta: ecco cosa cambierà con il decreto

Da: lastampa.it
Il governo ricorre alla sua 47esima fiducia per il voto al Senato sulla disposizione che taglia i costi della politica. Approvati i tagli al numero e agli emolumenti dei consiglieri regionali. Che fine fanno i vitalizi?


Roma - Il decreto che taglia i costi della politica vedrà la luce. Ci sono state discussioni infinite e, alla fine, il governo ha dovuto ricorrere per la quarantasettesima volta al voto di fiducia, espresso ieri dall’aula del Senato. Ora la norma torna di nuovo alla Camera, ma per un passaggio più formale che sostanziale, dato che Montecitorio non potrà apportare modifiche e dovrà votarla - pena la decadenza - entro il 9.

Il percorso, insomma, è blindato. Non ci sarà più il previsto parere preventivo della Corte dei Conti sulle singole spese regionali, che avrebbe di fatto esautorato la libertà dei consigli eletti, ma permane la possibilità di intervenire per bloccare le spese in atto. Restano, invece, i tagli al numero e agli emolumenti dei consiglieri. Mai più, dunque, una esperienza come quella della regione Lazio. Il decreto riguarda anche Comuni e Province, ma sono soprattutto le spese regionali ad essere regolamentate.

Il numero dei consiglieri regionali verrà ridotto in base a quello degli abitanti della regione, secondo quanto già stabilito dalla legge anticrisi dell’estate 2011. Il decreto impone alle regioni di fare questi tagli entro sei mesi. Lo stipendio di assessori, presidenti e consiglieri è fissato sui parametri della regione più virtuosa: nessun presidente potrà prendere più di 13.800 euro lordi al mese che diventano 11 mila per i consiglieri.

Verrà tagliata anche l’indennità di fine mandato, e non sarà più possibile essere pagati per altri incarichi politici all’interno della stessa amministrazione (per esempio la partecipazione a più commissioni).

Nella definizione dei costi fanno scuola le regioni più parsimoniose e se le altre non si adeguano a questi standard, a farne le spese non saranno i cittadini, con il taglio dei servizi, ma i consiglieri stessi con la decurtazione dell’indennità. Finirà il costume dei «monogruppi», cioè dei gruppi consiliari costituiti da una sola persona che prende, per questo, l’emolumento di consigliere più il finanziamento come gruppo.

La situazione patrimoniale degli eletti dovrà essere messa on line sul sito della regione. Similmente saranno tagliate le auto blu e finiranno i «vitalizi», dal momento che i consiglieri avranno una posizione contributiva all’Inps come ogni altro lavoratore.

Se molte Regioni si comportavano come satrapie dispendiose, anche altri enti locali hanno compiuto eccessi a cui il legislatore ha inteso porre rimedio. Intanto viene esteso anche ai comuni sotto i 20 mila abitanti la possibilità di accedere al fondo salva-comuni a patto che definiscano un piano di rientro dai conti in rosso, in 5 anni.

Viene ribadito che i comuni possono revocare ad Equitalia la raccolta dei tributi e farsela da soli. Per quelli colpiti dal terremoto dell’Emilia arriva la proroga al pagamento delle tasse (giugno 2013) ma non dei contributi previdenziali.

Una norma specifica è dedicata al salvataggio del comune di Alessandria, a rischio crac, che potrà avere un prestito di 40 milioni da restituire in tre anni. Per quanto riguarda l’Imu, la legge chiarisce che non dovranno pagarla le scuole paritarie così come le altre attività no profit. Ma dovranno versarla - invece - le Fondazioni bancarie.

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Colpo di scena: MPS trema, a rischio salvataggio stato?

WSI
L’emendamento salva-Monte dei Paschi di Siena bocciato in commissione bilancio al Senato. Problemi nella copertura finanziaria per i 3,9 miliardi di soldi pubblici che dovrebbero essere erogati all'istituto.

Mezzo colpo di scena nella storia del salvataggio del Monte dei Paschi di Siena con i soldi pubblici. Ieri l’emendamento salva-Mps è stato bocciato incommissione bilancio al Senato

Spiega Fabrizio Massaro sul Corriere:
La commissione ha chiesto una relazione tecnica dell’esecutivo sulla norma, avendo ravvisato problemi dicopertura finanziaria per i 3,9 miliardi che via Venti Settembre deve mettere a disposizione della banca senese. 

Per i banchieri Alessandro Profumo e Fabrizio Viola si tratta di un nuovo inciampo nella strada —che si sta rivelando quanto mai tortuosa, visto che si parla di Monti bond da ormai sei mesi—per ottenere gli aiuti statali e rientrare così nei parametri patrimoniali stabiliti dall’autorità bancaria europea (Eba).

E quindi:

Il deficit di 3 miliardi calcolato dall’Eba risale ormai a settembre 2011, dal punto di vista della finanza quasi un’era geologica fa, ed è legato alla svalutazione degli oltre 21 miliardi di Bot e Btp che Mps ha nei suoi forzieri determinata dall’impennata degli spread, adesso invece in discesa (ieri 303 punti).

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martedì 4 dicembre 2012

Immobiliare, case: prepararsi a un calo storico dei prezzi

di: Orlando Masiero

Il mercato immobiliare italiano denota un’anomalia incomprensibile: un prolungato ed accentuato calo delle compravendite non accompagnato da un’ altrettanta diminuzione dei prezzi delle case. Dare delle spiegazioni a questo fenomeno è abbastanza difficile.

Il settore è abbastanza vischioso, fenomeno di una ricchezza delle famiglie che consente di aspettare tempi migliori per la vendita (o incapacità, vista l’offerta, di realizzare nel momento in cui comincia una lunga caduta dei prezzi). I prezzi hanno mantenuto un livello straordinariamente più alto della media di lungo periodo in contrasto con l’andamento dello stesso settore in altri paesi e, contro ogni buon senso, in contrapposizione al diminuito potere d’acquisto della gente comune.

Adesso che è caduto anche il tabù del calo dei prezzi delle case (difficile dimostrare che esiste un solo posto in Italia con prezzi superiori o uguali a quelli del 2007) diventa interessante poter capire dove le quotazioni in termini di quantità e durata declineranno.

Dato per scontato un mercato delle case di ultimo grido che verranno vendute a prezzi altissimi, per le altre cosa succederà. Una violenta svalutazione nell’arco di pochi anni, con dei prezzi pre-euro (entro il 2018), o una una lenta e prolungata discesa dei prezzi (almeno per il prossimo decennio).

Probabilmente per la peculiarità del nostro mercato e la lentezza nelle trasformazioni, lo scenario del calo dei prezzi sarà il secondo. Una discesa che darà dei prezzi di qui al 2014 più bassi del costo di costruzione. Dovuto ai tantissimi fallimenti di imprese edili ed immobiliarie, i cui fabbricati stanno arrivando in asta e a soggetti che debbono vendere quanto prima per realizzare quella liquidità che il mondo bancario nega.

Salvo clamorose novità nel contesto politico-economico mondiale, ovviamente.

Oggigiorno in pochissimi riescono a risparmiare e a quei pochi consigliare il mattone come investimento sicuro per eccellenza sarebbe come consigliare i bond argentina che hanno subito un taglio del 75% in conto capitale. Per il mattone questo taglio non sarà così immediato e profondo. Ma in un decennio la perdita potrebbe rasentare il 50%.

Economicamente i proprietari di case avveduti dovrebbero vendere ed andare in affitto trandone sicuri vantaggi monetari, ma qui intervengono abitudini radicate degli italiani ed ogni ragionamento non vale.

Per l’Acri.Ipsos che ha effettuato recenti indagini di mercato ha rilevato un dimezzamento dei soggetti che ritiene utile e vantaggioso un investimento in immobili (35%). L’eccedenza e la bassa qualità stanno creando le condizioni di illiquidità del settore.

L’investimento dovrebbe seguire il recupero dell’esistente con messa a norma degli edifici dal punto di vista statico, di efficienza energetica, qualitativa, evitando quelle storpiature archittettoniche che ci sono state imposte con relativo spreco di territorio e di paesaggio e che hanno contribuito ad alterare la sicurezza idraulica.

Si sono congelati 6000 miliardi di euro nel mattone, di cui 1500 conto formula risparmio (inutilizzabili per carenza di popolazione atta ad abitarli). Forse vi è la necessita di un salto di qualità ed abbandonare questo nostro atteggiamento girando il denaro per salvare il sistema industriale che arranca per mancanza di liquidità e per le enormi tasse a cui è sottoposto. L’edilizia è stata sempre un settore di enorme traino per il PIL. Oggi questa valenza non puo’ più esserle riconosciuta.