di: Orlando Masiero
Il mercato immobiliare italiano denota un’anomalia incomprensibile: un prolungato ed accentuato calo delle compravendite non accompagnato da un’ altrettanta diminuzione dei prezzi delle case. Dare delle spiegazioni a questo fenomeno è abbastanza difficile.
Il settore è abbastanza vischioso, fenomeno di una ricchezza delle famiglie che consente di aspettare tempi migliori per la vendita (o incapacità, vista l’offerta, di realizzare nel momento in cui comincia una lunga caduta dei prezzi). I prezzi hanno mantenuto un livello straordinariamente più alto della media di lungo periodo in contrasto con l’andamento dello stesso settore in altri paesi e, contro ogni buon senso, in contrapposizione al diminuito potere d’acquisto della gente comune.
Adesso che è caduto anche il tabù del calo dei prezzi delle case (difficile dimostrare che esiste un solo posto in Italia con prezzi superiori o uguali a quelli del 2007) diventa interessante poter capire dove le quotazioni in termini di quantità e durata declineranno.
Dato per scontato un mercato delle case di ultimo grido che verranno vendute a prezzi altissimi, per le altre cosa succederà. Una violenta svalutazione nell’arco di pochi anni, con dei prezzi pre-euro (entro il 2018), o una una lenta e prolungata discesa dei prezzi (almeno per il prossimo decennio).
Probabilmente per la peculiarità del nostro mercato e la lentezza nelle trasformazioni, lo scenario del calo dei prezzi sarà il secondo. Una discesa che darà dei prezzi di qui al 2014 più bassi del costo di costruzione. Dovuto ai tantissimi fallimenti di imprese edili ed immobiliarie, i cui fabbricati stanno arrivando in asta e a soggetti che debbono vendere quanto prima per realizzare quella liquidità che il mondo bancario nega.
Salvo clamorose novità nel contesto politico-economico mondiale, ovviamente.
Oggigiorno in pochissimi riescono a risparmiare e a quei pochi consigliare il mattone come investimento sicuro per eccellenza sarebbe come consigliare i bond argentina che hanno subito un taglio del 75% in conto capitale. Per il mattone questo taglio non sarà così immediato e profondo. Ma in un decennio la perdita potrebbe rasentare il 50%.
Economicamente i proprietari di case avveduti dovrebbero vendere ed andare in affitto trandone sicuri vantaggi monetari, ma qui intervengono abitudini radicate degli italiani ed ogni ragionamento non vale.
Per l’Acri.Ipsos che ha effettuato recenti indagini di mercato ha rilevato un dimezzamento dei soggetti che ritiene utile e vantaggioso un investimento in immobili (35%). L’eccedenza e la bassa qualità stanno creando le condizioni di illiquidità del settore.
L’investimento dovrebbe seguire il recupero dell’esistente con messa a norma degli edifici dal punto di vista statico, di efficienza energetica, qualitativa, evitando quelle storpiature archittettoniche che ci sono state imposte con relativo spreco di territorio e di paesaggio e che hanno contribuito ad alterare la sicurezza idraulica.
Si sono congelati 6000 miliardi di euro nel mattone, di cui 1500 conto formula risparmio (inutilizzabili per carenza di popolazione atta ad abitarli). Forse vi è la necessita di un salto di qualità ed abbandonare questo nostro atteggiamento girando il denaro per salvare il sistema industriale che arranca per mancanza di liquidità e per le enormi tasse a cui è sottoposto. L’edilizia è stata sempre un settore di enorme traino per il PIL. Oggi questa valenza non puo’ più esserle riconosciuta.
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