mercoledì 13 giugno 2012

Il piano B di Bruxelles "Se la Grecia esce dall'euro bloccare tutti i bancomat"


L'Eurogruppo studia l'ipotesi peggiore

MARCO ZATTERIN
corrispondente da bruxelles
Non succede, ma se succede sono pronti. L’Ue è convinta del meglio, pensa che la Grecia non uscirà dall’Eurozona, eppure non può fare a meno di ragionare sul peggio.

Lo chiamano «worst case scenario», la prospettiva peggiore possibile, Atene che cambia leadership politica, rompe i patti e dice addio a Bruxelles.

E’ necessario stimare anche quella. Fra le misure allo studio anche la limitazione d’imperio del prelievi ai bancomat, la reimposizione dei controlli di frontiera e anche di una ritorno alla piena e stretta vigilanza sui movimento di capitale all’interno dell’Eurozona. Tutto per evitare contagio, panico e ulteriore crisi.

Il voto greco fa paura. Se la coalizione della sinistra radicale, Syriza, dovesse affermarsi alle elezioni di domenica, esiste una possibilità (remota) che il nuovo governo faccia saltare il tavolo. Alexis Tsipras, il capo del raggruppamento, l’ha minacciato con decisione sino a qualche settimana fa.

Ora la sua retorica s’è fatta più conciliante, però la richiesta di ammorbidimento delle misure imposte da Bruxelles in cambio del salvataggio miliardario appare sistematicamente nei suoi discorsi. Le fonti europee negano che si possa trattare sul rigore.

In realtà, gli osservatori ritengono che - dopo la tornata elettorale - uno sconto ellenico è scritto nelle stelle. Come l’anno in più concesso per il risanamento alla Spagna.

Ciò non toglie che si lavori al piano, o ai piani, B. Ne ha dato diffusamente notizia ieri l’agenzia Reuters sottolineando anche lei che nessuna delle fonti ritiene che la fatica avrà un senso pratico. Il lavoro avviene in seno al comitato di lavoro dell’Eurogruppo, compagine formata dalle seconde linee politiche dei ministeri delle Finanze e dai direttori degli stessi.

Le opzioni sono state discusse nel dettaglio, si apprende. Come ha detto il ministro dell’Economia belga, Steven Vanackere, «fa parte del compito dei governi quello di essere pronti per ogni evenienza».

Ecco lo schema. Se la Grecia dovesse uscire dall’Eurozona, la Bce si troverebbe immediatamente costretta a interrompere i finanziamenti sul mercato della liquidità. Nel giro di una notte il sistema bancario fallirebbe. Con lui, le imprese. La conseguenza più evidente sarebbe una corsa dei correntisti alle filiali per recuperare il proprio denaro.

E’ per questo che si è pensato di intervenire sulla liquidità disponibile agli sportelli automatici e alla circolazione dei capitali, cosa che potrebbe essere estesa anche alle persone, dunque con vincoli per i patti di Schengen. La traccia, in fondo, servirebbe a rendere impossibile un impazzimento dei denari e una diffusione rapida del malessere oltre il confine greco. Anche la Svizzera, lo scorso mese, ha detto di essere pronta a introdurre nuove misure di controllo sui capitali.

Le fonti sottolineano che si tratta di opzioni teoriche per le quali non è nemmeno chiaro se esista la base legale. L’Unione monetaria è un matrimonio che non prevede divorzio. Da questo deriva che se la Grecia, o un altro paese, pensassero di lasciare il club, la procedura andrebbe inventata.

«La banca centrale non è al corrente di questo nostro lavoro» - ha detto alla Reuters una fonte greca. L’Eurogruppo tecnico ne ha parlato una teleconferenza il 21 maggio, ma i contatti sono giornalieri. «Se non ci fossero - ha commentato una fonte europea - dovreste essere anche più preoccupati».

Nessun commento:

Posta un commento