da "Ilsole24Ore"
«Italy is back», avevamo una gran voglia di sentirlo dire. Ieri lo ha strillato in una lunga analisi sul Financial Times, Philip Stephens uno degli editorialisti più quotati del giornale rosa che si stampa sulla riva Sud del Tamigi. Il «ritorno dell'Italia» va oltre l'azione di risanamento dei conti pubblici e delle dinamiche economiche del nostro Paese, perché «sulle spalle di Monti siede l'Europa», ha riassunto con enfasi la titolazione.
Per solleticare il ritrovato orgoglio nazionale bastava molto meno, ma tanti, ben argomentati concetti sono anche la conseguenza della visita londinese del premier la settimana scorsa. Un successo assoluto doppiato dal seguito di Vittorio Grilli, pure apprezzato nei vicoli della City.
Il tambureggiamento dei media britannici da allora è crescente, in secca distonia con il rumore di martelli che nei mesi scorsi aveva accompagnato il tramonto della stagione politica precedente (quando Berlusconi «faceva battute pesanti sull'aspetto della Merkel»). Asfissianti allora le discese - figlie anche di inevitabili esemplificazioni - entusiasmanti oggi le risalite di credibilità. Non è un caso che anche l'Economist, l'altra metà della prestigiosa cattedrale del giornalismo britannico, abbia speso parole di grande apprezzamento per il presidente del Consiglio italiano. Nei giorni scorsi ci aveva messo del suo anche George Soros ricordando Tommaso Padoa Schioppa e celebrando i Mario & Mario, ovvero Monti e Draghi.
Il tambureggiamento dei media britannici da allora è crescente, in secca distonia con il rumore di martelli che nei mesi scorsi aveva accompagnato il tramonto della stagione politica precedente (quando Berlusconi «faceva battute pesanti sull'aspetto della Merkel»). Asfissianti allora le discese - figlie anche di inevitabili esemplificazioni - entusiasmanti oggi le risalite di credibilità. Non è un caso che anche l'Economist, l'altra metà della prestigiosa cattedrale del giornalismo britannico, abbia speso parole di grande apprezzamento per il presidente del Consiglio italiano. Nei giorni scorsi ci aveva messo del suo anche George Soros ricordando Tommaso Padoa Schioppa e celebrando i Mario & Mario, ovvero Monti e Draghi.
Al presidente della Banca centrale europea dedica qualche riga di rispettoso encomio anche Stephens che però punta l'editoriale su Mario Monti. Non ci dilungheremo sulla descrizione dell'opera di riforma a livello nazionale oggi sotto gli occhi di tutti, ma vale la pena sottolineare il ruolo che è assegnato al presidente del consiglio nel negoziato multilaterale. Monti non solo «è il politico più interessante d'Europa...ma il destino del continente può dipendere da lui». Per il columnist l'annuncio diffuso dalla Casa Bianca per confermare la visita del capo del Governo italiano, con tanti riferimenti a crescita e sviluppo va tradotto così: «Il signor Obama sostiene il signor Monti in tutto e per tutto. Anche quando mette pressione sulla signora Merkel». Ed ecco che, secondo il Financial Times, si ritorna ai tempi di quando «l'Italia contava in Europa», idea buona per ripercorrere il palmares, dalle spinte all'integrazione degli anni Ottanta, al summit milanese del 1985 che spianò la strada al mercato unico, fino a quello di Roma nel 1990 con l'agenda sull'euro e le resistenze di una Margaret Thatcher ormai al nadir della stagione politica.
Per riportare l'Italia ad allora, Monti, nella versione di Stephens, ha due assi da giocare. Il primo consiste nell'azione sul fronte interno per risanare un Paese che è essenziale alla sopravvivenza dell'euro. Il secondo è che ha i numeri per farsi sentire dai tedeschi, essendo «indiscutibile la sua azione da riformista liberale in seno alla Commissione. La sua condotta smentisce tutti gli stereotipi sull'irresponsabile Europa del Sud. Oh, e Obama è con lui - ripete il commentatore - quando dice alla signora Merkel che austerità infinita significa trasformare il patto fiscale in patto suicida».
Monti uber alles, ci verrebbe da aggiungere, inevitabile e rassicurante pensiero, anche perchè Stephens insinua il dubbio di un discreto risentimento francese per l'ombra che il premier italiano stende su Nicolas Sarkozy. Eppure il successo nella complessa mano sulle liberalizzazioni, nell'analisi di Ft, non è del tutto scontato. Da lì passa molto per superare la polarizzazione del dibattito nell'Unione, fino a condurre all'interrogativo ultimo, ovvero se l'Europa possa competere in un mondo in cui l'Occidente non ha più il controllo. «Per questo - conclude Stephens - quanto Monti sta facendo in Italia è davvero importante»
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