martedì 26 novembre 2013

Conto Deposito Banca Mediolanum - 3,00%

A seguito del taglio dei tassi da parte della BCE (Ricordiamo che siamo allo 0,25%), e al discorso di Mario Draghi in cui apre alla possibilità di portare i tassi in negativo (http://www.corriere.it ) abbiamo assistito ad un crollo dei rendimenti. Il BTP scadenza novembre 2014, quindi ad 1 anno rende -0,04% (http://www.rendimentobtp.it/isin/IT0004780380 ).

Nei prossimi giorni assisteremo quindi ad una discesa dei rendimenti dei conti deposito.
Banca Mediolanum fino a giovedi 28 novembre confermerà il 3,00% sui vincoli ad un anno.
Contattatemi per approfittarne
marco.dedonno@bancamediolanum.it


martedì 19 novembre 2013

Bonifico bancario: tutti i costi delle principali banche

Tra i costi fissi più importanti abbiamo il canone annuo per la gestione del conto e l'imposta di bollo prevista dalla legge. Ecco un riassunto delle principali banche

IL PREZZO DEL BONIFICO - Al momento di scegliere un conto corrente, il prezzo del bonifico bancario potrebbe essere un importante costo accessorio da valutare. Sopratutto quando si dispongono bonifici tutti i mesi per pagare utenze, affitti ed altri servizi. Per questo motivo, con l’aiuto del comparatore gratuito ed indipendente di SosTariffe.it abbiamo fatto un riassunto con i costi dei bonifici bancari previsti dalle principali banche. A voi, i risultati.

Bonifico con CheBanca!
CheBanca! offre all’utenza la possibilità di attivare un conto corrente tradizionale o un conto corrente online. I bonifici online non prevedono costi – questo vale per tutti i conti online e tradizionali – ma se si dispongono presso la filiale della banca, c’è un costo da pagare. Nel caso del Conto CheBanca! Online, il bonifico allo sportello costa 3 euro. Se invece si è titolare di un conto corrente tradizionale (Conto CheBanca in Filiale), i bonifici sono gratuiti online, presso lo sportello ed anche telefonicamente. Con CheBanca!, inoltre, è possibile approfittare dell’attuale promozione che prevede uno smartphone Nokia Lumia 520 gratis aprendo un conto corrente CheBanca!.

Bonifico con Banca Mediolanum
Con Banca Mediolanum è possibile attivare diversi conti correnti. Tra quelli più convenienti spicca Conto Corrente Freedom One, un conto con una gran operatività che prevede anche un rendimento del 3% sulle somme depositate. Con Conto Corrente Freedom One i bonifici bancari, sia online, al telefono e allo sportello, sono gratuiti. Questo conto corrente non prevede canone annuo né imposta di bollo.

Bonifico con FinecoBank
Con il conto corrente Fineco i bonifici sono gratuiti, anche in questo caso tanto online, come allo sportello o telefonicamente. Con questa banca, inoltre, potrai gestire il tuo conto corrente in maniera semplice e completa, grazie all’esclusivo strumento online di gestione conto corrente MoneyMap.

Bonifico con Banca UniCredit
Banca UniCredit prevede un’ampia gamma di conti correnti, che si adattano a tutte le esigenze dei clienti. Tra i più popolari possiamo menzionare il Conto Super Genius, che prevede bonifici online gratuiti. Eseguiti allo sportello invece i bonifici costano 4,50 euro. Il canone con Conto Super Genius è azzerabile, ed è previsto il pagamento dell’imposta di bollo (34,20 euro) a carico del cliente.

Bonifico con Banco Posta
Anche BancoPosta propone diversi conti correnti; con quello tradizionale (Conto BancoPosta) il bonifico disposto online costa 1 euro, e quello allo sportello 2,50 euro. Conto BancoPosta prevede un canone annuo di 30,99 euro e l’imposta di bollo a carico del cliente.

Bonifico con Intesa Sanpaolo
Con il conto corrente Facile di Banca Intesa Sanpaolo i bonifici online costano 1 euro, mentre quelli disposti allo sportello hanno un costo di 3,50 euro. Questi sono soltanto alcuni conti correnti delle principali banche in Italia. Per maggiori informazioni riguardo tutti i conti correnti disponibili, vi consigliamo di utilizzare il nostro comparatore gratuito.

giovedì 14 novembre 2013

Inps, l’allarme di Mastrapasqua: «Sui conti non siamo tranquilli»

IL CORRIERE

Il presidente dell’Inps: «Ho scritto ai ministri Saccomanni e Giovannini, il bilancio può dare segnali di non tranquillità»

Il disavanzo patrimoniale ed economico dell’Inps può dare segnali di non totale tranquillità. Così il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua sui dati di bilancio dell’ente che soffre dell’accorpamento con Inpdap ed Enpals. Una preoccupazione, ha spiegato Mastrapasqua nel corso di una audizione alla commissione bicamerale di controllo, di cui ha fatto partecipe il governo in una lettera.
LA LETTERA - «Ho scritto sia al ministro Saccomanni che al ministro Giovannini, come fatto con l’esecutivo precedente — ha spiegato — invitandolo a fare una riflessione su questo punto essendo il bilancio Inps ormai un bilancio unico ed essendo il disavanzo patrimoniale ed economico una cosa che, vista dall’esterno, nel mondo della previdenza, può dare segnali di non totale tranquillità».
LA COMMISSIONE - Parlando davanti alla commissione bicamerale sul controllo degli enti previdenziali, Mastrapasqua ha ribadito come «la genesi della perdita dell’Inps» derivi da «uno squilibrio imputabile essenzialmente al deficit ex Inpdap, alla forte contrazione dei contributi per blocco del turnover del pubblico impiego e al continuo aumento delle uscite per prestazioni istituzionali». L’Inps ormai accorpa anche gli ex Inpdap ed Enpals, accorpamento che, ha proseguito Mastrapasqua, «ha creato uno squilibrio di bilancio».
L’APPELLO - Il presidente dell’Istituto di previdenza ha poi lanciato un appello. Bisogna valutare «nelle sedi competenti, l’opportunità di eventuali interventi normativi, tesi a garantire l’efficiente ed efficace implementazione della più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico». Così il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, in un’audizione a San Macuto, con riferimento alla situazione ante-2008, quando lo Stato trasferiva le risorse per coprire la gestione Inpdap, in modo strutturale. Il rischio, altrimenti, è un «aumento delle passività».

martedì 12 novembre 2013

Le banche svizzere: via il segreto o conto da chiudere

corriere

ALL’ESTERO LA FIRMA DELLA CONVENZIONE PER LO SCAMBIO DI DATI IL 18 OTTOBRE

Le comunicazioni ai clienti in vista dell’entrata
in vigore del reato fiscale


MILANO - Nella battaglia contro l’evasione, chi porta i capitali all’estero, in Svizzera o in altri paradisi fiscali, è ormai accerchiato. Lo sanno bene i connazionali che hanno i conti in una banca di Lugano o Zurigo (la stima è di depositi per 120-180 miliardi di euro): in questi giorni i correntisti italiani vengono contattati dagli istituti di credito elvetici che preannunciano l’arrivo di una lettera in cui sarà sottoposta loro la scelta di chiudere il conto o di uscire dall’anonimato.
Il modo di contattare i clienti può cambiare da banca a banca e anche in relazione al Paese di residenza del correntista. Infatti la Svizzera ha già chiuso un accordo fiscale con la Gran Bretagna e un altro con l’Austria. Mentre è in trattativa con gli Stati Uniti: secondo le stime ammonterebbero a circa 200 miliardi di dollari i conti intestati a cittadini americani che sfuggono al fisco Usa. Washington vuole i nomi e sta minacciando le banche svizzere di sanzioni in caso di mancata collaborazione. Ma sul piede di guerra è anche la Germania, così come la Francia o l’Italia.
È cambiato il clima internazionale nei confronti dei paradisi fiscali, l’Ocse sta portando avanti una lotta serrata all’evasione: il segreto bancario è destinato a morire. La lotta al terrorismo e la necessità di seguire il denaro nei suoi movimenti da un lato, la crisi mondiale che ha spinto i Paesi a rivedere le proprie politiche di lotta all’evasione dall’altro, hanno portato a una forte pressione su tutti quei Paesi in cui è in vigore il segreto bancario. In Svizzera ha cominciato a venire meno da tempo, ma solo nel caso di attività criminali, come appunto terrorismo, crimine organizzato o riciclaggio di denaro. Ora siamo a una svolta perché, su pressione del Gruppo d’azione finanziaria internazionale e del G20, Berna è stata obbligata a elaborare una proposta di legge che introdurrà i reati fiscali qualificati come reati presupposto del reato di riciclaggio. Il rischio, in caso di mancato adeguamento del Paese entro il 2016, è l’inserimento nella black list con conseguente perdita di un’importante fascia di business. Le banche non hanno perso tempo e di fronte a questo aut aut hanno cominciato ad attrezzarsi e ad avvertire i propri clienti, illustrando il cambio in corso. Una volta approvata la legge, gli istituti di credito che manterranno i conti di evasori saranno perseguibili dalla procura svizzera.
Altra tappa importante è stata la firma, il 18 ottobre scorso, da parte del governo di Berna della convenzione sullo scambio spontaneo di informazioni tra autorità fiscali. Ma si tratta di una procedura lunga, perché la convenzione dovrà essere ratificata dal Parlamento elvetico e poi sottoposta, quasi sicuramente, a referendum. Gli esperti stimano che gli effetti concreti si vedranno nel giro di una decina d’anni perché necessita di ulteriori passaggi, come la definizione degli ambiti di applicazione con i diversi Stati. E non si sa quando toccherà agli accordi con l’Italia.
In attesa di un automatismo, i governi si muovono. Già nel 2011 la Gran Bretagna ha trovato un’intesa con la Svizzera: l’accordo Rubik. In cambio del mantenimento del segreto bancario per i clienti inglesi delle banche elvetiche, Londra ha ottenuto un’aliquota fiscale sui loro depositi. Ma questo «modello» sembra non soddisfare più il Tesoro britannico. L’Italia sta percorrendo un’altra strada, quella del voluntary disclosure , ovvero la possibilità di far rientrare capitali esteri illeciti frutto di evasione, senza sconti sulle imposte evase ma con la depenalizzazione. E ora che anche le banche svizzere stanno chiudendo le porte, la via d’uscita dell’auto-denuncia potrebbe diventare interessante.


giovedì 7 novembre 2013

Bce sorprende, taglia i tassi allo 0,25%

Nuovi minimi storici. Spiazzata buona parte degli investitori, che non si attendevano un taglio così presto. Euro buca $1,34.

FRANCOFORTE (WSI) - Bce sorprende il mercato riducendo i tassi allo 0,25% ai nuovi minimi storici. Spiazzata buona parte della comunità degli investitori che si attendevano un taglio, ma non così presto.

A convincere Mario Draghi sono stati probabilmente due fattori su tutti: la forza dell'euro e i crescenti timori di uno scenario deflattivo. È un messaggio chiaro e forte quello del banchiere. 

Prima della decisione la moneta unica scambiava in calo dello 0,2% a $1,3486. Dopo buca quota 1,34, attestandosi a 1,3397 dollari (-0,87%). 

Abbassando ancora i tassi già ai minimi storici la Banca centrale europea ha spiazzato gli analisti e scosso il mercato del Forex. Se da un lato, dopo l'ultimo e più marcato rallentamento dell'inflazione, gli analisti di Bank of America, Ubs ed Rbs scommettevano su una riduzione del costo del denaro già da oggi, gli strategist di Bnp Paribas, Societe Generale, JpMorgan e Scotiabank vedevano più probabile un rinvio a dicembre, quando Francoforte pubblicherà le nuove proiezioni sull'economia nel blocco a 18.

Il supereuro, la caduta dell'inflazione e la persistente stretta creditizia nell'Unione valutaria sono al centro dei lavori del direttorio della Bce iniziato stamattina.

Per ora, in assenza di segnali espliciti dell'istituzione, nella maggioranza dei casi gli analisti non prevedono variazioni sui tassi di interesse rispetto al minimo storico dello 0,50 per cento. Le ipotesi su eventuali tagli sono piuttosto su dicembre, ma non sono escluse novità su liquidità supplementari al sistema economico.

L'annuncio sui tassi di interesse è atteso allo 13 e 45. Alle 14 e 30 il presidente Mario Draghiterrà la consueta conferenza stampa esplicativa, in cui solitamente vengono annunciate eventuali ulteriori decisioni operative.

Intanto negli ultimi giorni le pressioni sulla Bce si sono decisamente accresciute. Soprattutto dopo che lo scorso 31 ottobre i dati Eurostat hanno riservato una doppia doccia fredda alle speranze di ripresa dell'area euro. Da un lato l'inflazione ha accusato una moderazione ben più marcata del previsto, finendo sotto allo 0,7 per cento su base annua, un vero e proprio collasso con cui è tornata ai minimi dal 2009 , quando si era in piena recessione globale nel dopo crisi finanziaria del 2007-2008. Dall'altro la disoccupazione è rimasta inchiodata al massimo storico del 12, per cento.

Difficile quindi poter contare in energici contributi della domanda interna alla ripresa di Eurolandia. E al tempo stesso anche il canale estero sembra compromesso rispetto a qualche mese fa. Perché l'euro ha registrato una vera e propria impennata, fino a toccare 1,38 dollari di recente. Proprio le recenti attese di una reazione della Bce a questi sviluppi - assieme ad un ridimensionamento specularmente delle previsioni di linea soft della Federal Reserve negli Usa - hanno favorito una modesta retromarcia della valuta, che da ieri si è stabilizzata attorno a 1,35 dollari. 

Anche così, però, l'euro resta di quasi il 6 per cento più alto rispetto al minimo toccato sul dollaro nel luglio scorso. E un rafforzamento valutario è proprio quello che non ci voleva in una fase in cui l'Unione valutaria sta faticosamente cercando di ritrovare crescita, dopo una lunga fase di ricaduta in recessione. 

In questi giorni alla Bce, direttamente o meno, sono giunti richiami o sollecitazioni tanto autorevoli quanto inconsueti. Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, già direttore generale della Banca d'Italia quando governatore era ancora Draghi, ha messo in guardia da un euro che sui mercati "oggi è la valuta più forte del mondo, rispetto al dollaro, il renmimbi, la sterlina e il franco svizzero". E il commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn, ha puntato il dito sul fatto che ormai l'inflazione è "chiaramente al di sotto dei livelli obiettivo della Bce", salvo poi puntualizzare di non voler prevaricare l'autonomia della Bce.

L'Eurotower ha il mandato istituzionale a garantire la stabilità dei prezzi. Che in tempi normali significa evitare che l'inflazione salga troppo. Ma in tempi difficili, come restano quelli attuali, può anche voler dire evitare che il caro vita cali troppo. Perché secondo la teoria economica dominante, l'assenza di inflazione, o peggio ancora la deflazione, mina il fatturato delle aziende e in questo modo le loro capacità di investire e creare occupazione. In pratica rischia di soffocare l'economia. Tanto che l'obiettivo ufficiale dell'istituzione di Francoforte è di una crescita dei prezzi al consumo che su 18 mesi circa di media si mantenga "inferiore ma prossima al 2 per cento su base annua".

Quando vuole contrastare le spinte al rialzo dell'inflazione una banca centrale tende ad alzare i tassi di interesse. Quando invece consumi e salari languono, allora può cercare di stimolare la domanda abbassando i tassi. Certo il margine di intervento della Bce in questa direzione è ormai ridotto a solo mezzo punto percentuale. D'altronde negli Usa la Fed ha tenuto i tassi a zero fin dalla recessione del 2009.

Posto che nell'era Draghi non si possono escludere sorprese, difficilmente però oggi verranno effettuate modifiche sul costo del danaro che prenderebbero il mercato in contropiede. Ieri i dati definitivi sulle indagini dell'attività delle imprese hanno in parte ridimensionato la portata del rallentamento segnato ad ottobre. Inoltre a dicembre il direttorio avrà un quadro più completo in base al quale prendere decisioni, con le previsioni aggiornate del proprio centro studi interno su crescita e inflazione.

Qualche novità invece si potrebbe avere sulle liquidità alle banche. Da tempo circola l'ipotesi di effettuare una nuova sta di rifinanziamenti agevolati di lungo termine (Ltro). E le ultime indagini della stessa Bce hanno evidenziato il protrarsi di difficoltà nell'approvvigionamento di credito bancario per l'economia reale. (TMNEWS)

Niente più spese per spostare il conto corrente

dal il corriere

Nella bozza del Ddl collegato alla Legge di stabilità esclusi anche costi produzione e invio ultimo estratto conto

Il presidente del Consiglio, Enrico Letta (Ansa)Il presidente del Consiglio, Enrico Letta (Ansa)
Il trasferimento di un conto corrente bancario deve avvenire «senza spese aggiuntive di qualsiasi origine e natura» a carico del cliente. È questa una delle novità previste, tra le altre, nella bozza del ddl collegato alla Legge Stabilità che rafforza così il Decreto Bersani escludendo inoltre costi di produzione e invio dell’ultimo estratto conto. La bozza è costituita da 16 articoli e si intitola «Ddl concernente disposizioni in materia di sviluppo economico e semplificazione».
«NON È COME UNA FINANZIARIA» - «La legge di stabilità non è come la vecchia finanziaria, non è l’unico veicolo in cui far viaggiare le nostre proposte per la crescita; la legge di stabilità ha un contenuto più limitato», ha commentato Enrico Letta parlando ai parlamentari del Pd della Legge di Stabilità. Letta ha inoltre aggiunto: «Scorciatoie e scelte avventate non sarebbero da persone serie. L’esempio è quello di chi fa la trasvolata atlantica: siamo sopra l’Atlantico, non vediamo i grattacieli, ma la direzione è giusta».
POLITICA INDUSTRIALE - Nel documento si fa riferimento anche a «un programma nazionale di politica industriale» che il governo è chiamato a presentare il 30 giugno di ogni anno e alla necessità di favorire «la digitalizzazione dei processi aziendali e l’ammodernamento tecnologico» per cui le micro, piccole e medie imprese «possono accedere a finanziamenti a fondo perduto, tramite voucher di importo non superiore a 10.000 euro». E’ stato poi previsto un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, per un valore complessivo di 200 mila euro per ciascuno dei periodi di imposta considerati».
TAGLIO BOLLETTE - La bozza contiene poi la misura taglia-bollette relativa agli incentivi sulle rinnovabili di cui si parla da tempo. Il ddl prevede che il Gse ricorra a una raccolta di risorse sul mercato finanziario che consentirebbe di «spalmare» gli incentivi che gravano in bolletta riducendone il peso nei prossimi anni e incrementandolo nel lungo termine. «Ipotizzando che si ricorra al mercato finanziario per 2 miliardi l’anno - si legge nella Relazione illustrativa - si potrebbe ottenere una riduzione del peso degli oneri sulle tariffe del 15-20% negli stessi anni».
CRISI DELL’EDITORIA - E’ stato inoltre previsto un pacchetto di norme in larga misure ordinamentali, finalizzata al contrastare la grave crisi del comparto dell’editoria. Tra queste la proroga al 31 dicembre 2016 del sistema delle tariffe postali massime e l’estensione dell’aliquota Iva ridotta dl 10% per i canoni di abbonamento alle testate giornalistiche tematiche in regola con la legge sulla stampa.
 (modifica il 07 novembre 2013)

La Svizzera veste i panni di Robin Hood: prelievo forzoso sui ricchi per aiutare i disoccupati

di Vito Lops

Chissà chi tra John Maynard Keynes (favorevole al capitalismo ma con lo Stato in panchina pronto a intervenire per correggere le distorsioni dei mercati) e Friedrich Von Hayek (lo Stato deve essere ridotto al lumicino perché i mercati se lasciati da soli sono efficienti) sarebbe contento nel conoscere l'ultima trovata che arriva dalla piccola Svizzera. Dal 2014 entrerà nei 26 cantoni del Paese elvetico una riforma che promette di far discutere anche altrove. Dal prossimo gennaio partirà il prelievo forzoso dell'1% sui redditi superiori a 250mila euro. L'obiettivo è cercare di rifinanziare il fondo che funge da ammortizzare per i disoccupati che in questo momento naviga a vista, con un buco da 4 miliardi.
Il Governo punta a riportare i conti in ordine del fondo assicurativo a tutela dei "senza lavoro" nel giro dei prossimi 15 anni. E per questo chiede una mano ai ricchi. Una politica opposta al trickle-down (mettere i ricchi nelle condizioni di fare più utili perché poi questi a cascata arriveranno anche ai più poveri) tipica dell'impostazione economica neo-liberale.
Il fondo assicurativo ha incrementato il passivo negli ultimi anni, complice l'aumento del tasso di disoccupazione che attualmente viaggia al 3%. Un tasso straordinariamente basso se confrontato con il 12% italiano ed europeo ma oltre tre volte superiore rispetto al tasso a cui gli svizzeri sono stati abituati prima della crisi degli anni '90 (inferiore all'1%). Dopodiché ha raggiunto il record al 5,7% (1997). È poi tornato a scendere vigorosamente abbassandosi fino all'1,7% a gennaio del 2001 per avere due picchi al 4% (nel 2004 e nel 2010) fino ad assestarsi in area 3%. In ogni caso, per quanto possa sembrare un tasso paradisiaco per molti Stati, il numero dei disoccupati in Svizzera negli ultimi anni è stato più alto di quanto previsto creando un buco al fondo. E adesso lo Stato chiede una mano ai ricchi per riportare i conti in ordine e, allo stesso tempo, garantire la pace sociale.
Tornando al primo quesito, se siete indecisi tra Keynes e Von Hayek pensate a Robin Hood. Lui sì che sarebbe contento nel leggere notizie del genere.

mercoledì 6 novembre 2013

Banche italiane piene di Btp, vicine al punto di saturazione

WSI
Due anni passati a comprare bond governativi. Tesoro deve trovare investitori alternativi a casa e all'estero per rifinanziare il suo enorme debito.

ROMA (WSI) - Dopo due anni trascorsi a comprare bond governativi, le banche italiane hanno raggiunto un punto di saturazione. Il Tesoro ora deve trovare investitori alternativi a casa e all'estero se vuole rifinanziare il suo enorme debito da oltre 2 mila miliardi di euro.

La capacità degli istituti di acquistare altro debito sovrano, riferisce Reuters in un articolo di approfondimento sulla questione, dipenderà in gran parte dalla Bce, secondo cui il buono stato di salute dell'Italia sia cruciale per il destino dell'intera area euro

Da novembre e per tutto l'anno prossimo la Bce condurrà test molto severi dei bilanci degli istituti finanziari del blocco a 18, passando sotto esame anche quelli di 15 banche italiane. 

Mario Draghi dovrà anche decidere se continuare con il programma LTRO, che prevede la concessione di miliardi di euro di prestiti a tassi vantaggiosi per tre anni, che le banche si sono finora limitate a usare per accumulare bond governativi nazionali anziché rigirarli nell'economia reale, facilitando i prestiti a imprese e famiglie. I contratti scadono a inizio 2015

Gli eventi sopra citati determineranno quanto ancora le banche possono continuare a sostenere il Tesoro mostrando fiducia nella solvibilità del debito nazionale, operazioni che si sono rivelate fondamentali quando la terza economia dell'Eurozona è finita sull'orlo di una crisi "greca" a fine 2011. 

La fuga degli investitori è ancora un rischio presente. La Bce ha fatto sapere che Roma deve risolvare i suoi problemi economici annosi e abbattere il debito e che le sue decisioni sono di importanza capitale essendo il suo destino "legate a doppio filo al destino dell'Eurozona", come ha ricordato il mese scorso il membro del consiglio direttivo di Francoforte Joerg Asmussen.

"Il futuro dell'area euro non sarà deciso a Parigi e Berlino o a Francoforte e Bruxelles, bensì a Roma".

Le banche italiane hanno approfittato dei soldi a tassi favorevoli ottenuti dai programmi Ltro per riempirsi le pance di Btp ad alti rendimenti, aumentando i livelli di profitti che erano calati di molto durante l'apice della fase di recessione. 

In agosto detenevano Bond governativi per 397 miliardi di euro, contro i 402 miliardi di euro record di giugno.

Si tratta di una cifra pari al doppio di quella posseduta alla fine del 2011. Ciò significa, riporta sempre Reuters, che hanno utilizzato gran parte dei 255 miliardi ottenuti in prestito dalla Bce nel 2011 e 2012 per accumulare titoli di Stato. 

Il Tesoro dovrà trovare presto degli investitori alternativi a casa e all'estero se vorrà rifinanziare il suo enorme debito. Secondo gli analisti di Prometia, Roma emetterà 65 miliardi di euro nel 2014 e le banche difficilmente potranno assorbire una tale quantità di Btp.

lunedì 4 novembre 2013

Anche Fmi attacca Germania: troppe esportazioni a danno dell'Europa

WSI
Un appello alla cancelliera Angela Merkel affinché aiuti i partner dell'Eurozona a tagliare i loro deficit.

NEW YORK (WSI) - La prima strigliata è arrivata dagli Stati Uniti, che hanno attaccato senza tanti giri di parole la Germania, accusando il paese di esportare deflazione nel mondo. Immediata la reazione di Berlino, che ha definito le accuse "incomprensibili".

Gli Usa, però, non sono a quanto pare gli unici che criticano le politiche economiche tedesche, visto che, stando a quanto riporta Der Spiegel, al rimprovero americano è seguito quello del Fondo Monetario Internazionale, che ha chiesto alla Germania di ridurre il surplus della bilancia commerciale.

Il vice direttore del Fmi, David Lipton, avrebbe già fatto queste raccomandazioni a persone vicine al ministro delle finanze 
Wolfgang Schaeuble

Un appello al governo della cancelliera Angela Merkel perchè riduca il surplus di esportazioni a "un tasso appropriato", al fine di aiutare i partner dell'Eurozona a tagliare i loro deficit. 

"Un surplus di bilancio delle partite correnti significativamente minore sarebbe utile - ha detto Lipton, stando a quanto riporta anche il sito La prima strigliata è arrivata dagli Bloomberg, in un discorso proferito all'American Academy di Berlino. Tagliare i deficit in eccesso, nell'Eurozona, "semplicemente non potrà verificarsi a meno che non scenderanno anche i surplus".