da repubblica
UNO STUDIO DI BANCA ALBERTINI SYZ LANCIA L’ALLARME : LA METÀ DI QUESTE REALTÀ È DESTINATA A SCOMPARIRE A CAUSA DI UNA MANCATA PROGRAMMAZIONE DEL PASSAGGIO GENERAZIONALE AL TIMONE DELL’IMPRESA DI FAMIGLIA
Giorgio Lonardi
Milano C’ è un nuovo pericolo all’orizzonte delle imprese familiari italiane: il passaggio generazionale che nei prossimi 10 anni coinvolgerà un milione di Pmi, il 20% del totale. Almeno la metà di esse è infatti destinata a scomparire a causa di una mancata programmazione della successione d’impresa. Le aziende più avvedute sono già corse ai ripari da tempo imponendosi regole ferree per governare la successione. Lo confermano gli oltre 200 “Patti di Famiglia” siglati sotto la regia di Ambrosetti. E lo certificano i nomi che filtrano attraverso la tradizionale cortina di riserbo da quello dei Lunelli (Cantine Ferrari) agli Illy, i re triestini del caffè, senza dimenticare i Monini di Spoleto (Olio Monini). A lanciare l’allarme è un rapporto di Banca Albertini Syz basato su studi della Commissione Europea e sulla loro proiezione a livello nazionale. Secondo queste fonti solo una quota compresa fra il 25% e il 33% delle aziende del vecchio continente manterranno sia la continuità operativa sia la continuità nell’assetto proprietario dopo il passaggio di seconda generazione. Una percentuale che scende fra il 10% e il 15% dopo il passaggio di terza generazione. Insomma, dimenticate il caso di Margherita Agnelli in fiero contrasto con i suoi figli per l’eredità del padre (e nonno) Gianni Agnelli. E lasciate in archivio lo scontro mitologico fra Bernardino Caprotti padre-padrone di Esselunga e i figlioli che hanno cercato invano
di mettere bocca nelle politiche aziendali della doviziosa catena di supermercati. Ormai la questione del passaggio generazionale sta per diventare un fenomeno di massa capace di coivolgere migliaia di famiglie imprenditoriali. Roba da far impallidere anche la guerriglia combattuta in passato da frotte di cugini Marzotto divisi in cordate per ottenere il controllo di Valentino. Poi è arrivato il fondo Permira e ha preso tutto. Basta fare due conti per capire quanto la situazione sia delicata e quali rischi si profilino all’orizzonte di un sistema industriale già provato da sei anni di crisi durissima. In Italia le imprese familiari sono 5 milioni e influiscono sul Pil per quasi l’80% dando lavoro al 75% della forza lavoro. Ebbene, nel prossimo decennio almeno 100 mila imprese all’anno dovranno passare attraverso le forche caudine del passaggio generazionale. Di queste 50 mila chiuderanno, altre 25-30 mila saranno cedute ad una nuova proprietà e solo 20 mila rimarranno in famiglia. E allora? Secondo Daniele Piccolo, Condirettore Generale Banca Albertini Syz, gli strumenti per pilotare con successo il passaggio generazionale sono già disponibili. Basta saperli usare e muoversi per tempo. A cominciare dallo “Statuto di famiglia”, un documento che deve essere condiviso dai membri della famniglia stessa e va cucito su misura delle caratteristiche di ogni singolo nucleo. Lo Statuto si può occupare di temi differenti dalle modalità per assicurare la governance del gruppo garantendone la leadership unitaria e salvaguardando gli interessi degli altri membri della famiglia alla politica dei compensi e ai criteri della circolazione delle quote proprietarie. Un aspetto importante riguarda le regole per l’inserimento dei giovani nell’impresa di famiglia: lingue conosciute, voto di laurea, esperienze in altre aziende. Ancora più rilevanti le regole per risolvere i conflitti. “Uno Statuto di famiglia”, osserva Piccolo, “può anche riguardare l’utilizzo degli immobili o dei beni che non fanno parte dell’azienda. Oppure può definire lo ‘stile’ dei comportamenti adottati in pubblico. Noi come banchieri d’affari assistiamo i nostri clienti per assicurare la migliore gestione possibile del loro patrimonio. E in alcuni casi ci comportiamo come advisor: se è opportuno uno Statuto di famiglia la cosa migliore è rivolgersi ad Ambrosetti che in Italia ha inventato questo strumento”. Il ruolo del banchiere d’affari diventa invece strategico quando c’è la necessità di applicare un “Patto di famiglia”, strumento giuridico introdotto nel 2006 con la riforma Vietti che consente di cedere l’azienda (oppure delle quote) ad un erede in vita del proprietario. In questo caso è necessario che ci sia l’accordo degli eredi stessi. Una ricerca condotta proprio da Banca Albertini Syz dimostra che il tasso di crescita della redditività aziendale necessario a sostenere una distribuzione costante dei dividendi all’aumentare delle generazioni varia fra l’8% (due figli) e il 12% (quattro figli). Se la crescita è inferiore può essere conveniente ricorrere al Patto di famiglia. E in questo caso, come dice Piccolo ci sono diversi soluzioni. A cominciare dal Leverage buy out (Lbo) che in sostanza consiste nell’indebitamento dell’azienda per liquidare i coeredi. In alternativa si può pilotare l’ingresso di un nuovo socio imprenditoriale o finanziario come un Fondo; ben sapendo che il Fondo stesso entro 7-8 anni se ne va.
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