Banco Popolare, Unicredit e Ubi aumentano i prezzi dei depositi per il fondo di risoluzione
I clienti del Banco Popolare, con il saldo di fine anno, riceveranno una spiacevole sorpresa: una «maggiorazione» di 25 euro sui costi del proprio conto corrente per recuperare il contributo dell’istituto al Fondo nazionale di risoluzione delle crisi bancarie. Si tratta del fondo istituito presso Banca d’Italia, quello per capirsi che ha consentito il salvataggio delle quattro banche finite in risoluzione nel novembre dello scorso anno: Banca Marche, Etruria, CariFerrara e cariChieti. La comunicazione, arrivata alle filiali nei giorni scorsi, fa riferimento ad una delibera del comitato esecutivo del Banco Popolare del sei settembre scorso e riguarderà «tutti i rapporti di conto corrente e assimilati dei clienti privati e imprese». In realtà, si spiega dall’istituto, la maggiorazione riguarderà tra un milione e un milione e mezzo di clienti che attualmente hanno conti a canone zero.
Il Fondo europeo
Ma il caso del Banco Popolare non è isolato. Dal primo luglio scorso Unicredit ha ritoccato il canone mensile di alcune tipologie di conto corrente (i conti denominati MyGenius Silver, Gold e Platinum) di circa 2 euro al mese, portando il costo totale rispettivamente a 5, 7 e 12 euro al mese. In questo il riferimento, comunicato ai clienti con l’estratto conto del primo trimestre di quest’anno, fa riferimento ad una serie di «eventi» che hanno comportato maggiori costi per l’istituto. Tra questi c’è l’entrata in vigore dell’accordo Facta sul contrasto all’evasione fiscale (che è operativo dal 2014), l’aumento dell’Iva (che risale al 2013), l’adeguamento del sistema informatico e anche l’accordo per la costituzione del «single resolution fund», il fondo di risoluzione europeo in vigore dal primo gennaio di quest’anno che sarà chiamato ad intervenire per evitare fallimenti bancari a livello continentale.
Anche Ubi Banca si è mossa in estate, con un aumento di 12 euro annui dei costi del conto corrente. L’istituto fa riferimento ad un vero e proprio aumento dei «costi di produzione»: circa 60 milioni all’anno relativi all’applicazione di due direttive europee: il fondo di risoluzione, appunto. E lo schema obbligatorio di tutela dei depositi, anche questo europeo, che dovrà intervenire per garantire i conti fino a 100 mila euro.
Recupero dei costi
Dagli istituti si sottolinea che il sistema bancario, che sta affrontato una fase id mercato estremamente complessa per l’effetto di circostanze come i tassi di interesse bassi, un costo del credito che riflette l’andamento di un’economia ancora debole, «sostiene anche costi “normativi” crescenti. Senza con questo voler confondere una cosa con l’altra, condividere una parte del costo con i clienti, quando questo è chiaramente identificato e corrispondente a un’assicurazione ulteriore per lo stesso è una manovra che permette alla banca di recuperare i costi solo in parte».
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, altri grandi istituti non hanno applicato simili ricarichi sui clienti. Non lo hanno fatto Intesa Sanpaolo, principale banca del paese per numero di clienti, né Montepaschi o Bpm.
Adusbef e Federconsumatori denunciano «l’ennesimo furto con destrezza ai danni dei correntisti (...) costretti a pagare gli errori dei banchieri ed una gestione dissennata del credito e del risparmio».
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