giovedì 11 luglio 2013

Alert: Italia rischia manovra in autunno

di Federico Fubini - Repubblica

L'Ue potrebbe chiedere nuovi sacrifici al paese, allo scopo di non sforare il 3% del deficit. Rischio nuova austerity per i cittadini italiani.

ROMA (WSI) - Malgrado l'ultimo declassamento di Standard & Poor's, la temperatura sui mercati per l'Italia non sta salendo per ora ai livelli delle ultime estati.

Anche così però le vacanze di Fabrizio Saccomanni non si presentano rilassanti: il ministro dell'Economia sa bene che lo aspetta un autunno difficile nei suoi rapporti con Bruxelles.

Le nuove regole di bilancio europee, le condizioni a cui l'Italia è emersa (per ora) dalla procedura Ue per deficit eccessivo, la continua recessione e la nebbia sulle coperture ai rinvii per Imu e aumento Iva: troppi fattori minacciano un'altra stagione di trappole, sul piano politico e dei conti pubblici

Una di queste, già visibile nei radar sia a Roma che a Bruxelles, è l'ipotesi di una manovra di bilancio. Magari non di grandi dimensioni. Ma pur sempre una correzione in corso d'anno, per garantire anche quest'anno all'Italia un disavanzo entro il 3% del prodotto lordo e escludere il rischio delle sanzioni del nuovo Patto di stabilità Ue.

Niente di tutto questo è già deciso, o scontato. La parte del calendario più fitta di appuntamenti arriverà fra ottobre e novembre, ma la successione degli eventi è chiara a chi segue da vicino le vicende della finanza pubblica italiana. 

Da quest'anno infatti il "Two Pack" e il "Six Pack", gli strani nomi delle nuove regole europee, sono entrambi in vigore. Il "Two pack" ("pacchetto di due") prevede che entro metà ottobre l'Italia, come gli altri paesi, presenti alla Commissione europea la propria bozza di finanziaria per il 2014. I tecnici di Bruxelles esamineranno il provvedimento e entro un mese manderanno all'Eurogruppo, che riunisce i ministri finanziari, la loro "opinione" in proposito.

Sarà più di un passaggio procedurale. In quel mese, Bruxelles formulerà un giudizio sia sulla qualità che sui saldi del bilancio italiano. In primo luogo si tratterà di vedere se segue le raccomandazioni dell'Eurogruppo, che suggeriscono di non detassare gli immobili bensì il lavoro e le imprese, riducendo la spesa pubblica. Poi verrà la parte legata alle condizioni con cui l'Italia (solo da pochi giorni) è riuscita a uscire dopo anni dalla procedura per deficit eccessivo. Restare sotto il 3% è un vantaggio non solo simbolico: chi rientra in quel limite ha un po' di spazio in più per investimenti con fondi nazionali e europei. 

Anche per questo all'Eurogruppo l'Italia si è impegnata con una "clausola di salvaguardia" a intervenire in corso d'anno se il deficit 2013 minaccia di tornare sopra al 3% del Pil. Non è un'ipotesi puramente di scuola. Già in primavera il Tesoro e la Commissione prevedevano un disavanzo italiano sul filo del 3 per cento, sulla base di previsioni per l'economia meno negative di quanto sta emergendo nella realtà. A marzo sia il governo che Bruxelles pensavano che la caduta del Pil nel 2013 sarebbe stata dell'1,3%. Adesso invece Fmi, Banca d'Italia e la stessa Standard & Poor's segnalano che, ancora una volta, si è più vicini a una contrazione del due per cento.

Si può discutere sul senso di stime che, negli ultimi anni, vengono sempre riviste poi in peggio. Ma la conseguenza immediata è ciò che per ora conta di più: per effetto della recessione più profonda del previsto, lo Stato in Italia potrebbe avere meno entrate e più spesa sociale. Il deficit rischia di peggiorare di circa tre decimali di punto, senza contare eventuali problemi sulle coperture per gli sconti a Imu e Iva. 

In realtà sono cifre relativamente piccole: probabilmente uno sfondamento dei limiti di neanche lo 0,5%, molto meno di quanto accade in Spagna, Francia, Olanda o Portogallo. È comunque abbastanza perché la Commissione chieda una correzione in autunno. Non è uno scenario scontato perché il governo, se tutto andasse per il meglio, potrebbe risparmiare qualcosa (non molto) in interessi passivi sul debito. 
Ma se l'Italia tornasse in deficit eccessivo, in base al "Six pack" la Commissione potrebbe chiedere che il governo versi un deposito infruttifero di circa tre miliardi a Bruxelles. Sarebbe il ritorno delle multe europee per chi infrange le regole di finanza pubblica.

Saccomanni in questi mesi è stato spesso a Bruxelles e conosce bene il percorso che lo attende. Non è un caso se il ministro lotta per la copertura di ogni centimetro di bilancio che i partici minacciano di disfare. Prima ancora della pausa estiva, l'autunno italiano si annuncia così pieno dei soliti calcoli al bilancino sui saldi: in fondo un triste déjà vu, che rischia ancora una volta di distrarre dall'opera paziente rafforzamento produttivo di cui il paese ha sempre più disperatamente bisogno. 

Bufera su Deutsche Bank per i prestiti occulti concessi a Mps e Banco do Brasil

ilsole24ore

Deutsche Bank, tra i primi player globali del credito, avrebbe erogato diversi miliardi di dollari di prestiti alle banche dal 2008 senza indicarne a bilancio l'effettica natura e dunque i rischi connessi.
Secondo quanto ricostruito dall'agenzia Bloomberg, la più grande banca della Germania avrebbe concesso enormi aperture di credito a banche di Brasile e Italia, facendo in modo che le transazioni delicate scomparissero dal bilancio-

In particolare prestiti facili per 2,5 miliardi di euro (3,3 miliardi dollari) concessi alla banca italiana Monte dei Paschi di Siena e al Banco do Brasil avrebbero rivelato una tecnica che consentiva al gruppo tedesco di "oscurare" le banche destinatarie delle linee di credito. La stessa tecnica sarebbe stata utilizzata anche per un prestito alla banca franco belga Dexia concesso poche settimane prima del salvataggio pubblico.
In totale, le somme "sospette" sono pari a 395,5 miliardi di euro, che - secondo un funzionario interno sentito da Bloomberg - sarebbero state indicate a bilancio in modo diverso dalla loro effettiva natura. L'ammontare sarebbe emerso per la prima volta nell'aprile scorso, quando la banca si è adeguata ai nuovi standard internazionale di trasparenza: in totale, i 395,5 miliardi corrispondono a circa il 20% del totale degli attivi del gruppo, pari a oltre 2mila miliardi di euro.
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mercoledì 10 luglio 2013

S&P taglia il rating italiano a tripla B, a due passi dal livello «spazzatura». Il Tesoro: scelta superata dai fatti


L'agenzia S&P ha tagliato il rating di lungo termine dell'Italia a BBB da BBB+ con outlook negativo. Il downgrade, scrive l'agenzia americana, riflette «gli effetti di un ulteriore indebolimento della crescita sulla struttura e la resistenza dell'economia italiana», ma anche i problemi nel meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Secondo l'agenzia di rating, «la lenta crescita deriva in gran parte dalla rigidità del mercato del lavoro e di quello produttivo italiano».
Il rating dell'Italia è ora a due gradini dal livello considerato «spazzatura».L'agenzia ha tagliato le stime sul Prodotto interno lordo per quest'anno a un -1,9% da un -1,4% calcolato a marzo, peggio del -1,8% annunciato oggi dal Fondo monetario internazionale nel suo aggiornamento al World Economic Outlook. Il Pil procapite atteso per l'Italia nel 2013 è pari a 25mila euro, sotto i livelli del 2007.
Gli obiettivi di bilancio per il 2013 «sono potenzialmente a rischio», scrive S&P, per le decisioni assunte dal governo con la sospensione dell'Imu e ilrinvio del programmato aumento dell'Iva.
S&P prevede un debito pubblico al 129% del Pil alla fine dell'anno, tra i valori più alti tra i debiti sovrani presi in considerazione dell'agenzia. La bocciatura di S&P segue quella di Fitch a marzo (a BBB+). Moody's ha un rating per l'Italia a Baa2.
Fonti del Ministero del Tesoro commentano la scelta dell'agenzia Standard & Poor's di abbassare il rating dell'Italia sottolineando che si tratta di «una scelta già superata dai fatti, ha uno sguardo retrospettivo e non tiene conto delle misure più recenti prese dal Governo».

lunedì 1 luglio 2013

Ecofin: trovato l'accordo sulle regole in caso di fallimento delle banche

Beda Romano - il sole 24 ore

Bruxelles – Dopo una nuova notte di negoziati, i 27 ministri delle Finanze dell'Unione hanno finalmente trovato un accordo sulle regole da applicare in occasione della ristrutturazione o della liquidazione di una banca in crisi. L'intesa prevede che in un primo tempo azionisti, obbligazionisti e depositanti - non la mano pubblica - siano messi a contribuzione. Il compromesso dà ai governi nazionali una certa flessibilità nell'adottare le norme europee, in modo da adattarsi ai diversi mercati locali.
Secondo l'accordo, gli investitori dovranno subire una perdita dell'8% degli attivi dell'istituto di credito prima che il governo possa intervenire con il denaro pubblico per aiutare una banca in difficoltà. L'uso di un eventuale fondo statale di liquidazione bancaria sarà limitato al 5% degli attivi, mentre l'uso del Meccanismo europeo di stabilità (Esm) sarà possibile solo in precise circostanze. Nel contempo, i governi dovranno creare fondi di liquidazione bancari pari all'0,8% del totale dei depositi garantiti.
L'accordo tra i ministri delle Finanze dell'Unione è stato particolarmente difficile da trovare perché due filosofie molto diverse si sono affrontate in queste settimane. Da un lato, alcuni paesi volevano difendere l'omogeneità del mercato unico, come la Germania o l'Olanda. Dall'altro, alcuni stati membri volevano dotarsi di strumenti adatti alle specificità nazionali, come la Francia o l'Italia o anche la Spagna. La Svezia ha strappato concessioni straordinarie.
Secondo l'intesa, il governo svedese potrà mettere a contribuzione in un primo tempo il 20% degli attivi ponderati per il rischio anziché l'8% degli attivi. Nel contempo, il fondo di liquidazione svedese sarà finanziato dal 3% dei depositi garantiti (e non dell'0,8 % come per gli altri paesi). Alcuni diplomatici sostengono che dietro alla posizione tedesca ci sia stato anche il timore di creare regole troppo lasche che potessero consentire ai paesi in difficoltà di chiedere più rapidamente del necessario l'aiuto dell'Esm.
Si capirà col tempo se l'equilibrio tra regole armonizzate e flessibilità nazionali preserverà la libera concorrenza e il mercato unico. Le regole, che dovranno ora essere approvate dal Parlamento europeo, devono entrare in vigore entro il 2018. L'accordo prevede un ordine nel contributo degli investitori alla liquidazione bancaria: prima gli azionisti, poi gli obbligazionisti meno garantiti, poi quelli più garantiti, i depositi delle grandi imprese e infine i depositi non garantiti di oltre 100mila euro.
Si tratta di un "buon compromesso", ha commentato il ministro dell'Economia italiano Fabrizio Saccomanni che ha partecipato alle trattative. L'accordo "contribuisce a spezzare il circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario". E ancora: "Abbiamo costruito un sistema di tutela dei risparmiatori che combina un quadro armonizzato con la flessibilità necessaria a tener conto delle specificità nazionali». I depositi di meno di 100mila euro saranno salvaguardati.
Il ministro delle Finanze olandese e presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem ha parlato di "cambiamento importante" perché "passeremo dal denaro pubblico, quello dei contribuenti, al denaro del settore finanziario, che sarà chiamato a risolvere i propri problemi". All'inizio dell'anno, Dijsselbloem era stato aspramente criticato per aver spiegato che la ristrutturazione del sistema bancario cipriota, con perdite del settore privato, sarebbe stato un modello per il futuro.

L'accordo raggiunto nella notte, a qualche ora dall'inizio di un nuovo vertice dei capi di stato e di governo dell'Unione, è un aspetto cruciale del tentativo europeo di darsi un assetto comune in campo bancario. Giunge dopo che i 27 hanno deciso di trasferire la vigilanza creditizia dagli stati membri alla Banca centrale europea. Nelle prossime settimane, la Commissione dovrà presentare un progetto di autorità di liquidazione bancaria e regole su uno schema comune di garanzia dei depositi.