da Ilsole24ore
Ma che idee vengono al Fondo monetario internazionale? Nell'ultimo Fiscal monitor (datato 13 ottobre) in un apparentemente innocuo box, a pagina 49, si parla di come mettere una pezza alla crisi del debito che affligge, in particolare, la zona euro. Si apprende, leggendo il paper, che «il netto deterioramento delle finanze pubbliche in molti Paesi ha riacceso l'interesse verso un "prelievo di capitale" - una tassa una tantum sulla ricchezza privata, come misura eccezionale per ripristinare la sostenibilità del debito».
L'Fmi cita alcuni illustri sostenitori di una patrimoniale a ciel (non troppo) sereno, fra cui «Pigou, Ricardo, Schumpeter, e - prima che cambiasse idea - Keynes».
« Le condizioni per il successo sono forti, ma vanno pesate contro i rischi di misure alternative, che comprendono il ripudio del pubblico debito» o una riduzione del debito attraverso misure inflazionistiche. In questi due casi il peso ricadrebbe anche sui non residenti, detentori delle obbligazioni governative.
Il Fmi ricorda i precedenti storici di una maxi-patrimoniale per rimettere i conti pubblici in sesto, in particolare i casi di «Germania e Giappone dopo la seconda Guerra mondiale». Ricordando allo stesso tempo i rischi che un'operazione del genere può causare, «dalla fuga di capitali all'inflazione».
Ma quale sarebbe l'imposizione fiscale necessaria secondo l'Fmi per riportare i debiti pubblici ai livelli pre-crisi? «Richiederebbe, per un campione di 15 Paesi della zona euro, un taglio della ricchezza netta positiva delle famiglie di circa il 10 per cento».
L'istituzione guidata da Christine Lagarde, in parole spicciole, evoca, tra le ipotesi possibili per rimettere in ordine i conti dei 15 Paesi dell'Eurozona, uno scenario alla Cipro. Omette però di ricordare - come peraltro ammesso anche dalla Banca centrale europea - che la crisi è stata causata in primo luogo da una bolla del debito privato.
Lo stesso Fmi, nei giorni scorsi, ha ricordato che entro i prossimi due anni le banche europee dovranno fare i conti con perdite nascoste che, nel caso degli istituti di Italia e Spagna, potrebbero toccare i 230 miliardi di euro.
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