Il governo ricorre alla sua 47esima fiducia per il voto al Senato sulla disposizione che taglia i costi della politica. Approvati i tagli al numero e agli emolumenti dei consiglieri regionali. Che fine fanno i vitalizi?
Il percorso, insomma, è blindato. Non ci sarà più il previsto parere preventivo della Corte dei Conti sulle singole spese regionali, che avrebbe di fatto esautorato la libertà dei consigli eletti, ma permane la possibilità di intervenire per bloccare le spese in atto. Restano, invece, i tagli al numero e agli emolumenti dei consiglieri. Mai più, dunque, una esperienza come quella della regione Lazio. Il decreto riguarda anche Comuni e Province, ma sono soprattutto le spese regionali ad essere regolamentate.
Il numero dei consiglieri regionali verrà ridotto in base a quello degli abitanti della regione, secondo quanto già stabilito dalla legge anticrisi dell’estate 2011. Il decreto impone alle regioni di fare questi tagli entro sei mesi. Lo stipendio di assessori, presidenti e consiglieri è fissato sui parametri della regione più virtuosa: nessun presidente potrà prendere più di 13.800 euro lordi al mese che diventano 11 mila per i consiglieri.
Verrà tagliata anche l’indennità di fine mandato, e non sarà più possibile essere pagati per altri incarichi politici all’interno della stessa amministrazione (per esempio la partecipazione a più commissioni).
Nella definizione dei costi fanno scuola le regioni più parsimoniose e se le altre non si adeguano a questi standard, a farne le spese non saranno i cittadini, con il taglio dei servizi, ma i consiglieri stessi con la decurtazione dell’indennità. Finirà il costume dei «monogruppi», cioè dei gruppi consiliari costituiti da una sola persona che prende, per questo, l’emolumento di consigliere più il finanziamento come gruppo.
La situazione patrimoniale degli eletti dovrà essere messa on line sul sito della regione. Similmente saranno tagliate le auto blu e finiranno i «vitalizi», dal momento che i consiglieri avranno una posizione contributiva all’Inps come ogni altro lavoratore.
Se molte Regioni si comportavano come satrapie dispendiose, anche altri enti locali hanno compiuto eccessi a cui il legislatore ha inteso porre rimedio. Intanto viene esteso anche ai comuni sotto i 20 mila abitanti la possibilità di accedere al fondo salva-comuni a patto che definiscano un piano di rientro dai conti in rosso, in 5 anni.
Viene ribadito che i comuni possono revocare ad Equitalia la raccolta dei tributi e farsela da soli. Per quelli colpiti dal terremoto dell’Emilia arriva la proroga al pagamento delle tasse (giugno 2013) ma non dei contributi previdenziali.
Una norma specifica è dedicata al salvataggio del comune di Alessandria, a rischio crac, che potrà avere un prestito di 40 milioni da restituire in tre anni. Per quanto riguarda l’Imu, la legge chiarisce che non dovranno pagarla le scuole paritarie così come le altre attività no profit. Ma dovranno versarla - invece - le Fondazioni bancarie.
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