lunedì 11 giugno 2012

Italia senza fondi paga 50 miliardi per salvare banche altrui

Una spirale che si avvita su se stessa di esborsi, per evitare il crack agli altri PIIGS (Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo) con denaro che non abbiamo. E poi ci sono le altre tre rate di versamenti pro-quota del capitale dell'Esm entro la metà del 2014. All'Italia sarebbe richiesto un contributo aggiuntivo pari al 19,8% dei 100 miliardi.



ROMA - Ed ora si sono aggiunte le banche spagnole nella lista degli aiuti europei. È una buona notizia se si guarda all'auspicabile reazione positiva dei mercati al via libera di Bruxelles al sostegno del sistema del credito iberico in difficoltà. Ma è anche un nuovo impegno per tutti i Paesi dell'Eurozona. Non c'è da stupirsi quindi che - in attesa di conoscere i dettagli dell'accordo, che diventerà operativo solo dopo la decisione dell'Ecofin convocato per il 20-21 giugno - al ministero dell'Economia abbiano cominciato a fare i conti su quanto questo nuovo aiuto peserà sul bilancio.

Finora le cifre sono state in salita: nel 2010 il sostegno ai Paesi in difficoltà è costato all'Italia 3,9 miliardi, lo 0,3% del Pil. Nel 2011 la somma degli esborsi è salita a 9,2 miliardi (lo 0,6% del Pil) di cui 3,2 miliardi, 1,6 ciascuno, per gli aiuti a Irlanda e Portogallo erogati tramite il Fondo salva Stati europeo (Efsf-European Financial Stability Facility) ed il resto, 6,1 miliardi di prestiti diretti alla Grecia.

Nel 2012 il governo stima di concedere finanziamenti complessivi in favore di Grecia, Irlanda e Portogallo per 29,5 miliardi che saranno sempre erogati dall'Efsf. In più bisogna conteggiare i versamenti per la sottoscrizione della quota italiana al capitale dell'Esm, (l'European Stability Mechanism), il meccanismo permanente destinato a sostituire il vecchio Fondo salva Stati. Si tratta di circa 5,6 miliardi da versare in due rate. C'è da vedere, a questo punto, se i 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole richiederanno un nuovo intervento, appesantendo il conto dell'Italia. Stando all'ipotesi su cui a Bruxelles e Madrid si sta lavorando, non dovrebbe, perché il finanziamento verrebbe dato a valere sul nuovo Esm che dovrebbe partire in luglio. Diversamente sarebbe se invece a scattare fossero ancora le regole dell'Efsf, perché si richiederebbe all'Italia un contributo aggiuntivo pari al 19,8% dei 100 miliardi.

In ogni caso il calcolo è già salato così, 48,2 miliardi di euro di esborsi entro il 2012 senza contare quindi le altre tre rate di versamenti pro-quota del capitale dell'Esm entro la metà del 2014. Nonché l'impegno per l'esaurimento degli aiuti già programmati dall'Efsf. Tanto per dare una cifra della crisi che l'Europa sta attraversando, secondo la sintesi elaborata dalla Banca d'Italia nella sua relazione all'Assemblea del 31 maggio, nel 2011 sono stati erogati prestiti per 110 miliardi di cui 74,9 da parte di Paesi e istituzioni finanziarie europei e 35,1 da parte del Fmi, di cui 34,5 a favore dell'Irlanda, 34 del Portogallo e 41,5 alla Grecia.

Nella prima parte del 2012 sono stati concessi ulteriori prestiti per 102,7 miliardi (91,8 europei e 10,9 del Fmi): 13,8 miliardi per l'Irlanda, 14,3 per il Portogallo e 74,6 per la Grecia. Complessivamente sono stati concessi più di 244 miliardi di prestiti a fronte di piani di sostegno che prevedono finanziamenti fino al 2016 per 391 miliardi. Cifre imponenti che testimoniano le difficoltà nella difesa dell'Eurozona. E che da quando la crisi si è aggravata fanno guardare con apprensione ad ogni riapertura dei mercati, ad inizio settimana. Quella di oggi non fa eccezione. Anche se è proprio puntando ad alleggerire gli umori degli investitori che ieri è stato raggiunto l'accordo sulle banche spagnole.

L'attesa è alta, come i timori, anche se il segnale dato, secondo molti esperti, è forte. Non tanto e non solo perché risponde alle aspettative che hanno condizionato quotazioni e prezzi nelle ultime due settimane. Ma perché spezza il legame tra finanziamenti europei e debito degli Stati. Il meccanismo individuato per Madrid (aiuti che transitano sul fondo iberico di ristrutturazione bancaria, Frob) interviene direttamente sul settore creditizio e non coinvolge lo Stato e il suo debito. Con l'effetto di non portare alla richiesta di misure di austerità al governo ma solo, come finora è emerso, di impegni di risanamento del settore bancario.

Le preoccupazioni e le previsioni buie certo non mancano, come quelle che esprime Citigroup su un possibile immediato contagio dell'Italia, ma ci sono anche analisi più positive come quella della Morgan Stanley. Il Tesoro, comunque, è fiducioso su un allentamento delle tensioni sui tassi dei titoli di Stato e sugli spread con i Bund tedeschi. Perlomeno per la parte che riguarda la Spagna, visto che per la definizione di uno scenario più disteso occorre aspettare il voto in Grecia e soprattutto le intese politiche in Europa. Quanto alle banche italiane, le incognite sui debiti sovrani possono coinvolgerle, ma sono nel complesso più solide delle spagnole e Bankitalia afferma che rispetteranno gli impegni di ricapitalizzazione chiesti entro giugno dall'Eba, l'autorità di vigilanza europea, e imposti, con l'inizio del prossimo anno, dall'accordo di Basilea3.

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