Carissimi
Vi invio questo articolo, apparso in prima pagina de “Il sole 24 ore” di sabato 26 febbraio (inserto PLUS).
Vi invito ad una attenta lettura perché a mio modesto parere dovrebbe far riflettere tutti noi.
Bond bancari: quest'anno 100 miliardi allo sportello
È capitato e capiterà a chiunque. Basta avere un conto corrente in qualsiasi banca e – con i rendimenti pressoché a zero – è inevitabile sentirsi proporre dallo sportellista bancario un migliore impiego della liquidità. Assolutamente sensato. E così ecco le azioni, sempre rischiose e ancora poco gradite dalle famiglie italiane, gli onnipresenti titoli del Tesoro, ma anche le obbligazioni della vostra stessa banca. State sicuri che i bond di casa vi saranno sempre proposti. Per una ragione semplicissima. Permettono alle banche di tenere il più basso possibile il costo della provvista di denaro.
Non è infatti un caso che, come documenta un paper della Consob, gli istituti italiani detengano il record in Europa della raccolta bancaria per mezzo delle proprie obbligazioni che pesano per il 38% del totale. Che siano ben vendute è testimoniato dal fatto che i bond bancari valgono ormai ben il 10% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Un altro record europeo. Sempre il report della Consob documenta che tra il 2006 e il 2009 sono stati collocati sul mercato dei piccoli risparmiatori la bellezza di 350 miliardi di bond bancari, oltre 200 miliardi in più dei titoli venduti agli operatori professionali. Una dinamica che ha portato lo stock complessivo di obbligazioni bancarie alla cifra di ben 800 miliardi di euro. E il 2011 si annuncia come un altro anno di grande fermento. Andranno infatti a scadenza quest'anno, solo per le prime 5 banche, ben 100 miliardi di obbligazioni bancarie. Che ovviamente dovranno essere sostituite da ulteriori emissioni. Ma per i piccoli risparmiatori i bond bancari sono un affare? Quasi mai. Non perché ci sia un vero rischio emittente. Gli istituti italiani sono assolutamente solidi. Ma di certo i bond delle banche dovrebbero, per essere competitivi, assicurare un rendimento almeno in linea con i titoli governativi. E anche qui lo studio della Consob mette in guardia: chi avesse comprato, all'emissione, tra il 2007 e il 2009, obbligazioni bancarie a tasso fisso avrebbe ottenuto un ritorno totale lordo (cedole più variazione prezzo) del 2,5% annualizzato al posto del 4,9% offerto da un semplice BTp. Partita persa, quindi. E questo vale in genere per i bond plain vanilla, cioé obbligazioni fisse o variabili molto semplici. Le cose si complicano con le cosiddette obbligazioni strutturate. Sono prodotti agganciati a un altro sottostante finanziario che ne determina i movimenti. I loro nomi sono tra più esoterici che esotici. Si va dalle constant maturity swap, dove l'entità delle cedole è legata alla pendenza della curva dei tassi; ai titoli capped dove la cedola ha un tetto non superabile; alle equity o inflation linked. Una sorta di ginepraio finanziario in cui il piccolo risparmiatore rischia quasi sempre di capirci assai poco. Un caso classico è costituito dai titoli callable. Che vuol dire? Che il titolo può essere richiamato dalla banca in un dato momento. In genere quando il rendimento supera una certa soglia. Una sorta di paradosso: proprio quando il risparmiatore comincia per davvero a guadagnare, la banca ha la facoltà di richiamare il prodotto. Le strutturate che di fatto sono prodotti derivati hanno costi impliciti e commissioni assai più elevate di un BTp o un bond plain vanilla. Che i bond bancari non siano poi un grande affare per i risparmiatori lo dice tra le righe anche l'Abi. Il tasso medio riconosciuto agli investitori per i prodotti della raccolta, tra cui le obbligazioni, era a dicembre 2010 dell'1,48%. Un BoT alla stessa data rende l'1,57%; un CcT il 2,59% e un BTp il 4,55%.
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