venerdì 30 marzo 2012

Roubini: euro dovrebbe toccare parità dollaro

da: mercati e borse
Roma - Risolvere l'annoso problema della crisi dei debiti sovrani europei? Per Nouriel Roubini, economista noto come "Dr. Doom" per le sue previsioni ribassiste (che si sono poi avverate), è necessario che l'euro scivoli fino a toccare la parità con il dollaro americano. Solo in questo modo le economie dei paesi periferici potranno tornare a crescere. 

"L'Eurozona ha bisogno di un deprezzamento reale (della moneta) nei paesi periferici affinchè queste economie possano tornare a crescere e a essere competitive - ha detto in occasione del convegno Ambrosetti che si svolge nei pressi del lago di Como - I paesi periferici hanno bisogno di avere un euro più vicino alla parità con il dollaro". 

Roubini ha aggiunto che al momento i mercati sono"schizofrenici", non riuscendo a capire se devono premiare o punire paesi come l'Italia e la Spagna per le misure di austerity lanciate. "Esiste un circolo vizioso, con le misure di austerity che rendono peggiore la recessione. Senza la crescita, la risposta socio-politica diventerà un peso difficile da sopportare per alcuni governi".

Sulla Bce, l'economista ammette che l'istituto "è vicino al limite" riguardo alle munizioni di cui è in possesso per aiutare l'Europa. 

In generale, l'Eurozona rimane al top della lista che a suo avviso stanno pesando sull'economia globale: il secondo fattore è rappresentato dalla volatilità dei prezzi del petrolio, alimentata dalle tensioni in Medio Oriente. Roubini avverte dunque che il mondo intero potrebbe far fronte prima a una recessione e poi a una stagflazione.

giovedì 29 marzo 2012

Nuovo conto deposito "InMediolanum" fino al 4,60%

Carissimi, 

nella mia mail del 27/10/2011 pronosticavo una discesa dei tassi dovuta agli sforzi messi in campo per risolvere questa crisi e dicevo:
...............
"A mio modesto parere, considerando gli sforzi che si stanno mettendo in campo per uscire da questa crisi dovremmo essere arrivati ad un livello di rendimenti eccezionale. Col rientrare della crisi, i tassi sui titoli di stato dovrebbero ridursi e così di conseguenza le offerte sui conti deposito e PCT. Ritengo sia il momento perfetto per approfittarne."

L'ultima asta BOT a 3 mesi ha avuto un rendimento lordo dello 0,49% (articolo da "Repubblica.it") e l'asta a 12 mesi un rendimento lordo intorno al 1,40%.

In questa situazione di mercato Banca Mediolanum lancia una interessante iniziativa di marketing (articolo da "Il Giornale"):
Il conto deposito "InMediolanum" in cui la Banca ti offre il 4,00% e tu puoi aumentarti il rendimento fino al 4,60%

Per cogliere questa opportunità o per farla cogliere alle persone a te care ti invito a contattarmi all'indirizzo culturafinanziaria@gmail.com 

MPS: perdita netta di 4,69 mld, svalutazioni 4,51 mld

da asca
Roma - MPS ha chiuso l'esercizio del 2011 con una perdita netta di 4,69 miliardi di euro. Hanno pesato le svalutazione dell'avviamento e di altri asset intangibili per complessivi 4,51 miliardi di euro. In aumento le rettifiche su crediti pari a 1,3 miliardi di euro. Rettifiche sulle attivita' finanziarie disponibili per la vendita pari a 153 milioni. 

In attesa di informazioni sulla performance del titolo, da segnalare il trend a 1,6 e 12 mesi delle quotazioni della banca senese: MPS ha perso il 54,45% su base annua, scendendo dell'11,91% negli ultimi sei mesi e facendo -3,73% nell'ultimo mese. 

Accantonamenti per rischi e oneri in crescita di circa 151 milioni rispetto al 2010 a causa di maggiori accantonamenti per cause legali e revocatorie ed altri oneri non ricorrenti. 

In calo i ricavi (-1,2%) per effetto della riduzione del margine di interesse (-2,4% a/a, in ripresa nel quarto trimestre +6,4%) e delle commissioni nette (-6% a/a) solo parzialmente controbilanciati da un risultato dell'attivita' di negoziazione in miglioramento rispetto al 2010 (166 milioni vs. -23,1 milioni), grazie anche a componenti non ricorrenti. 

La dinamica della raccolta diretta ha risentito della flessione della raccolta con controparti istituzionali in calo di circa il 37% sul 2010 (CD wholesale e PCT mercato) mentre si e' mantenuta sostanzialmente stabile la raccolta retail (+0,3% a/a) con collocamenti obbligazionari per circa 14 mld. In calo gli impieghi (-5,6% a/a), con riduzione concentrata nell'ultimo trimestre (-5,5% rispetto al terzo trimestre), giustificata in parte dalla forte attenzione posta al tema della liquidita'. 

Sbilancio commerciale in diminuzione di circa 6 miliardi accompagnato da un aumento della raccolta a medio lungo termine (+11,9% a/a) Tier I ratio all'11,1% rispetto all'8,4% del 2010 grazie all'aumento di capitale e alle operazioni di capital management. Core Tier 1 all' 8,5% al netto dei Tremonti Bond.

mercoledì 28 marzo 2012

Spostare il conto fa risparmiare fino a 1.000 euro in un anno

da: http://www.borsaitaliana.it/

Si risparmia fino a 1.000 euro in un anno, ma in pochi lo fanno


FTAOnline, Milano, 19 Mar - 11:48


Può costringere a una lunga attesa e, nell’immediato, a qualche spesa supplementare, ma sul lungo periodo cambiare banca conviene. Una ricerca svolta da Altroconsumo.it ha rivelato che gli italiani – anche a causa di lungaggini burocratiche spesso create ad arte dalle banche per scoraggiare la mobilità dei conti correnti – sono restii a lasciare il proprio istituto di credito, nonostante i vantaggi che ne ricaverebbero.
Fino a 1.000 euro di risparmio in un anno
Un maggior dinamismo dei conti correnti avrebbe influssi positivi sul tasso di concorrenzialità del mercato bancario italiano e, soprattutto, sul portafoglio dei risparmiatori: a queste conclusioni è giunta un’ampia indagine di Altroconsumo.it, che ha appurato come trasferire il proprio conto da una banca a un’altra possa fare risparmiare dai 330 ai 1.000 euro in un anno.
Secondo quanto rilevato dall’associazione per la difesa dei consumatori, la maggior parte dei risparmiatori italiani non ha mai lasciato il proprio istituto di credito, nonostante i possibili vantaggi che potrebbero derivare da un simile passo. A sconsigliare la mobilità bancaria a ben il 55% dei consumatori sarebbero gli ostacoli posti dalle banche sulla via dei correntisti insoddisfatti che vorrebbero trasferire il proprio conto altrove.
Analizzando i foglietti informativi di 23 istituti bancari attivi in Italia, Altroconsumo ha infatti scoperto come un risparmiatore che desideri spostare il proprio conto corrente da una banca a un’altra debba aspettare in media 35 giorni (con attese che arrivano anche ai 4 mesi), un periodo durante il quale il risparmiatore è costretto a sostenere le spese di gestione dei conti in due banche differenti. Poiché si tratterebbe, in sostanza, di affrontare un esborso doppio, in molti si lasciano scoraggiare e non procedono al trasferimento dei proprio risparmi.

Banche italiane: stanno in piedi solo con gli euro della Bce

di: MERCATI & BORSE
Roma - Acquisti di titoli di stato italiani e spagnoli, tassi che scendono, tensioni sul mercato dei bond che si smorzano. E' tutto merito delle banche, che stanno utilizzando in questo modo i mille miliardi di euro ricevuti con le due operazioni LTRO della Bce, ovvero con le due maxi iniezione di liquidità. 

Gli acquisti stanno avvenendo a un ritmo tale che, secondo i dati dell'Eurotower, gli istituti italiani hanno acquistato vtitoli di Stato del debito pubblico europei a una cifra record di 23 miliardi di euro, portando il totale a 301,6 miliardi. 

Nello stesso periodo, in Spagna l'acquisto di bond è statodi 15,7 miliardi, in leggero calo rispetto ai 23 miliardi di gennaio, per un totale di 245,8 miliardi di euro. Un aumento negli acquisti e' stato registrato anche per le banche francesi, tedesche, greche e portoghesi. 

Nell'elencare questi dati, arriva la prova del nove del piano delle banche: acquistare titoli di stato con i soldoni della Bce per allentare la tensione e per tutelarsi ovviamente anche dal rischio di incorrere in nuove svalutazioni a causa della perdita di valore di quegli stessi titoli che detengono in portafoglio. E nel caso dell'Italia, gli acquisti avvengono anche a livelli record. Sembra non esserci spazio, dunque, per devolvere i soldi della Bce all'economia reale. E in effetti gli ultimi dati in arrivo dall'Abi mettono in rilievo come, sempre a febbraio, le banche italiane abbiano erogato prestiti a famiglie e imprese a un ritmo di crescita inferiore all'1%, per la prima volta dall'aprile del 2010, ovvero in quasi due anni. Di fatto, l'ammontare totale è stato di 1.508 miliardi di euro, in rialzo dello 0,96% su base annua (e dell'1,88% su base mensile). Il dato disaggregato e' relativo a fine gennaio e mostra un rallentamento dei finanziamenti sia per le imprese (+1%) che per le famiglie (+3,2%).

Insomma, famiglie e imprese sacrificate per i bilanci delle banche, tra l'altro in modo artificiale. Cosa accadrà infatti con la fine dell'ondata di liquidità da parte della Bce? E cosa accadrà agli stessi titoli di stato italiani ed europei quando le banche non faranno più "shopping"?.

martedì 27 marzo 2012

Unicredit: svalutazioni per 10,3 miliardi, no a dividendo

Milano - Una perdita netta di 9,2 miliardi di euro, provocata da svalutazioni per un totale di 10,3 miliardi, di cui 310 milioni sofferte per l'esposizione verso i bond greci. E' in questo modo che la banca numero uno in Italia, Unicredit, ha chiuso il 2011.

Escludendo anche le componenti straordinarie, il risultato netto è di 1,1 miliardi, in calo del 27,3% su base annua. Dal comunicato emanato risulta inoltre che il consiglio di amministrazione proporrà all'assemblea dei soci la non distribuzione dei dividendi. 

Sui risultati, hanno pesato soprattutto le svalutazioni relative al terzo trimestre. Nel quarto trimestre del 2011, la banca ha invece incassato utili per 114 milioni di euro, su base netta. Il risultato è stato migliore delle stime degli analisti, che parlavano di 30 milioni di euro, rispetto ai 321 milioni di euro degli ultimi tre mesi del 2010.

Unicredit ha affermato che il Core Tier 1 è stato pari al 9,97% su base pro-forma, prendendo in considerazione l'aumento di capitale da 7,5 miliardi di euro avviato nel gennaio di quest'anno. 

Il titolo reagisce positivamente alla pubblicazione dei conti di Unicredit: dopo essere arrivato a salire anche più del 3%, le quotazioni salgono del 2,67% a 4,076 euro. Su base annua, il trend del titolo è ancora negativo, in perdita del 66,91% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Unicredit ha inoltre perso il 14,28% negli ultimi 6 mesi, ma nell'ultimo mese ha recuperato +4,67%.

lunedì 26 marzo 2012

Banche sotto inchiesta: manipolavano i tassi

da WSI
New York - C'e' gia' chi parla del piu' grande scandalo finanziario della storia. Una serie di banche tra cui la svizzera UBS, l'inglese Barclays e le americane Citigroup e Bank of America, sono finite sotto inchiesta per una presunta manipolazione di quello che e' il tasso di riferimento per centinaia di miliardi di prodotti finanziari.

Curioso che l'informazione sia stata svelata dalla stessa svizzera Ubs: con ogni probabilita', autodenunciandosi, il gruppo spera di godere di un'immunita' parziale.

Secondo l'accusa, 18 istituti di credito avrebbero mantenuto artificialmente basso il tasso del Libor - la cifra "piu' importante al mondo" - per non sembrare vulnerabili o per gonfiare gli utili. Si tratta del tasso d’interesse utilizzato dalle banche per prestare denaro l'una all'altra. 

L'indagine - di cui aveva dato un'anticipazione qualche giorno fa il Financial Times e che oggi e' diventata ufficiale - e' stata avviata dalle autorita' di vigilanza di Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone su 16 grandi gruppi sospettati di aver manipolato il tasso di riferimento per le indicizzazioni dei mutui. 

Al centro dell' inchiesta ci sono la britannica Barclays, Citigroup, Bank of America e Ubs. Le quattro banche hanno ricevuto un mandato di comparizione per aver manipolato il tasso tra il 2006 e il 2008.

Secondo Bloomberg la vigilanza americana ha chiesto a Citigroup, Deutsche Bank, Bank of America e Jp Morgan di permettere ai propri dipendenti di contribuire all'indagine.

venerdì 23 marzo 2012

S&P: Italia il rischio maggiore per l'intera Eurozona

da wsi
New York - "L'Italia resta nell'occhio della tempesta" nonostante il recente calo dei rendimenti sul debito pubblico e rappresenta la maggiore fonte di rischio per l'intera Eurozona. E' questa l'opinione di Moritz Kraemer, responsabile del debito sovrano dell'agenzia di rating Standard & Poor's.

Secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Market News International, parlando dei prestiti triennali concessi dalla Bce alle banche dell'Eurozona, Kraemer ha spiegato che queste operazioni hanno "fatto scendere i rendimenti sui titoli di stato, ma il lavoro non e' ancora finito". 

"L'unica cosa che la Bce ha fatto e' stata quella di guadagnare tempo. Ora e' importante quello che si fa una volta che si e' guadagnato tempo", ha detto l'analista intervenendo a un convegno a Francoforte. 

Sui vari paesi dell'Eurozona scossi dalla crisi del debito sovrano, Kraemer ha osservato come Portogallo e Cipro siano in una situazione problematica. 

"L'Italia con le sue grandi necessita' di finanziamento" per il debito pubblico, "rappresenta il maggiore rischio per l'Eurozona" ha spiegato Kraemer. 

Per il responsabilie di Standard & Poor' s ci sono anche rischi di "compiacenza" nell'Eurozona legati all'andamento del costo del debito pubblico. "Una discesa troppo rapida dei rendimenti puo' scoraggiare i politici a proseguire sul sentiero delle riforme".

Roma, invece, ha bisogno di nuove manovre se vuole scongiurare il contagio. La crisi in sintesi non e' volta al termine, nonostante i passi in avanti fatti.

La ristrutturazione del debito portoghese non e' inevitabile, perche' la crisi e' meno grave di quella greca e Lisbona ha dimostrato la capacita' di attuare le riforme, quando si e' presentato il momento.

Spinto da Bloomberg TV a far sapere se una ristrutturazione del debito portoghese era ineluttabile a questo punto, Kraemer ha dato una risposta negativa, aggiungendo che "confrontato alla Grecia il debito non e' cosi' alto e il paese ha la capacita' di mettere in vigore le riforme nache perche' le istituzioni sono piu' solide rispetto ad Atene".

Portogallo, allarme comuni: rischio default

WSI
Roma - A rischio default i comuni e le piccole municipalità portoghesi. E' l'allarme che arriva da Fernando Ruas, presidente dell'associazione delle municipalità del Portogallo, che in un'intervista a Bloomberg parla dei 9 miliardi di euro di debiti che si abbattono sui comuni del paese.

A meno che il paese non fornirà aiuti nell'immediato, tali municipalità andranno in default. "Se fossero aziende parleremmo di insolvenza - ha detto Ruas - E potremmo trovarci ad assistere alla ristrutturazione dei debiti di alcuni di questi paesi, a meno che il governo non intervenga".

Per Ruas il problema principale è nel forte calo dei trasferimenti di fondi dal governo ai comuni; un calo inevitabile se si considera che, nel corso del 2011, il Portogallo diventò il terzo paese dell'Eurozona a richiedere aiuti esterni, dopo Grecia e Irlanda. E il primo ministro Pedro Passos Coelho sta adottando forti misure di austerity, tagliando le spese e aumentando le tasse, al fine di centrare gli obiettivi previsti nel piano di bailout da 78 miliardi di euro.

Il Portogallo sarà un altro paese che avrà difficoltà a soddisfare i criteri stabiliti con il patto sull'Unione Fiscale. Il Pil è calato per il quinto trimestre consecutivo nei tre mesi terminati a dicembre e il tasso di disoccupazione è balzato al 14%. Tale situazione potrebbe ostacolare gli sforzi del governo, teso a tagliare il deficit al 4,5% del Pil quest'anno, e a rispettare il limite del 3% nel 2013, come stabilito dall'Unione fiscale.

giovedì 22 marzo 2012

Borsa Milano travolta da Italia-Spagna, spread in forte rally a 316

Milano - Non è passata neanche una settimana da quando si inneggiava allo smorzarsi delle tensioni sui mercati dei titoli di stato europei, e da quando lo spread Btp-Bund a dieci anni arrivava a testare i minimi da agosto a quota 275 punti base (esattamente, tutto ciò avveniva venerdì scorso). Ma da ieri il sentiment sembra del tutto cambiato, con le paure sulla crisi dei debiti sovrani europei che si sono riaffacciate di nuovo con forza. A Piazza Affari, il Ftse Mib è arrivato a scivolare anche sotto la soglia dei 16.400 punti, per poi oscillare nel finale sopra tale livello e chiudere a -1,70%.

Non fanno molto meglio le altre piazze europee, Londra -0,78%, Francoforte -1,21%, Parigi -1,41%, l'indice di riferimento Eurostoxx 50 cede -1,38%. 

Stavolta i riflettori sono puntati soprattutto sulla Spagna, dopo l'avvertimento di Willem Buiter, analista di Citi, che ha detto che il paese non è stato mai così vicino al default. La dichiarazione ha avuto un effetto zavorra sui bond periferici dell'Unione europea e sia i rendimenti dei titoli spagnoli che quelli italiani sono schizzati verso l'alto. Ma le nubi si sono di nuovo addensate anche sull'Italia, colpita dalla nota di Moritz Kraemer, responsabile del debito sovrano dell'agenzia di rating Standard & Poor's. Kraemer, in particolare, ha affermato che il paese rimane il rischio maggiore dell'Eurozona.

Il differenziale tra rendimenti di BTP decennali e omologhi tedeschi continua a salire dopo aver superato la soglia dei 300 punti base nella giornata di ieri e inanella un nuovo record intraday a 322 punti. Nel finale, lo spread torna a 316,81 punti, comunque in rally +5,19%. Rendimenti BTP decennali anch'essi in forte crescita, +1,82 al 5,09%, dopo essere arrivati a un massimo intraday del 5,12%. Non smettono di puntare verso l'alto neanche i tassi sui bond spagnoli a 10 anni, sul filo del 5,50%, un livello che non hanno toccato dallo scorso gennaio. 

Il cds sul debito governativo spagnolo (credit default swap ) si allarga anch'esso fino a 429 punti base: è il record dagli inizi di gennaio. Spagna dunque nel mirino degli investitori che, oltre al debito, guardano a un'economia sempre più zoppicante, a un tasso di disoccupazione che continua a balzare: di fatto, il mercato sta perdendo progressivamente la fiducia sulla capacità del governo di riuscire a sanare i propri conti pubblici. 

L'indice europeo di riferimento Stoxx Europe 600 scende così per la quarta sessione consecutiva anche se la sua performance dagli inizi dell'anno rimane in rialzo, con +9,5%. 

Ma a pesare sull'azionario sono anche le preoccupazioni che riguardano l'intero scenario economico globale, in particolare la Cina. Non è infatti affatto confortante l'indice preliminare Pmi del paese, che misura la performance dell'attività manifatturiera del paese del Dragone, e che a marzo si è attestato a 48,1, i minimi dallo scorso novembre, e al di sotto della soglia a quota 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione e fase di espansione dell'attività economica. A peggiorare il sentiment è poi anche il dato sul Pmi in Eurozona, sceso a 48,7 punti, contro i 49,3 punti precedenti, confermandosi sotto quota 50, dunque in fase di contrazione. Gli analisti avevano previsto un dato migliore, pari a 49,8 punti.

L'impatto dei dati negativi, o meglio da recessione, è stato avvertito soprattutto dall'euro, che è arrivato a scivolare contro il dollaro toccando il minimo intraday a $1,3140. Al momento il rapporto euro/usd è piatto però a $1,3197 (-0,09%), mentre contro lo yen la moneta unica scivola -1,19% a JPY 108,83, dopo aver testato un minimo intraday a JPY 108,68. Rapporto dollaro/yen -1,1% a JPY 82,47. 

mercoledì 21 marzo 2012

"L'eurozona non dovrebbe esistere". La Grecia è da default

da: WSI Bangkok - Grecia e rischio default, probabilmente entro il 2014. Necessari cambiamenti anche negli Stati Uniti, ma al momento non c’è volontà politica. Per la Germania meglio aiutare i paesi deboli piuttosto che un ritorno al marco. E l’euro? Quelli attuali sembrano essere nel lungo termine i valori sostenibili. A dircelo è Thomas Kaegi, Head Advisory Products Singapore per UBS Wealth Management.

"Prima o poi la Grecia dovrà dichiarare il default. Probabilmente entro il 2014, forse già dal 2013", sostiene Kaegi, durante la "Swiss Night" organizzata da UBS per i facoltosi clienti tailandesi all’Amari Watergate di Bangkok. "E in questo processo potrebbe arrivare fino al punto di uscire dall’eurozona". Ragionando in termini economici, non sembrano esserci le basi giuste per un ritorno alla competitività.

"Allo stato attuale, l’eurozona non sarebbe mai dovuta esistere". Differenze eccessive tra i paesi membri. Si paragoni semplicemente Grecia e Germania. Adesso è il mercato a mettere in luce queste discrepanze e a far emergere la debolezza di base sulla quale si è fondata l’eurozona. Tutti problemi e temi che dovevano essere affrontati già nel processo di formazione dell’Unione.

"Si pensi alla storia degli Stati Uniti, dai singoli stati verso un mercato unico. Un processo che ha richiesto tanto tempo. L’Europa in confronto è un’Unione ancora giovane. È un percorso fatto di cambiamenti che non avvengono nell’immediato".

E intanto il problema del debito colpisce anche gli Usa. Il vantaggio è che loro hanno una struttura economica più flessibile al cambiamento, sostiene Kaegi. Cambiamento che comunque richiederà tempo. "Non c’è ancora volontà sufficiente dal fronte politico. Le due parti, divise 50/50 circa, con difficoltà si parlano sui temi che dovrebbero affrontare". Mancano ancora le basi per soluzioni concrete. "Le cose dovranno peggiorare, prima di migliorare".

Germania fuori dall’euro? "Il costo per pagare il conto dei paesi più deboli è nettamente inferiore rispetto a quello di un ritorno al marco". Il forte apprezzamento che registrerebbe la divisa tedesca rappresenterebbe un duro colpo per il sistema produttivo.

Il processo di repressione finanziaria dovrebbe accompagnarci ancora per parecchi anni. Ma,"tutto sommato l’Europa sembra pian piano muoversi nella giusta direzione, verso una maggiore integrazione". La crisi del debito è stata un evento importante che ha e che continua a portare verso i cambiamenti necessari, tra cui le riforme e l’omogeneizzazione del sistema pensionistico. I rischi più grandi che riguardano l’Unione nel 2012 sono i cambiamenti politici in corso e il rischio associato a possibili rialzi del prezzo del petrolio.

"Improbabile che l’euro continui a deprezzarsi contro il dollaro". Le stime di Kaegi nel medio periodo non vedono il cambio sotto i $1,25. Nel lungo termine i valori sostenibili sembrano essere quelli attuali, come confermato anche dalla convergenza con il valore PPP (parità di potere d’acquisto).

venerdì 16 marzo 2012

Italia: $3,4 miliardi a banca Usa per cancellare derivati

da WSI
New York - Quando in gennaio Morgan Stanley ha annunciato l'intenzione di ridurre la sua esposizione netta all'Italia, non ha spiegato ai mercati di averlo fatto perche' convinta da una somma ingente di denaro. 

Secondo quanto riferito a Bloomberg da una fonte vicina al Tesoro, l'Italia avrebbe versato 3,4 miliardi di dollari all'istituto di credito americano per chiudere i contratti.

L'Italia, il secondo paese piu' indebitato dell'Unione Europea, avrebbe sborsato la somma per dismettere derivati risalenti agli Anni 90 che si erano rivoltati contro la nazione. Roma ha perso $31 miliardi sui derivati. 

E' arrivato dunque un momento in cui era piu' conveniente a livello economico cancellare le operazioni piuttosto che rinnovarle, secondo quanto riferito dalla fonte, che ha chiesto di rimanere anonima.

L'operazione "sottobanco" e' destinata a scatenare una ridda di polemiche: la cifra equivale alla meta'dell'ammontare che l'Italia reperira' con le misure diincremento delle tasse quest'anno.

La decisione sottolinea quanto i contratti derivati rappresentino un rischio per i paesi in difficolta'. Sono strumenti finanziari che vengono usati per trasferire il rischio di credito di un asset da una controparte che compra protezione contro quella che la vende, in scambio di un contributo finanziario.

Ai prezzi attuali di mercato, l'Italia, afflitta da un fardello del debito pari a $2.500 miliardi, ha perso oltr $31 miliardi sui suoi derivati.

giovedì 15 marzo 2012

Oberati dai debiti. Nuovo record Italia

WSI:
Roma - Il debito pubblico italiano tocca un nuovo record a gennaio. Stando ai dati contenuti nel Supplemento al Bollettino Statistico "Finanza Pubblica, fabbisogno e debito" stilato da Bankitalia, il valore è balzato a1.935,829 miliardi di euro, in rialzo di 37,9 miliardi rispetto ai 1.897,946 miliardi registrati a dicembre 2011.

In una nota Bankitalia scrive che l'incremento del debito, "riflette principalmente l`accumulo delle disponibilità del Tesoro presso la Banca d'Italia (32,6 miliardi), che sono aumentate come avviene regolarmente in questo periodo dell`anno. A tale aumento si aggiunge il fabbisogno del mese (4,0 miliardi). Al riguardo, si ricorda che ciò che rileva, anche ai fini delle procedure europee, non è il valore assoluto, ma il peso del debito in rapporto al Pil".

Sempre a gennaio, riferisce Bankitalia, il fabbisogno si è attestato a 4,0 miliardi, più dei 1,5 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2011; ciò è attribuibile principalmente all`incremento della spesa per interessi e al pagamento della quota di competenza dell`Italia dei prestiti erogati dall`Efsf parzialmente controbilanciato dall`incremento delle entrate fiscali e dalla flessione della spesa primaria.

A dispetto del calo dello spread Italia-Germania, dunque, i numeri confermano il tallone d'Achille dell'economia italiana. Ma il debito sta divorando il mondo intero come dimostra un grafico pubblicato sul sito dell'Economist e allegato in pagina. Le aree colorate in rosso sono quelle in cui il debito è più alto; si vede chiaramente che il problema interessa l'Europa intera, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, l'Australia. 

L'Economist mette in evidenza come il debito sia in costante crescita, per ogni secondo di tempo che passa. Certo, "dopo tutto i governi globali sono indebitati verso i loro cittadini, non verso i Marziani" Ma il valore complessivo totale è comunque preoccupante, se si considera che "negli ultimi anni il debito è salito a un tasso più veloce di quello della crescita economica, (situazione) che implica una maggiore interferenza dello stato nell'economia e tasse più alte in futuro". 

Pressione fiscale reale ormai al 54,5%: record mondiale

Roma - "Se nel 2012 la pressione fiscale ufficiale è prevista al 45%, quella reale, sempre che sia confermato l’ulteriore aumento dell’Iva previsto per il prossimo autunno, dovrebbe toccare il 54,5%. Un record che, purtroppo, non ha eguali al mondo": la CGIA di Mestre e' giunta a questa conclusione tenendo conto dell'ulteriore aumento dell'Iva che pare nei programmi di governo.

Dopo le dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, sul carico fiscale record che peserà quest’anno sui contribuenti italiani, il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, ha voluto puntualizzare che, come riportato più sopra, una cosa è la pressione fiscale ufficiale e un’altra cosa è quella "reale".

La CGIA di Mestre, che da anni fa un monitoraggio molto puntuale sull’andamento della pressione fiscale "reale", è giunta a questo risultato ricordando che il nostro Pil nazionale, include anche la cifra imputabile all’economia sommersa prodotta dalle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, non pagano né tasse né contributi. Secondo l’Istat, l’economia in nero si aggirerebbe tra i 255 e i 275 mld di € l’anno. Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali/contributive ed il Pil prodotto in un anno, nel 2012 la pressione fiscale ufficiale dovrebbe attestarsi sul 45%.

Tuttavia, se si "storna" dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico che non produce nessun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si "contrae" il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto", si legge nel comunicato.

Di conseguenza la pressione fiscale "reale" che grava su coloro che pagano correttamente le tasse è molto superiore a quella ufficiale che viene calcolata dall’Istat che, è bene sottolinearlo, rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat.

Ebbene, se nel 2011 la pressione fiscale "reale" che pesa sui contribuenti italiani ha sfiorato una ipotesi massima del 52%, con gli effetti delle manovre estive di Berlusconi e gli interventi del Governo Monti, il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 farà impennare il carico fiscale sui contribuenti onesti sino ad una ipotesi massima del 54,5%.

mercoledì 14 marzo 2012

Borsa Milano in rialzo verso quota 17.000

wsi:

Milano - Le notizie arrivate dagli Stati Uniti, in particolare dalla Fed, sostengono i listini azionari europei. A Milano il Ftse Mib punta sui 17.000 punti. Tra i titoli si mettono subito in evidenza i rialzi dei titoli bancari, con MPS e Intesa SanPaolo che fanno +2%. Pirelli +1,4% dopo che la banca d'affari HSBC ha alzato il target price da 9 a 12 euro (al momento il titolo oscilla sopra quota 9 euro).

Attesa per l'asta italiana, con il Tesoro che collocherà titoli a tre anni per un valore tra 5 e 6,5 miliardi di euro. Gli investitori guardano con ottimismo agli stress test effettuati dalla Banca centrale americana, che hanno visto 15 banche americane superare l'esame, su un totale di 19 (Citigroup è stata comunque bocciata). 

Altra buona e per certi versi sorprendente notizia è la decisione di Fitch di rivedere al rialzo il rating sul debito sovrano della Grecia, affermando che il paese non è più in default. Detto questo, molte sono ancora le incognite. 

Sul mercato dei titoli di stato italiani, lo spread Btp-Bund continua a perdere terreno e fa -1,81% attestandosi a 302 punti base, a fronte di rendimenti dei BTP a 10 anni in lieve rialzo, +0,20%, al 4,90%. 

Sul fronte valutario l’euro in calo nei confronti del dollaro a $1,3046 (-0,22%), piatto sullo yen -0,01%, a JPY 108,09. Rapporto dollaro/yen in rialzo +0,40%, a JPY 83,22. 

Per terminare la panoramica sui mercati, riguardo alle commodities, i futures con scadenza ad aprile sono negativi con -0,28%, a quota $106,41 al barile, mentre le quotazioni dell'oro fanno -1,39%, a 1.670,70.

martedì 13 marzo 2012

Asta Italia: forte calo tasso Bot a tre mesi

Titoli collocati per un valore di 8,5 miliardi di euro. Ma l'esito dell'emissione è stato contrastato riguardo alla domanda degli investitori. Il rendimento dei titoli a 12 mesi è inoltre salito.

Roma - Il Tesoro italiano ha collocato titoli stato a tre mesi per un valore di €8,5 miliardi, a un tasso in calo in forte flessione allo 0,439% , contro il precedente 1,735%. In calo però la domanda degli investitori, con il rapporto bid-to-cover sceso a 2,23, rispetto al precedente 3,05. Emessi anche titoli di stato con scadenza a 12 mesi, per un valore di 3,5 miliardi di euro; in questo caso il tasso medio si è attestato al 2,392%, in rialzo rispetto al 2,230% dell'ultima asta. La domanda in questo caso si è invece rafforzata, con il rapporto bid to cover salito a 1,38 contro gli 1,09 precedenti. L'esito complessivo è contrastato, sia sul fronte del bid to cover, che riguardo all'andamento dei tassi. Lo spread Italia-Germania riduce le perdite rispetto al momento precedente la diffusione dei risultati dell'asta, cedendo -1,67% e attestandosi a 308,88 punti. Anche i rendimenti dei BTP a 10 anni riducono le perdite e al momento fanno -0,73% al 4,87%. Il tasso rimane decisamente superiore al decennale del Bund tedesco, al momento in crescita +0,68% all'1,76%. I rendimenti dei Treasury a 10 anni +0,26% al 2,038%. (in fase di scrittura)

giovedì 8 marzo 2012

Grecia, adesioni allo swap all'80% Borse positive e spread sotto 300


Il differenziale tra i Btp e i Bund
ai minimi da 6 mesi. Su le Borse

LUIGI GRASSIA
Piazza Affari ha chiuso ieri senza sapere come sarebbe finita con la Grecia ma scommettendo su un successo della conversione del debito. Così a fine giornata sia l’indice Ftse Mib sia l’All share hanno fatto +1,62% .

Comunque notizie dalla Grecia a mercato chiuso hanno giustificato a posteriori le aspettative del mercato visto che Atene ha annunciato che le adesioni allo swap hanno superato la soglia dell'80 %. A portare una ventata di ottimismo sul mercato italiano ha contribuito lo spread (differenziale di rendimento) fra i Btp decennali italiani e i Bund tedeschi che per la prima volta dallo scorso agosto è sceso sotto la soglia dei 300 punti. Anche la partenza positiva di Wall Street ha spinto Milano e le altre Borse europee a sperare.

Con questi presupposti è andato bene innanzitutto il comparto bancario, che si trascina dietro tutti gli altri, ma con la vistosa eccezione dell’Enel che proprio ieri ha presentato i conti e ha perso il 5,66% al livello di 2,866 euro.

mercoledì 7 marzo 2012

L'importanza della diversificazione - Monti investe 13 milioni sul gestito



La Grecia fa paura alle Borse europee, bruciati 188 miliardi


Tutte le piazze europee in rosso sulle incertezze del programma di ristrutturazione del debito proposto da Atene. Tornano a salire gli spread...
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Giornata nera per tutte le principali piazze europee, appesantite sui continui timori della situazione greca arrivata a un punto di svolta. Gli investitori privati detentori di bond ellenici hanno tempo fino alle 21 di giovedì per decidere se aderire o meno al programma di ristrutturazione del debito 'propostò da Atene. La Grecia - che ha forzato un pò la mano nelle ultime ore - spera di raggiungere una partecipazione del 75-80% all'operazione, ma rimangono dubbi sull'esito del processo, che per la prima volta potrebbe portare all'attivazione dei 'credit default swap'. Con conseguenze incerte per tutta l'area euro. Ma per garantire il taglio del debito che la Ue ha fissato a 107 miliardi di euro (dei 200 in mano ai privati e dei 350 complessivi) serve almeno il 66% ddelle adesioni da parte delle banche.

Ieri l'indice Stoxx600, nel quale sono contenuti i principali titoli del Vecchio continente, ha ceduto il 2,67%, che equivale a 188 miliardi di euro bruciati. Anche Piazza Affari, che non è sfuggita a questo trend, chiudendo la seduta con un calo di 3,19% dell'Ftse All share, ha perso da sola 12,6 miliardi. Londra lascia sul terreno l'1,86%, Francoforte il 3,40% e Parigi il 3,58%.

In forte ribasso i titolo del comparto bancario del Ftse Mib, appesantito dalle banche. Mps si guadagna la maglia nera con una flessione del 6,44% a 0,396 euro. Male anche Bper (-6,20%), Bpm (-5,92%), Mediobanca (-5,63%), Ubi Banca (-5,46%), Unicredit (-5,18%) e Intesa Sanpaolo (-4,93%). Male anche Fiat (-6,07% a 4,33 euro), nel primo giorno di apertura del salone dell'Auto di Ginevra. Fra gli energetici Eni cede l'1,26% e Tenaris il 3,05%, mentre fra le utility Enel arretra del 2,44%, A2A del 2,39% ed Enel Green Power, che chiude in flessione dell'1,66%. 

Anche il mercato obbligazionario dei titoli di Stato ha registrato una crescita delle tensioni: i rendimenti dei bond iberici a dieci anni sono cresciuti di 17 punti base, quelli italiani di 14. Lo spread Btp-Bund è risalito intorno a 330 punti base  con il rendimento al 5,07%.