sabato 3 dicembre 2011

Con il crac dell'euro stipendi dimezzati e fallimenti a catena

da: http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/432843/

DOSSIER- I RISCHI DELL'USCITA DALLA MONETA UNICA


La nuova lira crollerebbe, inflazione e tassi alle stelle
Le svalutazioni dei nostri beni arriverebbero al 60%

TONIA MASTROBUONI
Avete un mutuo, una macchina, un frigo o un prestito da ripagare? Avete uno stipendio medio, insomma non proprio da nababbi? Siete abituati a viaggiare da un Paese all’altro senza contare i soldi nel portafoglio? Siete abituati a lamentarvi se il latte o il pane aumentano di qualche centesimo? Se a una o più domande avrete risposto di sì, dovrete fare il tifo perché l’Italia non esca mai dall’euro. I buontemponi che in queste settimane si divertono a caldeggiare un ritorno alla lira non spiegano mai gli scenari concreti di un’uscita dalla moneta unica per le vostre tasche. E per l’Italia. Eccoli.

Fallimento dei debiti
Premessa: non esiste una clausola di uscita dall’euro scritta nei Trattati europei. Si può solo uscire dall’Unione europea. Ma poniamo il caso che l’Italia riesca davvero a fare una «secessione» dall’Eurozona. Il primo dilemma sarebbe decidere se convertire o meno tutti i debiti attualmente denominati in euro, compreso quello pubblico da oltre 1.900 miliardi, nella nuova moneta. Schiere di avvocati delle banche o delle finanziarie che detengono titoli di Stato e crediti con l’Italia sarebbero coi fucili puntati, pronti a mettere in dubbio qualsiasi ipotesi di cambio. Meglio, allora, lasciarli in euro?

Anzitutto la lira crollerebbe 
A quel punto si aprirebbe un altro scenario terrificante: la lira subirebbe sicuramente una svalutazione molto pesante rispetto all’euro. Un rapporto della banca d’affari Ubs che si esercita proprio sull’ipotesi di uscita dall’Eurozona di un Paese come l’Italia, ritiene probabile, in questo caso, un crollo della lira del 60 per cento. Vuol dire che gli stipendi e le pensioni varrebbero improvvisamenteil 60 per cento in meno. A fine mese, per pagare la solita rata del muto o del frigo bisognerebbe mettere cioè molti più soldi. Facile immaginare che per milioni di persone che hanno pochi margini di risparmio significherebbe perdere case, frigo, automobili o finire pignorati dalle banche. Lo Stato, infine, sarebbe costretto a dichiarare fallimento su un debito più che raddoppiato da un giorno all’altro. In altre parole, come ricordano molti italiani rimasti «bruciati» dai tango bond argentini, non ripagherebbe una parte del debito. Infine, per evitare tracolli e oscillazioni troppo violente della moneta, è probabile anche che si arrivi a un blocco dei capitali. Vuol dire, ad esempio, che per andare all’estero si avranno i soldi contati.

Inflazione e interessi alle stelle 
Il fallimento del debito pubblico farebbe schizzare gli interessi alle stelle facendoci velocemente dimenticare questi 13 anni di moneta unica con tassi ai minimi. Per riconquistare la fiducia dei mercati l’onere sui prestiti di ogni tipo balzerebbe, nello scenario Ubs meno pessimista, di ben 7 punti rispetto al livello attuale. Le banche rischierebbero così di paralizzarsi o addirittura di fallire - anche a causa del «bank running», delle corse a ritirare i soldi dai conti e dai depositi che è uno scenario tipico, in questi casi. Allora, chiosa la banca d’affari svizzera, si potrebbe arrivare al totale congelamento del credito. Anche l’inflazione schizzerebbe a livelli inauditi, nel caso di uscita dell’euro e sarebbe aggravata dalla particolare struttura della nostra bilancia commerciale, cioè della differenza che c’è tra entrate e uscite. Siccome in Italia siamo costretti a importare molto e per di più beni insostituibili come l’energia, i prezzi si infiammerebbero ancora di più. Un altro elemento che si mangerebbe pensioni e salari.

L’apnea delle banche 
Un dilemma simile a quello per il debito si aprirebbe per i conti o i depositi in euro: convertirli o no? Prima che si arrivi a sciogliere questo dilemma è molto probabile che gli istituti di credito vengano presi d’assalto facendo collassare il sistema. Ma in ogni caso anche qui la mannaia sarebbe comunque la pesante svalutazione rispetto all’euro. Complessivamente, una scelta così drastica come quella di abbandonare l’euro costerebbe a ogni cittadino italiano, secondo Ubs, inizialmente tra 9.500-11.500 euro all’anno. Passata l’emergenza, il costo rimarrebbe comunque alto, tra 3-4000 euro all’anno.

venerdì 2 dicembre 2011

Azionario Europa: rialzo settimanale record in tre anni

Milano - Le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel galvanizzano i mercati e riducono ulteriormente la tensione sui titoli di stato europei, tanto che lo spread tra Italia e Germania a dieci anni testa il minimo in un mese, attestandosi a quota 426 punti. Prosegue anche il ribasso dei rendimenti decennali, che scendono al 6,4%. In calo anche lo spread Spagna-Germania, a 333 punti, mentre quello Francia-Germania, ieri crollato dopo l'asta positiva fino a -22%, risale e riagguanta quota 100 punti, (+9%, a 101 punti).

In forte rialzo i listini europei: Piazza Affari assiste a un balzo del 2,43% del Ftse Mib, che supera alle 12.30 ora italiana quota 15.600 punti. In un listino quasi tutto tinto di verde, si mettono in evidenza i balzi di Unicredit +3,18%, Intesa SanPaolo +4,59%, MPS +4,86%, Banco Popolare +3,12%. Forti acquisti ancora su Fondiaria-Sai, che balza più dell'11, come ieri. Buy anche su Mediolanum +3,61%, Fiat +4,56%, Tenaris +3,74%. 

Bene anche le altre piazze finanziarie europee: Londra +1,45%, Francoforte +1,61%, Parigi +1,70%, Madrid +1,70%. Il listino del paese iberico è tra i migliori nonostante la pubblicazione del rapporto sulla disoccupazione, che nel terzo trimestre è balzata al 21,52%, al record degli ultimi 15 anni..

Il discorso della Merkel è stato a toni chiaro-scuri: la cancelliera ha affermato che potrebbero volerci anni per risolvere la crisi dei debiti sovrani in Europa, ma ha anche rassicurato sul fatto che l'Europa è sul punto di realizzare l'unione fiscale. Certo, la leader tedesca ha ribadito i suoi no all'eurobond e all'ampliamento dei poteri della Bce, ma ora i mercati scommettono sull'arrivo di misure concrete in occasione del prossimo meeting del Consiglio europeo, in calendario la prossima settimana. 

Tra i market mover della giornata il rapporto sull'occupazione Usa, che sarà reso noto alle 14.30 ora italiana. 

Intanto l'azionario europeo si appresta a concludere la settimana all'insegna degli acquisti. L'indice Stoxx Europe 600 ha segnato infatti il rally più sostenuto dal novembre del 2008, su base settimanale. Negli ultimi cinque giorni di contrattazione, lo Stoxx 600 è salito del 9,1%, sulla scia dell'azione coordinata annunciata dalle banche centrali europei e anche per la decisione della Cina di ridurre il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche.