martedì 24 novembre 2015

Lire, Consulta riapre al cambio con Euro bloccato da governo Monti: Banca d’Italia non è ancora pronta


Pubblicato il 7 nov 2015 - 12:31pm di Ubaldo Cricchi

La Consulta ha deciso di rendere ancora possibile il cambio delle lire in Euro: chi a casa ha ancora qualche banconota del vecchio conio può portarle presso gli sportelli della Banca d’Italia per ottenere il corrispettivo in Euro. Nel 2002 lamoneta unica sostituì le lire in modo definitivo dopo un breve periodo di convivenza.

Il passaggio dalle lire all’Euro e il blocco del cambio anticipato dal governo Monti

Fu un passaggio epocale, ma anche un evento traumatico per coloro che per gran parte della loro vita avevano imparato a fare i conti in lire: chi ha qualche annetto si ricorderà senza dubbio il continuo ricorso a delle speciali calcolatrici, gli euroconvertitori, oppure quelle pubblicità che per insegnare le persone a quantificare le cifre in euro consigliavano di fare dei calcoli del tipo “raddoppi la cifra e ci metti tre zeri”. Dal giorno in cui l’Euro sostituì le lire in modo permanente vennero dati agli italiani dieci anni di tempo (che sarebbero scaduti il 28 febbraio del 2012) per cambiare tutte le lire che possedevano in Euro. Da quella data le monete e le banconote del vecchio conio sarebbero di fatto diventate inutili; il governo Monti, in un periodo di piena crisi, decise di anticipare il blocco del cambio di tre mesi. La Corte Costituzionale ha però deciso di cancellare questa prescrizione, e dal 6 Novembre 2015 (in teoria) sarà nuovamente possibile cambiare le lire in Euro.
Questa riapertura al cambio si è resa necessaria perché secondo le statistiche non sono state convertite lire per un totale che ammonta a circa due miliardi di euro. Un vero e proprio tesoro: sono evidentemente tantissimi gli italiani che nelle loro case hanno ancora qualche somma in lire. Alcuni di loro hanno deliberatamente scelto di conservare qualche moneta o qualche banconota per ricordo o collezionismo, mentre altri semplicemente non si ricordavano di possederne.

La decisione della Consulta, Banca d’Italia non pronta

Secondo alcune segnalazioni rese note dalle associazioni dei consumatori, in alcuni casi i tesori perduti non di limitavano a qualche spicciolo, ma arrivavano addirittura a milioni di lire. Nel novembre del 2011 il governo Monti decise di anticipare di qualche mese il blocco del cambio previsto, come abbiamo detto prima, il 28 febbraio dell’anno successivo. Questa prescrizione anticipata è stata definita incostituzionale dalla Consulta: in pratica le lire non cambiate, invece di finire nelle tasche dei cittadini che le detenevano legittimamente, sono andate ad arricchire le casse dello Stato. Il tutto sempre nell’ottica dei sacrifici a cui gli italiani dovevano andare incontro per affrontare la crisi che in quel periodo era particolarmente pesante.
I tre mesi “rubati” dal governo Monti saranno recuperati. Chi ha ancora banconote (per le monete non c’è più nulla da fare) delle vecchie lire potrà cambiarle in Euro esattamente con la stessa procedura prevista quattro anni fa: bisogna presentarsi ad uno sportello della Banca d’Italia con la somma in lire e chiederne il cambio in Euro. Ma dalla Banca d’Italia stessa fanno sapere che in questo momento non sono in grado di procede con il cambio, e che si stanno studiando le soluzioni per rispettare la decisione della Consulta: la finestra riparatrice di tre mesi per la conversione dovrà essere stabilita in tempi brevi. Grazie alla decisione della Corte Costituzionale alcuni distrattoni che hanno scoperto dopo il blocco di Monti di avere un tesoro in lire hanno un’altra opportunità di recuperare i loro soldi: la caccia alle lire dentro casa è iniziata!

Carige sospende pagamento interessi su bond perpetui

Mirco Galbusera

Niente cedola per i bond perpetui Carige 8.338% (XS0400411681). Gli interessi sui titoli sono sospesi a causa delle difficoltà dell'istituto


Banca CARIGE comunica che a seguito della decisione della Banca Centrale Europea del 10 marzo 2015 che inibisce il pagamento di dividendi, ai sensi della Condizione 5(b) dei Titoli, alla Data di Pagamento Interessi che cade il 4 dicembre 2015 Banca CARIGE non pagherà interessi sui Titoli "€160,000,000 8.338 PER CENT. PERPETUAL SUBORDINATED FIXED/FLOATING RATE NOTES" (ISIN XS0400411681 ), ed il diritto dei portatori dei Titoli a ricevere tali importi sarà pertanto interamente ed irrevocabilmente cancellato e rinunciato. Il presente avviso è stato pubblicato in conformità alla Condizione 15 dei Titoli. Si tratta di obbligazioni emesse nel dicembre 2008 a tasso d'interesse misto, fisso fino al 4 dicembre 2018 (escluso) e dunque a tasso variabile. Per il primo periodo la cedola fissa sarebbe dovuta essere all'8,338% e per il secondo sarebbe prevista all'Euribor trimestrale più 550 punti base (ossia l'Euribor3M+5,5%

Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife: investitori infuriati, allo studio una class action

http://www.investireoggi.it/obbligazioni/banca-marche-etruria-carichieti-e-carife-investitori-infuriati-allo-studio-una-class-action/
Mirco Galbusera

Azionisti e obbligazionisti si stanno rivolgendo a studi legali nel tentativo di recuperare gli investimenti. Cosa c'è da sapere

Investitori e risparmiatori sono sul piede di guerra. Il giorno dopo l’approvazione del decreto “salva banche”da parte del governo, non si placano gli animi di azionisti e obbligazionisti che dalla sera alla mattina si sono visti azzerare il valore dei propri investimenti nei quattro istituti bancari da tempo in amministrazione straordinaria (Banca Marche, Etruria, Carichieti e Carife). Come noto, il decreto del governo ha permesso il salvataggio delle banche, imponendo però agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati (cioè quelli meno garantiti) di partecipare al salvataggio tramite l’azzeramento del valore dei loro strumenti finanziari. Un colpo di mano a tutti gli effetti che somiglia tanto a quanto avvenuto in Olanda nel 2013 con SNS Bank e che si pensava che in Italia non potesse accadere. Ma a mali estremi, estremi rimedi. E per evitare l’applicazione della normativa sul "bail in" bancario dal 1 gennaio 2016 che avrebbe coinvolto inevitabilmente anche gli obbligazionisti senior e i correntisti, il governo ha scelto la via del male minore chiedendo altresì al sistema bancario di sostenere l’operazione di salvataggio degli istituti di credito. Una operazione affrettata e che, alla fine – secondo gli investitori - ha creato danni enormi più grandi che se fosse stata applicata la legge sul bail in bancario fra qualche mese:  sono infatti stati preservati interessi di parte (depositi, conti correnti superiori a 100.000 euro e obbligazionisti senior, oltre a qualche poltrona che fa comodo all’entourage politico e al potere bancario nazionale che presto o tardi si approprierà delle banche salvate, ora in bonis) a discapito di tanti, forse troppi piccoli investitori.
Azionisti e obbligazionisti pronti a intraprendere una class action
Ma cosa si può fare di fronte a simili episodi di ingiustizia? Come può essere tutelato il risparmio a norma della Costituzione se poi chi fa le leggi non rispetta nemmeno i principi fondamentali del diritto? A differenza che in passato oggi vi è uno strumento di difesa nuovo, la class action, cioè un’azione collettiva che può essere promossa da uno o più consumatori/risparmiatori. La class action è sicuramente più incisiva di un ricorso individuale, tuttavia bisogna vedere se vi sono i presupposti per esercitarla trascinando lo Stato e le banche davanti a un tribunale. Per saperlo, InvestireOggi.it ha chiesto parere ai legali specializzati Luca Dezzani e Davide Contini dello Studio Legale Grimaldi che già segue gli obbligazionisti di SNS Bank e altri importanti casi a tutela del risparmio.
Ci sono – secondo Voi - possibilità sotto il profilo giuridico che gli azionisti e gli obbligazionisti delle quattro banche coinvolte recuperino almeno in parte i loro investimenti?
“Si tratta di una procedura di stampo europeo mai adottata prima in Italia; ci sono ancora profili che richiedono uno studio approfondito perché anche il diritto si base su principi che non sono solo costituzionali, ma fisici, per cui è il caso di dire che nulla si crea e nulla si distrugge. Ci troviamo di fronte ad una scelta del legislatore che andrà verificata alla base di questo stesso principio: difficile ritenere che si possano azzerare delle azioni e delle obbligazioni mentre il valore reale delle aziende bancarie viene creato e ripartito a favore di più società (di nuova costituzione) in cui non partecipano i medesimi azionisti e bondholders”.
Ma la soluzione adottata dal governo è stata sostenuta da più parti essendo l’unica che poteva assicurare la continuità operativa delle banche e il loro risanamento. Voi che opinione avete al riguardo?
“Si tratta di una soluzione tecnica con implicazioni di ogni genere, da quelle di diritto comune a quelle costituzionali sino a quelle sovracostituzionali. A poche ore dall’adozione del DL si può solo dire che il passo del Governo è meritevole di sostegno per l’obiettivo di risanamento, ma le modalità tecniche sono tutte da studiare in quanto le misure adottate hanno inciso su beni di proprietà di terzi, e, si noti, non solo azioni ma obbligazioni bancarie che tradizionalmente, soprattutto i consumatori, hanno sempre vissuto come un approdo sicuro. Peraltro, obbligazioni che nella maggior parte dei casi sono state collocate dalle medesime banche di fiducia della clientela. E’ indubbio che questo aspetto, unitamente ad altri, potrebbe aprire il varco ad azioni di risarcimento da parte degli investitori sul mercato primario. C’è poi il mercato secondario che ha scambiato i titoli sino a poche ore prima dell'introduzione del decreto legge; anche questo è un aspetto non trascurabile”.
E’ giusto dire che il modello di soluzione adottato comporta la spoliazione delle banche originarie a favore delle nuove banche (good-bank) e della stessa bad-bank?
“Da una prima lettura del provvedimento sembra che gli asset delle vecchie banche vengano trasferiti alle nuove entità societarie senza riconoscere alcun ritorno alle vecchie banche; inoltre i crediti in sofferenza verrebbero trasferiti nella bad-bank la quale li deve realizzare nel più breve tempo possibile a prezzi di super saldo (17% del loro valore!), anche qui senza alcun riconoscimento alle vecchie banche e quindi ai vecchi azionisti e bondholders. Esiste il rischio concreto che questi ultimi possano  lamentare di essere stati penalizzati. Se si vuole fare un paragone con il caso SNS, lo Stato Olandese aveva espropriato i titoli, mentre l’Italia ha seguito un percorso di trasferimento degli asset che, a livello formale, appare conforme alla procedura di risoluzione UE. Il punto decisivo, data anche l’assoluta novità del caso, sarà vedere la congruità dei valori che poi, in definitiva, è il medesimo percorso giudiziario che i Giudici Olandesi stanno seguendo per accertare la sussistenza di una danno risarcibile a favore dei bondholders di SNS.

Ok al salvataggio: nasce «Nuova Banca Marche». Azzerato il valore delle azioni

http://www.ilrestodelcarlino.it/macerata/salvataggio-banca-marche-1.1510859

Via libera del governo al piano da 3,6 miliardi per i quattro istituti di credito commissariati. Salvi i correntisti


Macerata, 22 novembre 2015 - Via libera del governo al salvataggio di Banca Marche. Le perdite cadono però su azionisti e obbligazionisti subordinati: il valore dei titoli è stato azzerato. L’istituto di credito commissariato (comeCariFerrara, Banca Etruria e CariChieti) potrà continuare ad operare. Per le quattro banche è stato previsto un intervento da 3,6 miliardi di euro interamente a carico del sistema bancario; gli istituti verranno liberati dai crediti in sofferenza e aggiungeranno il prefisso «nuovo» al proprio nome. Poi verranno traghettati verso la cessione nel minor tempo possibile «al fine di massimizzare il prezzo di vendita». Nasce così «Nuova Banca Marche».
Il consiglio dei ministri, convocato in via eccezionale di domenica pomeriggio, ha dato il via libera al decreto legge per la risoluzione dei quattro istituti, con un provvedimento che, sottolinea il governo, «consente di dare continuità all’attività creditizia - e ai rapporti di lavoro - tutelando pienamente i correntisti» e, soprattutto, «non prevede alcuna forma di finanziamento o supporto pubblico alle banche in risoluzione o al Fondo nazionale di risoluzione» ed esclude «il ricorso al bail in», ovvero al salvataggio delle banche in difficoltà con i fondi di azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100.000 euro.
L’operazione è stata oggetto di un lungo braccio di ferro con l’Unione Europea, che ha sempre visto il ricorso al fondo interbancario per la tutela dei depositi come una forma di aiuto di Stato. Oggi invece il governo incassa il via libera all’operazione che, spiega il commissario Ue Margrethe Verstager, «riduce al minimo l’uso dei fondi pubblici e le distorsioni della concorrenza». Il fondo di risoluzione, spiega Bruxelles in una nota, erogherà 3,6 miliardi di euro alle banche ponte, per capitalizzarle e per coprire la differenza negativa fra gli attivi trasferiti e le passività: i costi dell’operazione sono così interamente a carico del sistema bancario, che potrà tuttavia recuperarli con il perfezionamento dell’operazione nei prossimi mesi, tramite il recupero crediti, la cessione delle banche salvate o di parte di asset delle stesse a terzi interessati, che adesso potranno rilevare attività sanate dai crediti deteriorati.
Le 4 nuove banche ‘buone’ saranno provvisoriamente gestite, sotto la supervisione dell’Unità di Risoluzione di Bankitalia, da amministratori da questa designati: in tutti e quattro i casi la carica di presidente è rivestita da Roberto Nicastro, ex direttore generale di Unicredit. I crediti in sofferenza di tutte le quattro banche verranno invece trasferiti a una unica bad bank, con il fondo di risoluzione che garantirà questa misura concernente gli attivi deteriorati rafforzando ulteriormente i bilanci delle banche ponte.
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