martedì 24 novembre 2015

Lire, Consulta riapre al cambio con Euro bloccato da governo Monti: Banca d’Italia non è ancora pronta


Pubblicato il 7 nov 2015 - 12:31pm di Ubaldo Cricchi

La Consulta ha deciso di rendere ancora possibile il cambio delle lire in Euro: chi a casa ha ancora qualche banconota del vecchio conio può portarle presso gli sportelli della Banca d’Italia per ottenere il corrispettivo in Euro. Nel 2002 lamoneta unica sostituì le lire in modo definitivo dopo un breve periodo di convivenza.

Il passaggio dalle lire all’Euro e il blocco del cambio anticipato dal governo Monti

Fu un passaggio epocale, ma anche un evento traumatico per coloro che per gran parte della loro vita avevano imparato a fare i conti in lire: chi ha qualche annetto si ricorderà senza dubbio il continuo ricorso a delle speciali calcolatrici, gli euroconvertitori, oppure quelle pubblicità che per insegnare le persone a quantificare le cifre in euro consigliavano di fare dei calcoli del tipo “raddoppi la cifra e ci metti tre zeri”. Dal giorno in cui l’Euro sostituì le lire in modo permanente vennero dati agli italiani dieci anni di tempo (che sarebbero scaduti il 28 febbraio del 2012) per cambiare tutte le lire che possedevano in Euro. Da quella data le monete e le banconote del vecchio conio sarebbero di fatto diventate inutili; il governo Monti, in un periodo di piena crisi, decise di anticipare il blocco del cambio di tre mesi. La Corte Costituzionale ha però deciso di cancellare questa prescrizione, e dal 6 Novembre 2015 (in teoria) sarà nuovamente possibile cambiare le lire in Euro.
Questa riapertura al cambio si è resa necessaria perché secondo le statistiche non sono state convertite lire per un totale che ammonta a circa due miliardi di euro. Un vero e proprio tesoro: sono evidentemente tantissimi gli italiani che nelle loro case hanno ancora qualche somma in lire. Alcuni di loro hanno deliberatamente scelto di conservare qualche moneta o qualche banconota per ricordo o collezionismo, mentre altri semplicemente non si ricordavano di possederne.

La decisione della Consulta, Banca d’Italia non pronta

Secondo alcune segnalazioni rese note dalle associazioni dei consumatori, in alcuni casi i tesori perduti non di limitavano a qualche spicciolo, ma arrivavano addirittura a milioni di lire. Nel novembre del 2011 il governo Monti decise di anticipare di qualche mese il blocco del cambio previsto, come abbiamo detto prima, il 28 febbraio dell’anno successivo. Questa prescrizione anticipata è stata definita incostituzionale dalla Consulta: in pratica le lire non cambiate, invece di finire nelle tasche dei cittadini che le detenevano legittimamente, sono andate ad arricchire le casse dello Stato. Il tutto sempre nell’ottica dei sacrifici a cui gli italiani dovevano andare incontro per affrontare la crisi che in quel periodo era particolarmente pesante.
I tre mesi “rubati” dal governo Monti saranno recuperati. Chi ha ancora banconote (per le monete non c’è più nulla da fare) delle vecchie lire potrà cambiarle in Euro esattamente con la stessa procedura prevista quattro anni fa: bisogna presentarsi ad uno sportello della Banca d’Italia con la somma in lire e chiederne il cambio in Euro. Ma dalla Banca d’Italia stessa fanno sapere che in questo momento non sono in grado di procede con il cambio, e che si stanno studiando le soluzioni per rispettare la decisione della Consulta: la finestra riparatrice di tre mesi per la conversione dovrà essere stabilita in tempi brevi. Grazie alla decisione della Corte Costituzionale alcuni distrattoni che hanno scoperto dopo il blocco di Monti di avere un tesoro in lire hanno un’altra opportunità di recuperare i loro soldi: la caccia alle lire dentro casa è iniziata!

Carige sospende pagamento interessi su bond perpetui

Mirco Galbusera

Niente cedola per i bond perpetui Carige 8.338% (XS0400411681). Gli interessi sui titoli sono sospesi a causa delle difficoltà dell'istituto


Banca CARIGE comunica che a seguito della decisione della Banca Centrale Europea del 10 marzo 2015 che inibisce il pagamento di dividendi, ai sensi della Condizione 5(b) dei Titoli, alla Data di Pagamento Interessi che cade il 4 dicembre 2015 Banca CARIGE non pagherà interessi sui Titoli "€160,000,000 8.338 PER CENT. PERPETUAL SUBORDINATED FIXED/FLOATING RATE NOTES" (ISIN XS0400411681 ), ed il diritto dei portatori dei Titoli a ricevere tali importi sarà pertanto interamente ed irrevocabilmente cancellato e rinunciato. Il presente avviso è stato pubblicato in conformità alla Condizione 15 dei Titoli. Si tratta di obbligazioni emesse nel dicembre 2008 a tasso d'interesse misto, fisso fino al 4 dicembre 2018 (escluso) e dunque a tasso variabile. Per il primo periodo la cedola fissa sarebbe dovuta essere all'8,338% e per il secondo sarebbe prevista all'Euribor trimestrale più 550 punti base (ossia l'Euribor3M+5,5%

Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife: investitori infuriati, allo studio una class action

http://www.investireoggi.it/obbligazioni/banca-marche-etruria-carichieti-e-carife-investitori-infuriati-allo-studio-una-class-action/
Mirco Galbusera

Azionisti e obbligazionisti si stanno rivolgendo a studi legali nel tentativo di recuperare gli investimenti. Cosa c'è da sapere

Investitori e risparmiatori sono sul piede di guerra. Il giorno dopo l’approvazione del decreto “salva banche”da parte del governo, non si placano gli animi di azionisti e obbligazionisti che dalla sera alla mattina si sono visti azzerare il valore dei propri investimenti nei quattro istituti bancari da tempo in amministrazione straordinaria (Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife). Come noto, il decreto del governo ha permesso il salvataggio delle banche, imponendo però agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati (cioè quelli meno garantiti) di partecipare al salvataggio tramite l’azzeramento del valore dei loro strumenti finanziari. Un colpo di mano a tutti gli effetti che somiglia tanto a quanto avvenuto in Olanda nel 2013 con SNS Bank e che si pensava che in Italia non potesse accadere. Ma a mali estremi, estremi rimedi. E per evitare l’applicazione della normativa sul "bail in" bancario dal 1 gennaio 2016 che avrebbe coinvolto inevitabilmente anche gli obbligazionisti senior e i correntisti, il governo ha scelto la via del male minore chiedendo altresì al sistema bancario di sostenere l’operazione di salvataggio degli istituti di credito. Una operazione affrettata e che, alla fine – secondo gli investitori - ha creato danni enormi più grandi che se fosse stata applicata la legge sul bail in bancario fra qualche mese:  sono infatti stati preservati interessi di parte (depositi, conti correnti superiori a 100.000 euro e obbligazionisti senior, oltre a qualche poltrona che fa comodo all’entourage politico e al potere bancario nazionale che presto o tardi si approprierà delle banche salvate, ora in bonis) a discapito di tanti, forse troppi piccoli investitori.
Azionisti e obbligazionisti pronti a intraprendere una class action
Ma cosa si può fare di fronte a simili episodi di ingiustizia? Come può essere tutelato il risparmio a norma della Costituzione se poi chi fa le leggi non rispetta nemmeno i principi fondamentali del diritto? A differenza che in passato oggi vi è uno strumento di difesa nuovo, la class action, cioè un’azione collettiva che può essere promossa da uno o più consumatori/risparmiatori. La class action è sicuramente più incisiva di un ricorso individuale, tuttavia bisogna vedere se vi sono i presupposti per esercitarla trascinando lo Stato e le banche davanti a un tribunale. Per saperlo, InvestireOggi.it ha chiesto parere ai legali specializzati Luca Dezzani e Davide Contini dello Studio Legale Grimaldi che già segue gli obbligazionisti di SNS Bank e altri importanti casi a tutela del risparmio.
Ci sono – secondo Voi - possibilità sotto il profilo giuridico che gli azionisti e gli obbligazionisti delle quattro banche coinvolte recuperino almeno in parte i loro investimenti?
“Si tratta di una procedura di stampo europeo mai adottata prima in Italia; ci sono ancora profili che richiedono uno studio approfondito perché anche il diritto si base su principi che non sono solo costituzionali, ma fisici, per cui è il caso di dire che nulla si crea e nulla si distrugge. Ci troviamo di fronte ad una scelta del legislatore che andrà verificata alla base di questo stesso principio: difficile ritenere che si possano azzerare delle azioni e delle obbligazioni mentre il valore reale delle aziende bancarie viene creato e ripartito a favore di più società (di nuova costituzione) in cui non partecipano i medesimi azionisti e bondholders”.
Ma la soluzione adottata dal governo è stata sostenuta da più parti essendo l’unica che poteva assicurare la continuità operativa delle banche e il loro risanamento. Voi che opinione avete al riguardo?
“Si tratta di una soluzione tecnica con implicazioni di ogni genere, da quelle di diritto comune a quelle costituzionali sino a quelle sovracostituzionali. A poche ore dall’adozione del DL si può solo dire che il passo del Governo è meritevole di sostegno per l’obiettivo di risanamento, ma le modalità tecniche sono tutte da studiare in quanto le misure adottate hanno inciso su beni di proprietà di terzi, e, si noti, non solo azioni ma obbligazioni bancarie che tradizionalmente, soprattutto i consumatori, hanno sempre vissuto come un approdo sicuro. Peraltro, obbligazioni che nella maggior parte dei casi sono state collocate dalle medesime banche di fiducia della clientela. E’ indubbio che questo aspetto, unitamente ad altri, potrebbe aprire il varco ad azioni di risarcimento da parte degli investitori sul mercato primario. C’è poi il mercato secondario che ha scambiato i titoli sino a poche ore prima dell'introduzione del decreto legge; anche questo è un aspetto non trascurabile”.
E’ giusto dire che il modello di soluzione adottato comporta la spoliazione delle banche originarie a favore delle nuove banche (good-bank) e della stessa bad-bank?
“Da una prima lettura del provvedimento sembra che gli asset delle vecchie banche vengano trasferiti alle nuove entità societarie senza riconoscere alcun ritorno alle vecchie banche; inoltre i crediti in sofferenza verrebbero trasferiti nella bad-bank la quale li deve realizzare nel più breve tempo possibile a prezzi di super saldo (17% del loro valore!), anche qui senza alcun riconoscimento alle vecchie banche e quindi ai vecchi azionisti e bondholders. Esiste il rischio concreto che questi ultimi possano  lamentare di essere stati penalizzati. Se si vuole fare un paragone con il caso SNS, lo Stato Olandese aveva espropriato i titoli, mentre l’Italia ha seguito un percorso di trasferimento degli asset che, a livello formale, appare conforme alla procedura di risoluzione UE. Il punto decisivo, data anche l’assoluta novità del caso, sarà vedere la congruità dei valori che poi, in definitiva, è il medesimo percorso giudiziario che i Giudici Olandesi stanno seguendo per accertare la sussistenza di una danno risarcibile a favore dei bondholders di SNS.

Ok al salvataggio: nasce «Nuova Banca Marche». Azzerato il valore delle azioni

http://www.ilrestodelcarlino.it/macerata/salvataggio-banca-marche-1.1510859

Via libera del governo al piano da 3,6 miliardi per i quattro istituti di credito commissariati. Salvi i correntisti


Macerata, 22 novembre 2015 - Via libera del governo al salvataggio di Banca Marche. Le perdite cadono però su azionisti e obbligazionisti subordinati: il valore dei titoli è stato azzerato. L’istituto di credito commissariato (comeCariFerrara, Banca Etruria e CariChieti) potrà continuare ad operare. Per le quattro banche è stato previsto un intervento da 3,6 miliardi di euro interamente a carico del sistema bancario; gli istituti verranno liberati dai crediti in sofferenza e aggiungeranno il prefisso «nuovo» al proprio nome. Poi verranno traghettati verso la cessione nel minor tempo possibile «al fine di massimizzare il prezzo di vendita». Nasce così «Nuova Banca Marche».
Il consiglio dei ministri, convocato in via eccezionale di domenica pomeriggio, ha dato il via libera al decreto legge per la risoluzione dei quattro istituti, con un provvedimento che, sottolinea il governo, «consente di dare continuità all’attività creditizia - e ai rapporti di lavoro - tutelando pienamente i correntisti» e, soprattutto, «non prevede alcuna forma di finanziamento o supporto pubblico alle banche in risoluzione o al Fondo nazionale di risoluzione» ed esclude «il ricorso al bail in», ovvero al salvataggio delle banche in difficoltà con i fondi di azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100.000 euro.
L’operazione è stata oggetto di un lungo braccio di ferro con l’Unione Europea, che ha sempre visto il ricorso al fondo interbancario per la tutela dei depositi come una forma di aiuto di Stato. Oggi invece il governo incassa il via libera all’operazione che, spiega il commissario Ue Margrethe Verstager, «riduce al minimo l’uso dei fondi pubblici e le distorsioni della concorrenza». Il fondo di risoluzione, spiega Bruxelles in una nota, erogherà 3,6 miliardi di euro alle banche ponte, per capitalizzarle e per coprire la differenza negativa fra gli attivi trasferiti e le passività: i costi dell’operazione sono così interamente a carico del sistema bancario, che potrà tuttavia recuperarli con il perfezionamento dell’operazione nei prossimi mesi, tramite il recupero crediti, la cessione delle banche salvate o di parte di asset delle stesse a terzi interessati, che adesso potranno rilevare attività sanate dai crediti deteriorati.
Le 4 nuove banche ‘buone’ saranno provvisoriamente gestite, sotto la supervisione dell’Unità di Risoluzione di Bankitalia, da amministratori da questa designati: in tutti e quattro i casi la carica di presidente è rivestita da Roberto Nicastro, ex direttore generale di Unicredit. I crediti in sofferenza di tutte le quattro banche verranno invece trasferiti a una unica bad bank, con il fondo di risoluzione che garantirà questa misura concernente gli attivi deteriorati rafforzando ulteriormente i bilanci delle banche ponte.
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venerdì 16 ottobre 2015

BAIL-IN (fallimento ordinato delle banche). Primo caso in ITALIA?

Banca Marche, Moody's avverte: rischi
per chi ha obbligazioni non garantite


ANCONA - Un percorso con altri ostacoli e con possibili imprevisti. L'intervento del Fondo Interbancario Tutela Depositi a salvataggio di Banca Marche potrebbe comunque provocare per i possessori di obbligazioni junior (non garantiti) delle perdite nel caso in cui la Ue dovesse considerare la misura contraria alle regole sugli aiuti di stato.

È quanto scrive Moody's in un rapporto dove ricorda come la Commissione Ue stia esaminando il caso simile della Banca Tercas, salvata dall'Ftid e poi passata sotto la Popolare di Bari. Nel caso in cui Bruxelles dovesse rilevare come il fondo (che pure è alimentato con fondi privati di 300 banche italiane) abbia ecceduto i propri compiti di tutela dei depositi provocando all'istituto di credito un vantaggio, allora i possessori di obbligazioni potrebbero dover sopportare delle perdite.

Delle 14 banche commissariate, spiega Moody's, 7 fra cui banca Marche (le restanti sono Bcc) potrebbero dover considerare delle perdite per gli obbligazionisti junior nel caso di parere negativo della Ue. Se inoltre il salvataggio si verificherà nel 2016 o se il capitale scenderà sotto i livelli minimi il prossimo anno allora tutti gli obbligazionisti e depositanti non garantiti ricadrebbero sotto le regole della direttiva Brrd che prevede il bail in, ovvero la compartecipazione alle perdite di questi soggetti.

L'intervento di Fitd su banca Marche, di cui ancora non si conosce l'entità, è soggetto all'approvazione della autorità italiane ed europee e al recepimento in Italia della direttiva Brrd.
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martedì 13 ottobre 2015

Stabilità, Renzi: tetto utilizzo contanti salirà a 3.000 euro

ROMA (Reuters) - Nella legge di Stabilità il governo porterà a 3.000 euro il tetto di utilizzo dei contanti, ha detto stamani il presidente del Consiglio Matteo Renzi.
"Per il prossimo anno una delle cose che proporremo al Parlamento sarà di riportare i livelli di contante alla media europea ... a 3.000 euro (dal limite di 1.000 introdotto dal governo Monti), un piccolo gesto per incoraggiare i consumi", ha detto Renzi in un'intervista radiofonica con Rtl.
Il premier ha poi precisato che la misura sarà introdotta nella legge di Stabilità, che il governo presenterà il 15 ottobre.
(Antonella Cinelli)

Il paradiso fiscale Italiano

Fino a quando durerà?


mercoledì 16 settembre 2015

Crisi bancarie: i tuoi soldi sono al sicuro?

Ora che le nuove regole per il salvataggio delle banche sono diventate operative (01/01/2016), scopriamo se i nostri soldi sono al sicuro.
allego questa pagina di MF in cui si evince che anche i conti correnti, i conti deposito e gli assegni circolari oltre i 100 mila euro possono essere coinvolti.



Finalmente le Banche tornano ad erogare


martedì 12 maggio 2015

Tasso sul Bund +1.300% in un mese, rimbalzano euro e petrolio, Borse giù. Cosa si è rotto nell’ingranaggio dei mercati

Il 17 aprile i tassi del Bund a 10 anni viaggiavano allo 0,049%. Questa mattina lo stesso titolo ha un rendimento dello 0,7 per cento. Fa già abbastanza effetto pur essendo nell’orbita di decimali. Fa certamente più effetto se si trasforma questa variazione in termini percentuali: +1.328%. In quattro settimane i tassi del Bund tedesco sono letteralmente volati. I fatti provano in modo eclatante che ha senz’altro visto giusto il gestore Bill Gross, quando il 21 aprile, twittava: «Il Bund è l'occasione di uno short (ribasso) che capita una sola volta nella vita».
Non c’è solo il Bund tedesco che ha fatto fuoco e fiamme nell’ultimo mese. A metà aprile il petrolio Brent quotava 57 dollari al barile. In poche sedute è balzato a 67 dollari, tornando a sfiorare il livello dei 70 dollari, segnando una progressione del 17 per cento.

Se osserviamo il mercato delle valute notiamo una dinamica simile sul cambio euro/dollaro. A metà aprile era a 1,05. Da allora è balzato fino a sfiorare 1,14 dollari segnando un picco di periodo dell’8,5 per cento.
E le Borse? Nell’ultimo mese il DAX 30 di Francoforte è passato da 12.374 punti (massimo di tutti i tempi) a 11.327 accusando un ribasso dell’8,5%, spettacolarmente speculare al rialzo dell’euro sul dollaro. Andamento simile per il FTSE MIB di Piazza Affari che, dopo aver superato i 24mila punti è tornato sotto i 23mila segnando un ribasso del 5 per cento.
Titoli di Stato, petrolio, borse e valute. Molto semplice dinanzi a questi numeri sostenere che siano correlati, come il perfetto marchingegno di un orologio a cucu. Non appena si muove un ingranaggio, a ruota si muovono anche gli altri.
Scolastico quello che sta accadendo oggi. Borse europee giù, euro in forte recupero sul dollaro, forti vendite sul Bund. E il petrolio? In rialzo del 2 per cento.
Più difficile è certamente capire se sia nato prima l’uovo o la gallina, ovvero se nell’ultimo periodo sia stata la discesa del Bund tedesco (dei prezzi ma non dei tassi che si muovono al rialzo in caso di vendite) ad innescare gli acquisti sull’euro, le vendite sul dollaro e gli acquisti sul petrolio quotato in dollari.
Oppure tutto è partito dal prezzo del petrolio? Anche questa è una ipotesi che potrebbe stare in piedi. Del resto il greggio nasconde dietro di sé un fortissimo potere, più potente persino delle manovre delle banche centrali: quello di influenzare direttamente e in modo piuttosto rapido il tasso di inflazione. Se mezzo mondo è in deflazione o in un regime di bassa inflazione, lo si deve anche alla spettacolare caduta del petrolio, che un anno fa viaggiava a 100 dollari, adesso è a 65 ma nei primi mesi dell’anno è arrivato fino a 40.Le banche centrali orientano le politiche monetarie per controllare il tasso di inflazione e possono cercare di controllare l’andamento dell’inflazione provando a controllare il cambio, svalutandolo quando hanno bisogno di sostenere l’economia o rivalutandolo quando hanno paura di un eccessivo surriscaldamento dell’economia, e quindi dell’inflazione. Per farlo le banche centrali possono manovrare i tassi di interesse e, solitamente, quando questi sono già stati portati allo stremo (cioè a 0) ricorrono per espandare ulteriormente l’economia e svalutare la propria moneta a manovre di quantitative easing, attraverso le quali immettono moneta acquistando titoli di Stato. È quello che ha fatto la Fed dal 2009 al 2014, ed è quello che ha iniziato da poco a fare la Bce (dal 9 marzo). Non è un caso che nel primo trimestre dell’anno il “Qe” della Bce (già incamerato nelle aspettative a gennaio) abbia prodotto effetti immediati: di Vito Lops - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/Plfvoa

venerdì 24 aprile 2015

In Austria il primo fallimento pilotato di una banca: per Hypo Alpe pagheranno anche i creditori

repubblica.it

La bad bank dell'istituto nazionalizzato nel 2009 non riesce a far fronte alle esigenze: deve fare emergere perdite per 8,7 miliardi. Significa che si congelano i pagamenti, a rimetterci saranno anche i detentori dei bond


MILANO - Il ministero delle finanze austriaco ha deciso di non supportare la bad bank Heta dell'istituto di credito Hypo Alpe Adria dopo che questa ha dovuto far emergere perdite di 8,7 miliardi di euro. E' quanto informa la Bloomberg, secondo cui si applicheranno così per la prima volta le regole europee del 'bail in' che impongono perdite anche ai creditori.

In particolare l'autorità di vigilanza austriaca Fma ha ordinato una moratoria dei debiti della Heta fino al 31 maggio 2016. L'Heta, la band bank dell'istituto Hipo Alpe-Adria finito in gravi difficoltà finanziarie, ha un bond da 450 milioni in scadenza venerdì e uno da 500 il 20 marzo. Questi rimborsi non saranno rispettati,  La Heta ha già presentato un conto da 5,5 miliardi ai cittadini austriaci, ma ne avrebbe avuti bisogno altri 7,6 miliardi oltre a quelli.

Il ministro delle Finanze ha spiegato che la decisione è stata presa dopo i primi risultati di un'analisi degli asset della banca. La Hypo Alpe Adria era stata nazionalizzata nel 2009, dopo che aveva realizzato insopportabili svalutazioni su crediti di cattiva qualità nei Balcani. Le autorità di Vienna hanno informato che rispetteranno le garanzie per 1 miliardo di euro su un debito subordinato emesso da Heta nel 2012.

Visco: "I clienti pagheranno i salvataggi delle banche, vanno informati"

da: Repubblica.it

Il governatore di Bankitalia interviene al Senato e rassicura sulla condizioni dell'economia il cui miglioramento "si sta riflettendo positivamente sulle condizioni delle banche", ma mette in guardia sul futuro


MILANO - La notizia positiva è che il miglioramento delle condizioni dell'economia e dei mercati, "si sta riflettendo positivamente sulle condizioni delle banche". Quella negativa è

che "i tempi per l'adozione degli strumenti contro la crisi sono ancora troppo lunghi". Almeno per il governatore di Bankitalia che in audizione al Senato ha spiegato come "i bilanci bancari continuano a risentire della protratta debolezza dell'attività economica, che pesa sulla qualità del credito e sulla profittabilità degli intermediari". E ancora: "Bisogna informare i clienti che pagheranno anche loro per il salvataggio delle banche".

Norme Ue. A limitare gli effetti delle mosse a livello europeo sul nostro Paese sono però i "lunghi tempi per la trasposizione delle regole europee nell'ordinamento nazionale" che  "ostacolano l'impegno e la partecipazione attiva del nostro paese al processo di integrazione finanziaria europea" tempi che secondo Visco "possono incidere sulla stessa credibilità della nostra azione". Il governatore si riferisce, in particolare, al meccanismo di risoluzione unico delle crisi e precisando che "sarebbe stato essenziale che il recepimento delle direttive fosse stato effettuato per tempo. Abbiamo imparato che si  può fare a meno di alcuni strumenti finanziari così complessi che possono al limite creare più danni che benefici".

Crisi. Visco ha poi spiegato come al miglioramento delle condizioni di fondo dell'economia "hanno contribuito in maniera determinante gli interventi dell'Eurosistema". Parlando poi in prospettiva della vigilanza europea il banchiere ha ribadito che per "rendere possibile la risoluzione di intermediari molto grandi e complessi sarà necessario dotare il Fondo di risoluzione unico di un adeguato backstop pubblico europeo, attivabile in breve tempo. Le risorse comuni eventualmente anticipate al Fondo dovranno essere comunque recuperate ex post a carico degli intermediari, coerentemente con un quadro normativo che ha l'obiettivo di attribuire al settore privato l'onere di sostenere i costi delle crisi". 

Clienti-creditori. La creazione del Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM), ha sottolineato ancora Visco, "rappresenta un ulteriore, essenziale tassello nel processo di costruzione dell'Unione bancaria". Alla luce delle nuove norme europee sulla gestione delle crisi, poi, le banche "dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d'ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori". Secondo Visco, quindi, i clienti andranno pienamente informati del fatto che potrebbero dover contribuire al risanamento di una banca.

Mps. Nella vicenda che ha coinvolto il Monte dei Paschi di Siena "non ci sono stati ritardi da parte della vigilanza", piuttosto, "se ci sono attività delittuose, la Banca d'Italia ne è vittima". E' quanto ha affermato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco rispondendo alle domande dei senatori nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea. 

Bad bank. Per far fronte al tema dei crediti deteriorati "secondo me - ha proseguito Visco - è importante rispondere con un intervento pubblico,ovviamente rispettando le norme europee". Secondo Visco "ci sono le giustificazioni per un intervento pubblico". Il governatore ha quindi ricordato che "ci sono iniziative in corso su cui lavoriamo intensamente con il ministero dell'Economia".

lunedì 20 aprile 2015

I comuni più ricchi d’Italia

Scritto da: Davide Mazzocco - venerdì 17 aprile 2015

Portofino svetta fra gli 8058 comuni italiani con un imponibile medio dei suoi abitanti superiore ai 51mila euro. Nelle prime trenta posizioni venti comuni lombardi

È Portofino il comune più ricco d’Italia. Il piccolo borgo dove attraccano yacht e panfili provenienti da tutto il Mediterraneo è, secondo i dati del Fisco italiano relativi al 2014, quello con il reddito più alto: i suoi 336 contribuenti censiti hanno, infatti, un imponibile medio di 51.403 euro, quasi 9000 euro in più del secondo comune in classifica, Basiglio, che segue con un imponibile di 42.923 euro. Sul podio, oltre a Basiglio, finisce anche un altro comune milanese,Cusago, dove l’imponibile è di 35.735.

Nelle prime quindici posizioni della graduatoria nazionale ci sono ben 6 comuni della provincia di Milano: oltre a Basiglio e Cusago, infatti, ci sono SegrateAreseSan Donato Milanese e, in quindicesima posizione, c’è proprio il capoluogo Milano dove l’imponibile medio è di 29.803.
Fra le prime quindici posizioni vi sono ben tre comuni della collina torinese, da anni nelle prime posizioni di questo tipo di graduatorie: si tratta di Pino Torinese (che occupa la settima posizione), di Pecetto Torinese (undicesima) e di Baldissero Torinese (quattordicesima). Nella top trenta a farla da padrona è la Lombardia presente con ben 20 comuni fra i quali spiccano Campione d’Italia (quinto) e Monza (ventinovesimo).
Nella top trenta a farla da padrona è la Lombardia presente con ben 20 comuni fra i quali spiccano Campione d’Italia (quinto) e Monza (ventinovesimo).

giovedì 16 aprile 2015

Borse in rosso su tensioni in Grecia. I titoli di Atene a 2 anni volano al 27%, il Bund a 10 anni cade allo 0,08%

da: ilsole24 ore
Le Borse europee accentuano i ribassi, tra prese di beneficio e tensioni sul caso Grecia I titoli di Atene a 2 anni volano al 27% sui timori di un default il 24 aprile.
Lo spread tra BTp e Bund viaggia a 117 punti per effetto del nuovo minimo storico del Bund tedesco a 10 anni allo 0,086%, il rendimento dei titoli greci a 10 anni è arrivato a superare l’11% dopo che ieri Standard and Poor’s ha declassato ulteriormente il rating della Grecia con outlook negativo. La Grecia resta sorvegliata speciale dagli investitori. Secondo alcuni rumor la Germania (che però ha smentito) starebbe valutando un piano B, che prevederebbe il default di Atene ma la permanenze del Paese tra i 19 dell’Eurozona.

A Milano in evidenza i titoli petroliferi (che beneficiano della risalita del petrolio ai massimi da dicembre) e di
 Fca (che beneficia dell’ottimo dato sulle immatricolazioni a marzo).. I mercati archiviano il Beige Book della Fed pubblicato ieri sera secondo cui l’economia statunitense sta crescendo bene, ma non in modo travolgente. Notizie che hanno indebolito il dollaro con l’euro che resta in ogni caso nella fase laterale tra 1,5 e 1,10 in area 1,6 (cambio euro/dollaro e convertitore di valute).
I mercati asiatici sono tonici sulla scia delle aspettative di una manovra espansiva da parte della Banca centrale cinese dopo i dati macro deludenti sfoggiati ieri dalla Cina. La Borsa di Tokyo ha chiuso piatta per la terza seduta consecutiva confermando la fase di consolidamento.

martedì 14 aprile 2015

venerdì 10 aprile 2015

Austria non garantirà più depositi bancari. Fallimenti? Addio risparmi di una vita

http://www.wallstreetitalia.com/

Entra in vigore il regime del "bail in". Occhio alla mappa: le banche più sicure e l'Italia al 4° posto tra paesi a rischio per i correntisti.

ROMA (WSI) - In Austria, a partire da luglio, entrerà ufficialmente in vigore ilregime del "bail in", ovvero quella situazione in cui sono i creditori ad accollarsi le perdite di un eventuale crack di una banca o di una corsa agli sportelli.

La decisione era già stata in qualche modo anticipata con la notizia del buco monstre della bad bank di Hypo Alpe Adria. In quell'occasione, il ministero austriaco delle finanze aveva ricordato che, sulla base della nuova normativa, i creditori possono essere di fatto costretti a contribuire alle perdite, in modo tale che i contribuenti non debbano accollarsi l'intero peso. 

Detto più semplicemente: avete depositato i vostri risparmi in una banca che poi fallisce? Amen, lo stato non vi garantirà più. Sarete voi stessi a essere chiamati in causa.

L'annuncio forte è arrivato oggi: l'Austria non garantirà più i depositi bancari; lo stato eliminerà insomma le garanzie finora assicurate ai depositi bancari, dopo aver ricevuto il via libera dall'Unione europea. D'altronde, la nuova legislazione sul bail in è stata approvata dalla stessa Ue due anni fa. Ed è molto probabile che l'Austria dia il via a un trend che si espanderà poi non solo in Europa, ma anche in altri paesi del mondo.

Il rischio è talmente concreto che il sito Goldcore ha presentato un grafico, elencando i paesi che corrono il pericolo di vedere introdotto il tanto temuto regime (quello in cui icorrentisti rischiano di perdere i loro depositi nel caso di crack della banca dove sono custoditi i loro risparmi).

Al primo posto c'è la Grecia; seguono Portogallo e Spagna. Al quarto posto l'Italia; poi Francia, Irlanda, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone. 

Il grafico elenca anche le aree geografiche in cui le banche sono più sicure: palma d'oro alla Svizzera; seguono Germania, Singapore, Canada, Australia, Norvegia, Olanda, Hong Kong.

Tornando al caso Austria, ecco come cambieranno le cose: al momento, gli austriaci hanno depositi garantiti fino a un valore di 100.000 euro; esattamente, la prima metà dalla banca, la seconda dallo stato. Le cose cambieranno a partire da luglio, quando lo Stato non garantirà più i depositi.

Di conseguenza, le banche, per far fronte all'eventualità di buchi di bilancio, dovranno creare un fondo speciale di assicurazione per i depositi bancari. Una volta costituito, il fondo sarà rimpinguato gradualmente nel corso dei successivi dieci anni, arrivando a un valore di 1,5 miliardi di euro. 

In caso di fallimento di una grande banca nel periodo precedente, la legislazione permetterà al fondo di contrarre prestiti all'estero sebbene, stando alla fonte che ha riportato la notizia, Die Presse, non sia chiaro chi fornirà i finanziamenti e sulla base di quali termini. 

In ogni caso, è chiaro che anche se il fondo fosse alla fine dotato dei finanziamenti previsti, il suo aiuto sarebbe ridicolo. L'ammontare di 1,5 miliardi di euro si confermerebbe infatti inadeguato a salvare i correntisti dal fallimento di una banca. La cifra rappresenta appena lo 0,8% dei depositi totali in Austria. 

Die Presse cita l'esempio di Bank Corp in Bulgaria. Quando la banca fallì, aveva depositi per 1,8 miliardi di euro; ma sul fondo di assicurazione sui depositi, era presente solo 1 miliardo di euro. 

Torna alla mente la dichiarazione del ministro delle finanze irlandese Michael Noonanche, il 27 giugno del 2013, affermò: "il bail in è ora la regola". Noonan definì rivoluzionaria la decisione di non considerare più i depositi sacrosanti. 

Ben presto anche i depositi di altre banche dell'Unione europea potrebbero non essere più al sicuro. 

Il giornale tedesco Deutsche Wirtschafts Nachrichten scrive: "i correntisti dovranno effettuare ricerche in modo attento sulla situazione della banca in cui decideranno di parcheggiare i loro risparmi". Con l'ammissione: peccato che "questo compito sia estremamente difficile, causa i comunicati finanziari poco chiari e la complessità delle interdipendenze nel sistema bancario". (Lna)

Banche, ecco quante ne ha chiuse la crisi

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750 banche cancellate dalla crisi.
750 banche cancellate dalla crisi. Secondo quanto riporta l'ultimo rapporto della Banca centrale europea sulla struttura delle banche, negli ultimi cinque anni il sistema bancario dell'area euro ha subito diverse perdite. Il numero di istituti alla fine del 2013 è sceso a 5.948, rispetto ai 6.100 del 2012 e ai 6.690 nel 2008.

In cinque anni, quindi, 742 istituti hanno chiuso l'attività o sono stati inglobati per recuperare efficienza. In Italia ci sono 118 banche domestiche in meno rispetto al 2008 (da 729 a 611), a cui si aggiugono 81 filiali estere (84 nel 2008). 

A livello di aree, il numero è calato soprattutto in Grecia, Cipro e Spagna, mentre cali significativi ci sono stati anche in Finlandia, Francia, Portogallo e Italia. A livello di asset, la Germania guida la classifica con 6,7 miliardi, seguita dalla Francia, con 6,3 miliardi. Le banche italiane hanno asset per 3,5 miliardi. Gli asset nell'Eurozona sono calati da 33,5 miliardi a 26,8 miliardi negli ultimi cinque anni. 

mercoledì 8 aprile 2015

Sempre di più gli italiani a corto di liquidità costretti a vendere casa

di: WSI | Pubblicato il 08 aprile 2015| Ora 09:12

Sia per necessità che per le troppe tasse e balzelli, si è disposti a vendere la propria abitazione a forte sconto rispetto al prezzo di acquisto.
Nel secondo semestre del 2014, sale il numero di italiani che hanno venduto casa per reperire liquidità (39,9%).
Nel secondo semestre del 2014, sale il numero di italiani che hanno venduto casa per reperire liquidità (39,9%).
NEW YORK (WSI) - A corto di liquidità, cresce il numero di italiani che vendono casa. Secondo gli ultimi dati emersi da una ricerca Tecnocasa, nel giro di un anno sono aumentate di oltre dieci punti percentuali le persone che hanno venduto la propria abitazione per reperire fondi.

Un elemento importante dunque per inquadrare le dinamiche attuali del mercato immobiliare italiano in cui si iniziano a vedere alcuni segnali di ripresa proprio sul fronte delle compravendite.

Senz'altro si tratta di una "spia che indica come i proprietari siano disposti – vuoi per stretta necessità, vuoi per troppe tasse e balzelli che gravano sulle seconde case soprattutto - ad abbassare i prezzi del loro immobili, sintonizzandosi su livelli a questo punto molto lontani rispetto a quelli dell'inizio della crisi (dal 2008 al 2014 il gap arriva anche al 40%, in alcuni casi anche al 50% di sconto rispetto a vecchie valutazioni)" si legge su Monitorimmobiliare.it.

Dall’indagine Tecnocasa, emerge in particolare che, nel secondo semestre del 2014 più di tre acquisti su quattro hanno riguardato l’abitazione principale, il 16,2% la casa ad uso investimento ed il 6,6% la casa vacanza.

Analizzando le compravendite dal lato del venditore, nella seconda parte del 2014 la maggior parte delle persone ha venduto per migliorare la qualità abitativa (44,5%), seguiti da coloro che hanno venduto per reperire liquidità (39,9%) ed infine da chi si è trasferito da un altro quartiere oppure da un’altra città (15,6%). Nel secondo semestre del 2013, la stessa ricerca aveva dato risultati differenti: la vendita per migliorare la qualità abitativa copriva il 55,1% del totale, mentre era molto più bassa la percentuale di chi aveva venduto per reperire liquidità (26,6).