Forte pulizia del bilancio: svalutare gli avviamenti e coprire meglio le sofferenze porta a un rosso da 15 miliardi nel solo quarto trimestre. Il piano prevede 5.700 tagli in Italia, nel 2014 previsto utile di 2 miliardi. L'ad Ghizzoni: "Completato il processo avviato nel 2010, ora voltiamo pagina per fare più credito e tornare leader". Nel piano anche la bad bank su 87 miliardi di attivi e la quotazione di Fineco in estate
MILANO - Pulizia contabile di crediti e avviamenti, un altro rosso plurimiliardario e nuovi tagli del personale, ma anche una scelta di coraggio e fiducia per rilanciare una banca con una rete tra le più invidiate in Europa. Sarà un caso, ma il giorno dopo l'avvio della verifica da parte degli ispettori della Bce sui bilanci delle banche tricolori Unicredit annuncia a sorpresa una maxi pulizia nei conti che la porta a chiudere il 2013 in perdita per 14 miliardi, contro stime di utile di circa 400 milioni. L'istituto ha annunciato anche il piano industriale 2015-2018, che tra le altre cose prevede un taglio dei dipendenti da 8.500 persone, 5.700 delle quali lasceranno le strutture in Italia.
Nell'ultimo trimestre 2013 l'istituto guidato da Federico Ghizzoni ha anticipato dunque i tempi, visto che molto probabilmente una simile richiesta sarebbe arrivata al termine della Asset Quality Review, e ha rettificato il valore degli avviamenti per 9,3 miliardi svalutando così completamente l'avviamento riguardante l'Italia, l'Austria e l'Europa in genere. A ciò si aggiungono 7,2 miliardi di accantonamenti aggiuntivi sui crediti, che hanno portato il complesso del quarto trimestre a 9,3 miliardi e l'intero 2013 a 13,7 miliardi con una crescita del 46,8% rispetto all'anno prima. L'operazione è stata fatta "per riportare i rapporti di copertura in Italia ed Europa
ai livelli pre-crisi" a costo di registrare una perdita trimestrale di 15 miliardi.Nell'ultimo trimestre 2013 l'istituto guidato da Federico Ghizzoni ha anticipato dunque i tempi, visto che molto probabilmente una simile richiesta sarebbe arrivata al termine della Asset Quality Review, e ha rettificato il valore degli avviamenti per 9,3 miliardi svalutando così completamente l'avviamento riguardante l'Italia, l'Austria e l'Europa in genere. A ciò si aggiungono 7,2 miliardi di accantonamenti aggiuntivi sui crediti, che hanno portato il complesso del quarto trimestre a 9,3 miliardi e l'intero 2013 a 13,7 miliardi con una crescita del 46,8% rispetto all'anno prima. L'operazione è stata fatta "per riportare i rapporti di copertura in Italia ed Europa
"Il 2013 è stato l’anno della svolta - ha detto Ghizzoni -. Ora siamo pronti ad aumentare ulteriormente la nostra offerta di credito e a dare supporto all’economia reale in Italia e in Europa. Con le azioni annunciate oggi, abbiamo rafforzato ancora il nostro bilancio e completato il processo iniziato nel 2010. La decisione che abbiamo preso è stata assunta in autonomia - ha aggiunto il banchiere piacentino - e non è dettata da fattori esterni o regolamentari, quanto dalla convinzione che il recupero in atto nelle economie europee fosse l'occasione per voltare pagina". La pulizia dei conti riporta il costo del credito del gruppo su livelli fisiologici, praticamente dimezzandolo: dai 259 punti base del bilancio 2013 (in pratica 2,6 euro accantonati ogni 100 prestati) passerebbe a 123 punti base. Unicredit, anche in seguito all'acquisto di Capitalia nel 2007, aveva visto salire strutturalmente il costo del credito al disopra dei livelli italiani, raddoppiati dalla crisi dei subprime in poi. Con il piano il livello di copertura dei crediti deteriorati della banca salirà dal 45% al 52%. "Un livello che ci riporta al 2008, e che ci pone al top in Europa, e di gran lunga più elevato di quello delle banche italiane".
Quanto agli altri numeri principali di bilancio, i ricavi sono ammontati a 24 miliardi (-4,1% su base annua), icosti operativi sono leggermente calati a 14,8 miliardi, il margine operativo lordo si è attestato a 9,2 miliardi (-9,9% annuo) e il patrimonio di vigilanza Cet1 si è attestato al 10,4% e al 9,4% anticipando pienamente gli effetti di Basilea3. L'istituto ha iscritto a conto economico, come profitto netto da investimenti nel quarto trimestre dell'anno, "il beneficio della valutazione della quota in Banca d’Italia", di cui Piazza Cordusio detiene il 22,1%, pari a 1,4 miliardi prima delle imposte. Se questa posta, sulla cui contabilizzazione sono in corso ancora verifiche delle autorità, fosse iscritta a patrimonio netto e non a conto economico il rosso si amplierebbe di 1,2 miliardi, cioè il valore della plusvalenza al netto delle imposte. Nonostante il profondo rosso, la banca ha escluso la necessità di un aumento di capitale. Quanto alla remunerazione degli azionisti, per quanto riguarda il bilancio 2013 la società ha deciso di distribuire un dividendo in azioni da 10 centesimi. Per l'esercizio in corso, Unicredit prevede un profitto di 2 miliardi.
L'Istituto illustra nella sua nota anche i principali elementi del piano industriale 2015-2018. Alla fine del periodo l'utile netto è previsto a 6,6 miliardi, mentre l'indicatore di redditività operativa (Rote) è previsto al 13%. "La qualità dell’attivo rimane una priorità con un tasso di copertura target al di sopra del 50% sui crediti deteriorati e un costo del rischio al di sotto di 70 punti base nel 2018". Il nuovo piano industriale prevede inoltre investimenti per 4,5 miliardi "per sostenere la crescita dei ricavi e di ridurre la base dei costi di ulteriori 1,3 miliardi". Tra le varie annotazioni, Unicredit segna la contabilizzazione di 727 milioni di oneri di ristrutturazione nel 2013, 699 milioni dei quali nel quarto trimestre: "Tali progetti determineranno una riduzione dell’organico di circa 8.500 unità entro il 2018 (di cui oltre 5.700 in Italia), consentendo risparmi per 300 milioni nel 2016 e 700 milioni su base ricorrente a partire dal 2018".
Tra le altre annotazioni spicca la direzione tracciata per una sorta di bad bank dell'istituto, progetto del quale si è detto a lungo anche con sinergie possibile con l'altra big italiana, Intesa Sanpaolo. Il piano "prevede un reporting distinto del portafoglio non core italiano, che si programma di ridurre del 63% entro il 2018. Il Portafoglio non core comprende circa €87 miliardi di crediti lordi, comprendente sia crediti in bonis (33%) sia crediti deteriorati (67%) dei quali più dell’80% originato prima del 2009". Unicredit, aggiunge la nota, diventa "la prima banca italiana a istituire e rendere pienamente operativo un portafoglio segregato e ad assicurare una totale trasparenza sul processo di riduzione con cadenza trimestrale".
Gli obiettivi del piano industriale, ha commentato Ghizzoni durante la conferenza stampa, "sono molto sfidanti ma alla nostra portata. La fiducia è molto alta e anche il morale. Oggigiorno ci vuole coraggio. Bisogna affrontare la situazione di petto e noi abbiamo deciso di farlo. Invece di risolvere la cosa su quattro-cinque anni abbiamo deciso di farlo tutto in un anno, così siamo pronti a ripartire"
Fuori dal piano, per una gestione più attiva del portafoglio partecipazioni, Unicredit ha confermato l'intenzione di quotare in Borsa Fineco "per imprimere un'ulteriore accelerazione alla sua crescita". L'operazione è prevista nel corso del 2014. In parallelo, UniCredit valuterà la potenziale cessione di UniCredit Credit Management Bank (UCCMB) la più grande piattaforma di riscossione di crediti in Italia, a un operatore specializzato. Questo consentirebbe a UniCredit di estrarre maggiore valore dall’ottimizzazione de recupero crediti".
Dopo un iniziale sbandamento, il mercato festeggia la pulizia di bilancio decisa dai vertici della società e acquista il titolo Unicredit in Borsa.
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