venerdì 24 aprile 2015

In Austria il primo fallimento pilotato di una banca: per Hypo Alpe pagheranno anche i creditori

repubblica.it

La bad bank dell'istituto nazionalizzato nel 2009 non riesce a far fronte alle esigenze: deve fare emergere perdite per 8,7 miliardi. Significa che si congelano i pagamenti, a rimetterci saranno anche i detentori dei bond


MILANO - Il ministero delle finanze austriaco ha deciso di non supportare la bad bank Heta dell'istituto di credito Hypo Alpe Adria dopo che questa ha dovuto far emergere perdite di 8,7 miliardi di euro. E' quanto informa la Bloomberg, secondo cui si applicheranno così per la prima volta le regole europee del 'bail in' che impongono perdite anche ai creditori.

In particolare l'autorità di vigilanza austriaca Fma ha ordinato una moratoria dei debiti della Heta fino al 31 maggio 2016. L'Heta, la band bank dell'istituto Hipo Alpe-Adria finito in gravi difficoltà finanziarie, ha un bond da 450 milioni in scadenza venerdì e uno da 500 il 20 marzo. Questi rimborsi non saranno rispettati,  La Heta ha già presentato un conto da 5,5 miliardi ai cittadini austriaci, ma ne avrebbe avuti bisogno altri 7,6 miliardi oltre a quelli.

Il ministro delle Finanze ha spiegato che la decisione è stata presa dopo i primi risultati di un'analisi degli asset della banca. La Hypo Alpe Adria era stata nazionalizzata nel 2009, dopo che aveva realizzato insopportabili svalutazioni su crediti di cattiva qualità nei Balcani. Le autorità di Vienna hanno informato che rispetteranno le garanzie per 1 miliardo di euro su un debito subordinato emesso da Heta nel 2012.

Visco: "I clienti pagheranno i salvataggi delle banche, vanno informati"

da: Repubblica.it

Il governatore di Bankitalia interviene al Senato e rassicura sulla condizioni dell'economia il cui miglioramento "si sta riflettendo positivamente sulle condizioni delle banche", ma mette in guardia sul futuro


MILANO - La notizia positiva è che il miglioramento delle condizioni dell'economia e dei mercati, "si sta riflettendo positivamente sulle condizioni delle banche". Quella negativa è

che "i tempi per l'adozione degli strumenti contro la crisi sono ancora troppo lunghi". Almeno per il governatore di Bankitalia che in audizione al Senato ha spiegato come "i bilanci bancari continuano a risentire della protratta debolezza dell'attività economica, che pesa sulla qualità del credito e sulla profittabilità degli intermediari". E ancora: "Bisogna informare i clienti che pagheranno anche loro per il salvataggio delle banche".

Norme Ue. A limitare gli effetti delle mosse a livello europeo sul nostro Paese sono però i "lunghi tempi per la trasposizione delle regole europee nell'ordinamento nazionale" che  "ostacolano l'impegno e la partecipazione attiva del nostro paese al processo di integrazione finanziaria europea" tempi che secondo Visco "possono incidere sulla stessa credibilità della nostra azione". Il governatore si riferisce, in particolare, al meccanismo di risoluzione unico delle crisi e precisando che "sarebbe stato essenziale che il recepimento delle direttive fosse stato effettuato per tempo. Abbiamo imparato che si  può fare a meno di alcuni strumenti finanziari così complessi che possono al limite creare più danni che benefici".

Crisi. Visco ha poi spiegato come al miglioramento delle condizioni di fondo dell'economia "hanno contribuito in maniera determinante gli interventi dell'Eurosistema". Parlando poi in prospettiva della vigilanza europea il banchiere ha ribadito che per "rendere possibile la risoluzione di intermediari molto grandi e complessi sarà necessario dotare il Fondo di risoluzione unico di un adeguato backstop pubblico europeo, attivabile in breve tempo. Le risorse comuni eventualmente anticipate al Fondo dovranno essere comunque recuperate ex post a carico degli intermediari, coerentemente con un quadro normativo che ha l'obiettivo di attribuire al settore privato l'onere di sostenere i costi delle crisi". 

Clienti-creditori. La creazione del Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM), ha sottolineato ancora Visco, "rappresenta un ulteriore, essenziale tassello nel processo di costruzione dell'Unione bancaria". Alla luce delle nuove norme europee sulla gestione delle crisi, poi, le banche "dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d'ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori". Secondo Visco, quindi, i clienti andranno pienamente informati del fatto che potrebbero dover contribuire al risanamento di una banca.

Mps. Nella vicenda che ha coinvolto il Monte dei Paschi di Siena "non ci sono stati ritardi da parte della vigilanza", piuttosto, "se ci sono attività delittuose, la Banca d'Italia ne è vittima". E' quanto ha affermato il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco rispondendo alle domande dei senatori nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea. 

Bad bank. Per far fronte al tema dei crediti deteriorati "secondo me - ha proseguito Visco - è importante rispondere con un intervento pubblico,ovviamente rispettando le norme europee". Secondo Visco "ci sono le giustificazioni per un intervento pubblico". Il governatore ha quindi ricordato che "ci sono iniziative in corso su cui lavoriamo intensamente con il ministero dell'Economia".

lunedì 20 aprile 2015

I comuni più ricchi d’Italia

Scritto da: Davide Mazzocco - venerdì 17 aprile 2015

Portofino svetta fra gli 8058 comuni italiani con un imponibile medio dei suoi abitanti superiore ai 51mila euro. Nelle prime trenta posizioni venti comuni lombardi

È Portofino il comune più ricco d’Italia. Il piccolo borgo dove attraccano yacht e panfili provenienti da tutto il Mediterraneo è, secondo i dati del Fisco italiano relativi al 2014, quello con il reddito più alto: i suoi 336 contribuenti censiti hanno, infatti, un imponibile medio di 51.403 euro, quasi 9000 euro in più del secondo comune in classifica, Basiglio, che segue con un imponibile di 42.923 euro. Sul podio, oltre a Basiglio, finisce anche un altro comune milanese,Cusago, dove l’imponibile è di 35.735.

Nelle prime quindici posizioni della graduatoria nazionale ci sono ben 6 comuni della provincia di Milano: oltre a Basiglio e Cusago, infatti, ci sono SegrateAreseSan Donato Milanese e, in quindicesima posizione, c’è proprio il capoluogo Milano dove l’imponibile medio è di 29.803.
Fra le prime quindici posizioni vi sono ben tre comuni della collina torinese, da anni nelle prime posizioni di questo tipo di graduatorie: si tratta di Pino Torinese (che occupa la settima posizione), di Pecetto Torinese (undicesima) e di Baldissero Torinese (quattordicesima). Nella top trenta a farla da padrona è la Lombardia presente con ben 20 comuni fra i quali spiccano Campione d’Italia (quinto) e Monza (ventinovesimo).
Nella top trenta a farla da padrona è la Lombardia presente con ben 20 comuni fra i quali spiccano Campione d’Italia (quinto) e Monza (ventinovesimo).

giovedì 16 aprile 2015

Borse in rosso su tensioni in Grecia. I titoli di Atene a 2 anni volano al 27%, il Bund a 10 anni cade allo 0,08%

da: ilsole24 ore
Le Borse europee accentuano i ribassi, tra prese di beneficio e tensioni sul caso Grecia I titoli di Atene a 2 anni volano al 27% sui timori di un default il 24 aprile.
Lo spread tra BTp e Bund viaggia a 117 punti per effetto del nuovo minimo storico del Bund tedesco a 10 anni allo 0,086%, il rendimento dei titoli greci a 10 anni è arrivato a superare l’11% dopo che ieri Standard and Poor’s ha declassato ulteriormente il rating della Grecia con outlook negativo. La Grecia resta sorvegliata speciale dagli investitori. Secondo alcuni rumor la Germania (che però ha smentito) starebbe valutando un piano B, che prevederebbe il default di Atene ma la permanenze del Paese tra i 19 dell’Eurozona.

A Milano in evidenza i titoli petroliferi (che beneficiano della risalita del petrolio ai massimi da dicembre) e di
 Fca (che beneficia dell’ottimo dato sulle immatricolazioni a marzo).. I mercati archiviano il Beige Book della Fed pubblicato ieri sera secondo cui l’economia statunitense sta crescendo bene, ma non in modo travolgente. Notizie che hanno indebolito il dollaro con l’euro che resta in ogni caso nella fase laterale tra 1,5 e 1,10 in area 1,6 (cambio euro/dollaro e convertitore di valute).
I mercati asiatici sono tonici sulla scia delle aspettative di una manovra espansiva da parte della Banca centrale cinese dopo i dati macro deludenti sfoggiati ieri dalla Cina. La Borsa di Tokyo ha chiuso piatta per la terza seduta consecutiva confermando la fase di consolidamento.

martedì 14 aprile 2015

venerdì 10 aprile 2015

Austria non garantirà più depositi bancari. Fallimenti? Addio risparmi di una vita

http://www.wallstreetitalia.com/

Entra in vigore il regime del "bail in". Occhio alla mappa: le banche più sicure e l'Italia al 4° posto tra paesi a rischio per i correntisti.

ROMA (WSI) - In Austria, a partire da luglio, entrerà ufficialmente in vigore ilregime del "bail in", ovvero quella situazione in cui sono i creditori ad accollarsi le perdite di un eventuale crack di una banca o di una corsa agli sportelli.

La decisione era già stata in qualche modo anticipata con la notizia del buco monstre della bad bank di Hypo Alpe Adria. In quell'occasione, il ministero austriaco delle finanze aveva ricordato che, sulla base della nuova normativa, i creditori possono essere di fatto costretti a contribuire alle perdite, in modo tale che i contribuenti non debbano accollarsi l'intero peso. 

Detto più semplicemente: avete depositato i vostri risparmi in una banca che poi fallisce? Amen, lo stato non vi garantirà più. Sarete voi stessi a essere chiamati in causa.

L'annuncio forte è arrivato oggi: l'Austria non garantirà più i depositi bancari; lo stato eliminerà insomma le garanzie finora assicurate ai depositi bancari, dopo aver ricevuto il via libera dall'Unione europea. D'altronde, la nuova legislazione sul bail in è stata approvata dalla stessa Ue due anni fa. Ed è molto probabile che l'Austria dia il via a un trend che si espanderà poi non solo in Europa, ma anche in altri paesi del mondo.

Il rischio è talmente concreto che il sito Goldcore ha presentato un grafico, elencando i paesi che corrono il pericolo di vedere introdotto il tanto temuto regime (quello in cui icorrentisti rischiano di perdere i loro depositi nel caso di crack della banca dove sono custoditi i loro risparmi).

Al primo posto c'è la Grecia; seguono Portogallo e Spagna. Al quarto posto l'Italia; poi Francia, Irlanda, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone. 

Il grafico elenca anche le aree geografiche in cui le banche sono più sicure: palma d'oro alla Svizzera; seguono Germania, Singapore, Canada, Australia, Norvegia, Olanda, Hong Kong.

Tornando al caso Austria, ecco come cambieranno le cose: al momento, gli austriaci hanno depositi garantiti fino a un valore di 100.000 euro; esattamente, la prima metà dalla banca, la seconda dallo stato. Le cose cambieranno a partire da luglio, quando lo Stato non garantirà più i depositi.

Di conseguenza, le banche, per far fronte all'eventualità di buchi di bilancio, dovranno creare un fondo speciale di assicurazione per i depositi bancari. Una volta costituito, il fondo sarà rimpinguato gradualmente nel corso dei successivi dieci anni, arrivando a un valore di 1,5 miliardi di euro. 

In caso di fallimento di una grande banca nel periodo precedente, la legislazione permetterà al fondo di contrarre prestiti all'estero sebbene, stando alla fonte che ha riportato la notizia, Die Presse, non sia chiaro chi fornirà i finanziamenti e sulla base di quali termini. 

In ogni caso, è chiaro che anche se il fondo fosse alla fine dotato dei finanziamenti previsti, il suo aiuto sarebbe ridicolo. L'ammontare di 1,5 miliardi di euro si confermerebbe infatti inadeguato a salvare i correntisti dal fallimento di una banca. La cifra rappresenta appena lo 0,8% dei depositi totali in Austria. 

Die Presse cita l'esempio di Bank Corp in Bulgaria. Quando la banca fallì, aveva depositi per 1,8 miliardi di euro; ma sul fondo di assicurazione sui depositi, era presente solo 1 miliardo di euro. 

Torna alla mente la dichiarazione del ministro delle finanze irlandese Michael Noonanche, il 27 giugno del 2013, affermò: "il bail in è ora la regola". Noonan definì rivoluzionaria la decisione di non considerare più i depositi sacrosanti. 

Ben presto anche i depositi di altre banche dell'Unione europea potrebbero non essere più al sicuro. 

Il giornale tedesco Deutsche Wirtschafts Nachrichten scrive: "i correntisti dovranno effettuare ricerche in modo attento sulla situazione della banca in cui decideranno di parcheggiare i loro risparmi". Con l'ammissione: peccato che "questo compito sia estremamente difficile, causa i comunicati finanziari poco chiari e la complessità delle interdipendenze nel sistema bancario". (Lna)

Banche, ecco quante ne ha chiuse la crisi

http://www.advisoronline.it/

750 banche cancellate dalla crisi.
750 banche cancellate dalla crisi. Secondo quanto riporta l'ultimo rapporto della Banca centrale europea sulla struttura delle banche, negli ultimi cinque anni il sistema bancario dell'area euro ha subito diverse perdite. Il numero di istituti alla fine del 2013 è sceso a 5.948, rispetto ai 6.100 del 2012 e ai 6.690 nel 2008.

In cinque anni, quindi, 742 istituti hanno chiuso l'attività o sono stati inglobati per recuperare efficienza. In Italia ci sono 118 banche domestiche in meno rispetto al 2008 (da 729 a 611), a cui si aggiugono 81 filiali estere (84 nel 2008). 

A livello di aree, il numero è calato soprattutto in Grecia, Cipro e Spagna, mentre cali significativi ci sono stati anche in Finlandia, Francia, Portogallo e Italia. A livello di asset, la Germania guida la classifica con 6,7 miliardi, seguita dalla Francia, con 6,3 miliardi. Le banche italiane hanno asset per 3,5 miliardi. Gli asset nell'Eurozona sono calati da 33,5 miliardi a 26,8 miliardi negli ultimi cinque anni. 

mercoledì 8 aprile 2015

Sempre di più gli italiani a corto di liquidità costretti a vendere casa

di: WSI | Pubblicato il 08 aprile 2015| Ora 09:12

Sia per necessità che per le troppe tasse e balzelli, si è disposti a vendere la propria abitazione a forte sconto rispetto al prezzo di acquisto.
Nel secondo semestre del 2014, sale il numero di italiani che hanno venduto casa per reperire liquidità (39,9%).
Nel secondo semestre del 2014, sale il numero di italiani che hanno venduto casa per reperire liquidità (39,9%).
NEW YORK (WSI) - A corto di liquidità, cresce il numero di italiani che vendono casa. Secondo gli ultimi dati emersi da una ricerca Tecnocasa, nel giro di un anno sono aumentate di oltre dieci punti percentuali le persone che hanno venduto la propria abitazione per reperire fondi.

Un elemento importante dunque per inquadrare le dinamiche attuali del mercato immobiliare italiano in cui si iniziano a vedere alcuni segnali di ripresa proprio sul fronte delle compravendite.

Senz'altro si tratta di una "spia che indica come i proprietari siano disposti – vuoi per stretta necessità, vuoi per troppe tasse e balzelli che gravano sulle seconde case soprattutto - ad abbassare i prezzi del loro immobili, sintonizzandosi su livelli a questo punto molto lontani rispetto a quelli dell'inizio della crisi (dal 2008 al 2014 il gap arriva anche al 40%, in alcuni casi anche al 50% di sconto rispetto a vecchie valutazioni)" si legge su Monitorimmobiliare.it.

Dall’indagine Tecnocasa, emerge in particolare che, nel secondo semestre del 2014 più di tre acquisti su quattro hanno riguardato l’abitazione principale, il 16,2% la casa ad uso investimento ed il 6,6% la casa vacanza.

Analizzando le compravendite dal lato del venditore, nella seconda parte del 2014 la maggior parte delle persone ha venduto per migliorare la qualità abitativa (44,5%), seguiti da coloro che hanno venduto per reperire liquidità (39,9%) ed infine da chi si è trasferito da un altro quartiere oppure da un’altra città (15,6%). Nel secondo semestre del 2013, la stessa ricerca aveva dato risultati differenti: la vendita per migliorare la qualità abitativa copriva il 55,1% del totale, mentre era molto più bassa la percentuale di chi aveva venduto per reperire liquidità (26,6).

martedì 7 aprile 2015

Case, prezzi a picco e tasse alle stelle. Così si polverizza il più grande tesoro degli italiani

Il più grande tesoro d'Italia non è nascosto in qualche bunker sotterraneo, protetto in un caveau super sorvegliato in una località segreta. La maggiore ricchezza del nostro Paese vale una cifra stratosferica: 6579 miliardi di euro. Quaranta volte il valore dell’oro custodito a Fort Knox, oltre tre volte l’intero prodotto interno lordo italiano, dieci volte l’intera capitalizzazione di tutte le imprese italiane quotate alla Borsa di Milano. Il bene più prezioso del Paese è anche quello più visibile in qualsiasi angolo della penisola, diffuso lungo tutto il territorio: sono le abitazioni degli italiani. Tanto valgono, secondo l’Agenzia delle Entrate e il Dipartimento delle Finanze, tutti gli immobili residenziali dei nostri cittadini. Eppure questo tesoro negli ultimi anni è stretto da una doppia morsa letale che rischia di ridimensionarne il proprio valore. Da un lato il calo dei prezzi, dall’altro l’aumento delle tasse. E il conto lo pagano le famiglie.
L’ultima brutta notizia è arrivata venerdì mattina dall’Istat. L’indice medio dei prezzi nel quarto trimestre del 2014 ha registrato una flessione del 2,9% rispetto al trimestre precedente. Ma è guardando un intervallo più lungo che si capisce meglio la portata della crisi che sta colpendo il settore immobiliare. Un grafico pubblicato nell’ultimo bollettino pubblicato dall’Istat è la raffigurazione più chiara di cosa è accaduto negli ultimi anni. Una curva grigia indica la caduta verticale dei prezzi delle case. Preso come dato 100 nell’anno base 2010, a fine 2014 l’indice medio per le abitazioni esistenti ha toccato quota 82,9. Significa, per fare un esempio, che chi cinque anni fa ha investito i propri risparmi magari comprando un piccolo appartamento a 200 mila euro, se oggi lo volesse rivendere si dovrebbe aspettare di cederlo a poco più di 160 mila.

casa
Difficile dire se il trend sia destinato ad arrestarsi, ma i segnali arrivati nei mesi scorsi ancora non consentono di essere ottimisti. Secondo uno studio di Nomisma i prezzi continueranno a calare ancora fino al 2016 e cominceranno a riprendersi soltanto nel 2017 sulla scia dell’attuale contesto deflazionistico che le iniziative di politica monetaria della Bce sperano di potere spazzare via. Gli italiani che saranno costretti a vedere in questo biennio saranno perciò quelli maggiormente penalizzati dalla crisi nel mattone.
L’altro lato della medaglia è ovviamente rappresentato dalla buona “finestra” per gli acquisti data dai prezzi molto bassi e dalle prospettive migliorate per quanto riguarda l’erogazione del credito, anch’esse figlie delle ultime iniziative dell’Eurotower. Chiusa la parentesi buia del treinnio 2011-2013, gli ultimi dati Istat mostrano come il mercato dei finanziamenti per l'acquisto di case abbia cominicato a rianimarsi già lo scorso anno, tornando ai livelli pre-crisi. Sempre Nomisma stima un aumento del 30% del numero di erogazioni di mutui nel 2015. Anche per questo l’istituto bolognese vede la ripresa in atto delle compravendite che nel 2015 aumenteranno di 50.000 unità abitative in Italia, per un totale di 468.000 transazioni. Per il biennio 2016-2017 le compravendite dovrebbero superare la soglia delle 500.000, un numero comunque ben distante da quelli del periodo 2004-2007 quando le transazioni annue si attestavano oltre le 800.000 unità.
mutui
Ma se le buone notizie sul fronte dei prezzi dovranno attendere, nella migliore delle ipotesi, almeno un anno, sugli italiani si sta abbattendo da tempo una vera e propria batosta sul fronte delle tasse. La telenovola Imu-sì, Imu-no, Tasi, Iuc e via di nuovi acronomi, alla fine del 2014 – malgrado le ripetute smentite preventive del governo – ha riconsegnato agli italiani un conto salato tanto quanto l’annus horribilis delle tasse sulla casa, quando l’allora premier Monti aveva reintrodotto l’imposta sulla prima casa che Silvio Berlusconi aveva voluto abolire.
A nulla è servita la girandola di sigle. Gli ultimi dati del ministero dell'Economia parlano chiaro. Gettito totale Imu+ Tasi del 2014: 23,9 miliardi. Gettito della sola Imu del 2012: 23,8 miliardi. C’è di peggio, secondo un’indagine condotta dal centro studi Impresa Lavoro il peso complessivo delle tasse sul mattone, includendo tutte le imposte dirette e indirette, nel 2014 avrebbe sfiorato la cifra record dei 50 miliardi di euro, un balzo di quasi il 30% rispetto ai 38,5 miliardi del 2010.
impresa lavoro
E come se non bastasse all'orizzonte c'è una vera e propria rivoluzione per il settore immobiliare, con la riforma del catasto incaricata di aggiornare i valori (in alcuni casi datati e quasi irrealistici) delle rendite catastali che costituiscono la base imponibile per il prelievo fiscale. La legge delega prevede che tutto ciò avvenga a gettito invariato, e quindi senza ulteriori rincari per i cittadini, ma Confedilizia da tempo mette in guardia sul rischio di nuovi aumenti. L'Agefis, l'associazione dei geometrio fiscalisti,ha fatto già una prima stima dei possibili rialzi delle nuove rendite in alcune città. Ecco alcuni esempi: Salerno (+ 178%), Bolzano (+176%), Parma (169%) e Napoli (+150%).
C’è un motivo se il tema della casa scalda il cuore degli italiani e dei suoi politici. Il 76,6% delle famiglie – mostra l’ultimo rapporto “Gli immobili in Italia” redatto da Dipartimento delle Finanze e Agenzia delle Entrate – risiede in una casa di proprietà. Il nostro Paese registra uno dei tassi più alti d’Europa confrontato ad esempio con Francia (64,3%) e Germania (52,6%). Semplificando: molti proprietari, molte tasse.
A prima vista la condizione del nostro Paese non sembra delle più favorevoli ma è sempre questione di prospettive. A confronto con gli stessi Paesi di cui sopra, il peso delle tasse sulla casa si riequilibria e in alcuni casi persino si capovolge. In Italia- mostrano i dati dell’Agenzia delle Entrate - il peso del prelievo sulla proprietà immobiliare nel 2012 valeva l’1,5% del Pil. In Francia, con meno proprietari di casa, il 2,6%, nel regno Unito persino il 3,4%. Ancora più interessante il dato se si considera non in funzione del prodotto interno lordo ma rispetto al totale delle imposte. In altre parole: quanto pesano le tasse sulla casa sull’insieme di quelle da pagare. Per noi, un “misero” 3,4% contro un ben più sostanzioso 11,8% che grava sui cittadini britannici. Alle prese però, va detto, con una pressione fiscale più bassa della nostra. Al netto di tutte le valutazioni, almeno una buona notizia c’è. I più tartassati d’Europa sul fronte delle imposte sulla casa non siamo noi.
case su entrate
case su pil