di Gino Pagliuca
Quasi 150
euro al mese se si cambia a tasso fisso, oltre 250 se si punta
sull’indicizzato. È il risparmio possibile sulla rata mensile se si surroga un
mutuo trentennale in corso con un finanziamento ai tassi attuali. Un po’ più
basso, ma comunque sensibile, il risparmio quando l’operazione avviene su un
prestito originariamente stipulato a 20 anni e sempre con debito residuo di 100
mila euro: 132 euro se si opta di nuovo per il fisso, 228 se si sceglie
l’indicizzato.
Per arrivare
a questi risultati abbiamo considerato i tassi fissi stipulati alle condizioni
medie rilevabili a settembre degli ultimi 10 anni ipotizzando per i prestiti
partiti come ventennali la loro surroga con un finanziamento fisso al 4,4% o al
2,4% variabile; per i mutui trentennali abbiamo invece simulato un decimo di
punto in più.
Si tratta di
ipotesi prudenziali perché come si vede anche dalla tabella delle condizioni
stilata da mutuionline sul mercato si trovano prodotti di costo più basso anche
di 40 centesimi rispetto a quanto calcolato per questa simulazione.
Convenienza
La
convenienza è molto più limitata se il mutuo da riconvertire è a tasso
variabile. Bisogna fare attenzione allo spread e non al tasso del finanziamento
per le semplice ragione che i prestiti indicizzati in corso stanno già
beneficiando della riduzione dell’Euribor (o del tasso Bce). Il risparmio
ipotizzabile passando da variabile vecchio a variabile nuovo è comunque
nell’ordine dei 50 euro al mese.
Per
omogeneità di calcolo abbiamo considerato un debito residuo uguale per tutti i
mutui a 100 mila euro, ma il computo del risparmio sulla base delle condizioni
considerate è facilmente effettuabile per qualsiasi altra cifra: basta dividere
per 100 mila la differenza e moltiplicare il risultato per il debito residuo.
Ad esempio ipotizziamo che si voglia rottamare un finanziamento a 20 anni da
140 mila euro partito nel 2009 al 6,2%. Il capitale da restituire ancora
sarebbe di 119.249 euro; il risparmio ottenibile sulla rata sarebbe,
calcolandolo come indicato sopra, di 113,63 euro restando a tasso fisso e di
230,84 euro passando a variabile.
Sono calcoli
che comunque stanno facendo molti titolari di finanziamenti: l’ultimo
osservatorio di mutuionline, aggiornato a tutto agosto 2014, segnala che le
surroghe rappresentano oltre il 35% delle richieste di finanziamento e sono
quindi tornate ai livelli che si registravano nel 2008, all’indomani
dell’introduzione della rottamazione gratuita dei prestiti nel nostro
ordinamento. Se si passa alle erogazioni si registra ancora uno scarto
significativo rispetto alle richieste (16%).
È comunque
indubitabile che le banche guardino con molta attenzione il cliente prima di
surrogargli il prestito. Se capiscono che la richiesta di cambiare mutuo è
dovuta a difficoltà economiche di sicuro negano il finanziamento; lo stesso
fanno se il cliente ha già surrogato in passato il mutuo: siccome per un
istituto accettare una surroga presenta costi fissi che si ammortizzano in anni
(ricordiamo che non si possono richiedere spese di perizia e di istruttoria e
che il costo del notaio per l’atto di trasferimento dell’ipoteca è a carico
della banca) certo un cliente potenzialmente infedele non è gradito.
Meccanismi
Il mondo
creditizio non ha mai amato il sistema delle surroghe introdotto dal cosiddetto
decreto Bersani del 2007 e sta premendo per una modifica perlomeno del divieto
di chiedere penali di anticipata estinzione. Il decreto le ha abrogate del
tutto e da tempo l’Abi preme per una reintroduzione. A livello europeo appare
evidente che i mutui fissi in Italia costano più che altrove. Una delle ragioni
— secondo gli esponenti del mondo creditizio — è che i nostri istituti devono
caricare qualche decimo di punto sugli spread proprio per ricoprirsi dal
rischio della chiusura anzitempo del mutuo. Così la penale la pagano tutti i
clienti e in anticipo.
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